lunedì 27 ottobre 2014

L'IRRESISTIBILE CARRIERA DELL'ONESTO MORATTI




"A  Moratti va riconosciuto un grandissimo amore verso l'Inter, un grandissimo amore porta a fare delle follie e una follia fu quella di accettare uno scudetto che non ha vinto".

Così Andrea Agnelli all'Assemblea degli Azionisti.
Andrea Agnelli è persona perbene, lo sappiamo. Troppo perbene, lo sappiamo, per poter lottare con armi pari con i banditi di giraudiana memoria che popolano il pallone italiota; anche in salsa giakartona. E quanto ne è seguito lo dimostra a sufficienza.
O forse pensa di doversi attenere pubblicamente ad un certo stile, anche se Farsopoli dovrebbe avergli insegnato quale giungla sia sempre più diventato il nostro calcio, come peraltro lui stesso, nel tratteggiare i mali di quel mondo, ha mostrato di aver ben compreso.
O forse pensa al suo di amore per la Juventus, quello che lo ha portato a prendersi sulle spalle il fardello della Juve in uno dei momenti peggiori della sua gloriosa storia: un amore sincero, un amore pulito.

Ma esiste anche l'amore malato, quello che uccide; l'amore criminale, che rischia alla fine di distruggere persino l'oggetto stesso del suo amore.

E tale sembra essere il "grandissimo amore" esibito da Moratti, un amore che lo ha costretto a compiere follie sul piano economico finanziario, seguite però da 'crimini', nel senso di gravi abusi e irregolarità di vario genere che sono anche sfociati in reati all'attenzione della magistratura; d'altro canto la giustizia domestica, applicando il regolamento del circolo della caccia e trasformando il tempo da gentiluomo in malandrino, ha permesso alla seconda squadra di Milano di farla franca, anzi di autopremiarsi; ma il giudizio dei fatti la condannerà sempre di fronte alla storia.

Ricordiamo le pietre miliari di questo amore criminale.
E ci limitiamo alla gestione di Massimo Moratti, per non rivangare la storia dei caffè di Herrera, ben raccontata da Ferruccio Mazzola, e che risale ai tempi del padre Angelo.
Ma rimaniamo alla gestione dell'ultimo Moratti: passata, ad esempio, per Bilanciopoli, quella che dal 2005 al 2006 consentì alla seconda squadra meneghina di ridurre le ingentissime perdite, tra il 2003 e il 2006, tramite operazioni di lifting contabile (plusvalenze selvagge del 2003, incrociate con i cugini rossoneri, sulla pelle di numerosi giovanissimi calciatori sconosciuti e destinati a rimanere solo nomi nei bilanci anziché sull'album Panini; dal 2004 vendita del marchio a se stessi: scorporo del marchio e cessione dello stesso alla controllata Inter Brand s.r.l;); e, come ci ha raccontato il 'Corriere della Sera' del 17 gennaio 2007,  senza il 'doping amministrativo', l’Inter non sarebbe riuscita a rientrare nei parametri previsti e perciò non avrebbe potuto iscriversi al campionato di calcio della stagione 2004-05, conclusa al terzo posto; ecco dunque un vero possibile motivo dell'alterazione del campionato 2004-05, non però riconducibile a Calciopoli (lo afferma il Tribunale di Napoli) bensì all'iscrizione di una squadra allestita alterando i bilanci; e alterate sarebbero tutte le gare cui tale squadra ha partecipato. Ma, si sa, l'Inter non interessava.la rivela il pm di Roma, Silverio Piro, che conduce le indagini sulla vicenda:

