lunedì 29 settembre 2014

CITTADINO NARDUCCI, ALLA SBARRA!





"Più volte si è dileggiato sull’investigazione in merito ai sorteggi, io incuriosito sono andato a vederli, andate a vedere il filmato. Il filmato parla chiaro, addirittura ricordo la difesa di Moggi che parla di falso per quanto riguarda servizio di Ocp: il filmato rappresenta esattamente quanto vergato nell’Ocp dal maresciallo Ziino, il filmato che ho visto io era senza audio. Non si palesa così come è voluto far credere questa assoluta distinzione: prima sorteggia Pairetto poi sorteggia Bergamo, c’è una sorta di confusione come descritta. Vi è il famoso colpo di tosse, vi è il colpo di tosse (...) Le palline si aprono, lo vedete, basta vederlo è agli atti del dibattimento: non si deve fare altro, si vede la pallina che si apre e si richiude. (...) Questa è la situazione e la potete vedere dai due filmati che avete in vostro possesso»".
GUARDATE QUEL VIDEO! Era l'esortazione, proferita a gran voce e con grande enfasi l'8 novembre 2011 nell'aula 216  dal pm Stefano Capuano, rimasto solo, dopo lo sbarco e l'approdo ad altri lidi prima di Beatrice poi del grande accusatore Narducci, a tenere a galla la zattera dell'Accusa al processo di Napoli su Calciopoli, tra i marosi di un dibattimento che ha abbattuto uno ad uno tutti i capisaldi di un indagine condotta non solo a senso unico, ma anche utilizzando molto di più la fantasia che l'analisi dei dati di fatto: esemplare a tal proposito la vicenda delle 'schede svizzere', intercettabilissime ma non intercettate (dopo un primo tentativo servito solo a dimostrare che non facevano gioco alle tesi preconfezionate dagli inquirenti) e poi ricostruite di sana pianta (interlocutori e contenuti) dalla fervida immaginazione di Di Laroni.

Eh sì... in tanti avrebbero voluto vederlo quel video: peccato che fosse sparito.
Se ne erano perse le tracce nel luglio 2009 quando i pm della Procura di Napoli avevano ritirato il video che avevano depositato nel fascicolo del dibattimento: c'era anche la ricevuta. Tutto regolare allora? Assolutamente no! Perché quel filmato rappresentava una prova che sarebbe dovuta rimanere a disposizione delle parti.
E invece cosa rimaneva? Rimaneva solo una sequenza di fermo immagine, con acclusa relazione di servizio, del maresciallo Ziino, che il 13 maggio 2005 si era recato a Coverciano per un servizio di osservazione ambientale, OCP (Operazione di Controllo e Pedinamento). E la confusione l'avevano fatta Ziino e anche Capuano, nel momento in cui menziona il colpo di tosse, che invece è il marchio di fabbrica di un altro sorteggio, quello immediatamente precedente, del 6 maggio 2005 (che portò Collina a dirigere Milan-Juve), come testimoniò Manfredi Martino. Ma il pasticcio grosso è quello di Ziino, che ordina i fotogrammi a suo piacimento: anzitutto lasciando intendere che prima il giornalista avesse estratto la partita e poi il designatore avesse estratto l'arbitro, e questo, in pura teoria, grazie alle farneticazioni sulle palline calde, fredde, ruvide, lisce, ammaccate, avrebbe potuto consentire di falsare il sorteggio; visto che invece le operazioni si sono svolte normalmente, prima il designatore e poi il giornalista, per taroccare i sorteggi sarebbe stata indispensabile la collaborazione dell'Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana), che settimanalmente inviava a tale scopo uno dei suoi;  anche il resto della faccenda presentava un montaggio oltremodo illogico, e l'avvocato Prioreschi, viste e riviste le foto, letta e riletta la relazione, aveva ben chiaro dove stava davvero il trucco. Non certo nel sorteggio, come peraltro aveva testimoniato in aula, il 1° ottobre 2010, il giornalista di turno quel 13 maggio, Riccardo Bianchi, della 'Provincia di Como', colui che Ziino in realtà aveva presentato come un "dipendente della Federazione", con "la divisa ufficiale della Figc": «Arrivai a Coverciano 15 minuti prima del sorteggio (...). Pairetto, come da procedura, ha estratto le pallina con le partite, mentre io ho estratto quelle coi nomi degli arbitri (...). Nessuno mi suggerì di muovere la mano a seconda di colpi di tosse, e certo Bergamo e Pairetto non mi indirizzarono in alcun modo: l’avessero fatto nei giorni precedenti avrei potuto fare lo scoop della vita e sarei diventato famoso. Il sorteggio fu regolarissimo».

"Ecco come truccavamo i sorteggi"  titolò a voce urlata la Gazzetta in relazione alla vicenda del colpo di tosse  E purtuttavia, il 21 febbraio 2012 (due settimane dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza di primo grado) quando "Il Giornale" e "Tuttosport" pubblicarono le loro pagine di denuncia sul giallo del video scomparso (era fugacemente apparso, parcellizzato, solo nella Fiction su Calciopoli messa in onda da La7 nel dicembre 2009) non abbiamo letto sulla rosea il titolo "ecco come truccavamo i processi". Ma che ci si poteva attendere? Il gazzettista Galdi era il consigliere di Di Laroni, che gli scriveva in cambio i ricorsi per le multe.
Ma ecco ricomparire il video-fantasma il 22 marzo 2012 sul sito del 'Corriere della sera', dove, comicamente, la voce di Amalia De Simone lo definisce una delle prove meno viste, della cui analisi non vi è traccia nella sentenza (di primo grado): e per forza! Si era volatilizzato nei meandri della Procura di Napoli: in realtà, il servizio del Corriere è utilizzato in quel contesto solo per far da megafono alle tesi contenute nell'Appello proposto da Capuano avverso la sentenza (anche se proprio il video stesso è la smentita più evidente dell'esistenza di qualsivoglia trucco); niente di cui stupirsi se pensiamo che il corrierista Fabio Monti ha testimoniato a Napoli come teste per l'accusa:  e il tragico è che l'hanno pure preso sul serio visto che le motivazioni del secondo grado ne fanno uno dei capisaldi della condanna (ne abbiamo parlato in "I quattro moschettieri di Calciopoli").

Ora la vicenda del video fantasma è approdata in tribunale.
Infatti proprio basandosi sul fatto che solo invertendo ad arte la sequenza degli eventi era possibile far balenare l'ipotesi che il sorteggio fosse truccato, le vittime del "grande imbroglio" di Calciopoli (a più riprese, Moggi e alcuni ex arbitri come Dondarini, De Santis e Bertini) avevano presentato esposti denuncia che mettevano sotto accusa l'inchiesta; che peraltro presentava, puntualmente evidenziati anch'essi tanti altri buchi neri, tra cui macroscopico quello riguardante la scelta mirata delle telefonate, fondata non sulla loro rilevanza ma sugli interlocutori che interessavano (infatti l'Inter ad Auricchio e Narducci non è mai interessata, se non per presenziare, col fido Piccioni e con l'illibato Moratti alla presentazione di qualche libro).

Ed ora i nodi stanno arrivando al pettine: ci ha impiegato qualche anno - i primi esposti risalgono sulle anomalie dell'inchiesta risalgono a fine 2011 - ma alla fine la Procura di Roma si è mossa e a marzo 2013 è stato aperto un fascicolo ad indagare Giuseppe Narducci per abuso d’ufficio e il maresciallo Sergio Ziino per falso ideologico.
Il 31 ottobre si terrà finalmente in cui si deciderà se mandare i due alla sbarra o archiviare il tutto, come da richiesta del pm.
Credo che sia  evidente come la decisione che verrà presa rappresenti una scelta di campo ben precisa: ora che la verità la conosciamo tutti, ora che sappiamo come realmente sono andate le cose, chi ha nascosto le telefonate, chi ha imboscato il video, chi davvero parlava con chi, chi chiedeva cosa, come si è arrivati a dover costruire il castello di carta delle schede svizzere allorché si è visto che intercettarle non portava a nulla, chi interessava e chi no, chi aveva le televisioni, chi aveva a disposizione gli apparati di intelligence Telecom-Pirelli e chi invece aveva "solo" la sua competenza gestionale, insabbiare il tutto sarebbe la prova provata che il "grande imbroglio" era e si vuole far rimanere scientemente voluto, A DISPETTO DI QUALSIASI EVIDENZA.
Sarebbe una decisione pericolosissima, che condurrebbe la giustizia fuori dal suo alveo naturale, per trasformarla nella legittimazione di una verità di comodo. Sarebbe la negazione del diritto e la ratifica del fatto che l'indagato non può contare sulle fondamenta offerte dai fatti provati, ma è in balìa delle costruzioni di fantasia degli inquirenti, liberi di fare il gioco delle tre carte con i dati di fatto, con filmati, telefonate, schede e intercettazioni che compaiono, scompaiono e poi riappaiono, così come le sensazioni di improbabili personaggi, vere caricature di se stessi, i colpi di tosse e tutte le altre frottole e carabattole che abbiamo visto sfilare sul palcoscenico di Napoli: era, nominalmente, un Tribunale della Repubblica, in teoria qualcosa di sacro; è parso degradato a teatrino di quart'ordine, minato al suo interno da liti, ripicche e veleni. Dove l'ultima cosa che pareva interessare era ristabilire uno straccio di verità

Processare chi si è reso responsabile di mancanze (ricordiamo peraltro come il dott. Narducci abbia anche commesso l'imperdonabile omissione di svolgere accertamenti su circostanze favorevoli all'indagato, come gli imponeva l'art. 358 del codice di procedura penale) sarebbe un primo passo per far uscire la giustizia dal bar dello sport dove si aggira, sempre meno ambita, la rosea gazzetta che nel 2006 armò le sue penne trasformandole in armi improprie in un'inopportuna osmosi con gli inquirenti, un do ut des dal quale la Giustizia uscì con le ossa rotte.
Un Paese (che si dice) civile non può avallare un simile modo di procedere: in Italia gli esempi di mala giustizia non mancano (il caso Tortora, toh, guarda caso, a menare le danze giù il nucleo operativo dei carabinieri di via In Selci e la Procura di Napoli, inquietante coincidenza) ed è arrivato il momento di darci un taglio. E di perseguire chi ha sbagliato. Ma chi ha sbagliato davvero.

Che poi a far giustizia di due (quattro, contando anche l'abbreviato) sentenze dalle motivazioni quantomeno grottesche sarà chiamata la Cassazione a far giustizia.


Carmen Vanetti

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