E poi Passaportopoli: l'allora dirigente interista Oriali, su suggerimento di Franco Baldini, allora consulente della Roma in tema di ribaltoni, si mise in contatto con un misterioso faccendiere, tale Barend Krausz von Praag, che lo aiutò nell’ottenimento del documento che lo stesso Oriali sarebbe volato di persona a ritirare a Buenos Aires dove, grazie agli uffici di Krausz presso un’improbabile agenzia, avrebbe dato avvio alla pratica. Oriali negò tutto, compreso il fatto di aver versato per conto dell’Inter gli 80.000 dollari che Krausz in un precedente interrogatorio della Procura di Roma aveva detto di aver da lui ricevuto; la realtà era solo che quel documento era un'autentica patacca e la dirigenza nerazzurra era coinvolta sino al collo. “La regolarità delle partite è un bene assoluto, e su questo non si transige: la buona fede di società o singoli non conta, conta solo che alle gare abbiano partecipato giocatori che non ne avevano diritto" tuonò Andrea Manzella, presidente della Corte federale di una giustizia già addomesticata.  L’Inter dunque, in punta di  regolamento, avrebbe dovuto avere partita persa a tavolino e venir sanzionata con un punto di penalizzazione per ogni gara in cui aveva schierato Recoba come comunitario; totalizzando così una montagna di di 56 punti di penalità, che avrebbe portato alla retrocessione (superlegittima, questa sì) della seconda squadra di Milano, sia che il provvedimento fosse stato applicato al campionato precedente 1999/2000, nel quale aveva racimolato 58 punti sia che fosse toccato a quello  in corso  2000/2001, chiuso poi a quota 51, il che avrebbe determinato in entrambi i casi la retrocessione (addirittura finendo grottescamente sotto zero nella seconda ipotesi).

Arriva poi la storiaccia dei pedinamenti, prodromica a Farsopoli: prende le mosse a fine 2002, l'anno in cui lo scudetto perso dai nerazzurri SUL CAMPO della Lazio fece capire a Moratti che con mezzi leciti mai e mai sarebbe riuscito ad arrivare al titolo (come avrebbe potuto con i Gresko, Sérgio Conceição, Dalmat, Emre, Kallon, Sorondo, Guglielminpietro?); l'operazione prese il nome di Dossier Ladroni e venne affidata alle  mani amiche della Security Pirelli che ne incaricò Giuliano Tavaroli (che era a capo della stessa). Come lo stesso Tavaroli ha testimoniato in Tribunale sotto giuramento,  la convocazione gli giunse dalla segreteria del Presidente Tronchetti Provera e il tutto venne definito "in un incontro a tre con Massimo Moratti e Giacinto Facchetti" nella sede della Saras. L'input arrivava da Moratti ma i dettagli organizzativi furono discussi con Facchetti ("L'affare Nucini e tutto quello che è venuto dopo li ha seguiti Giacinto", ha dichiarato lo stesso Moratti), perché lo scopo era di confermare le chiacchiere di Nucini, arbitro in attività, in relazione "a possibili frodi sportive". E così finiscono vittime di intercettazioni illegali e di pedinamenti, oltre a un calciatore (Christian Vieri, del quale si volevano invece controllare frequentazioni e stile di vita), l'allora arbitro De Santis, Moggi, la Juve, la Gea World, la Figc; su Moggi, ebbe a dire Tavaroli, "non svolsi le indagini io personalmente, ma credo che fu il dottor Bove" a fare  "l’analisi del traffico telefonico"; non potremo più chiederglielo perché Bove, nel 2006, guarda caso, è volato giù da un cavalcavia a Napoli (un suicidio cui i familiari non hanno mai creduto).
Questi sono reati (Vieri ha già chiesto e ottenuto dal giudice civile di Milano un risarcimento di un milione di euro).

Ma la storiaccia, già orribile, non finisce qui: perché il computer di Tavaroli indovinate un po' dove finisce? In via In Selci, nella tana di Auricchio.
E qua iniziano gli scempi farsopolari: l'Inter non interessava, come venne detto proprio in via In Selci all'assistente Coppola che aveva qualcosa da dire al riguardo; delle 171.000  telefonate ne vennero trascelte solo 3000, alla faccia dei baffi gialli e rossi che ne indicavano la rilevanza; perché si badò solo a correr dietro ai misfatti di Moggi, come disse la Casoria; e così Narducci poté, tronfio, proclamare: "Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti". C'erano, eccome se c'erano, non solo con la guest star Moratti, ma anche con Giacinto Facchetti, dal 2004 al 2006 presidente dell'Inter: riguardavano le sollecitazioni a qualche arbitro di smuovere lo score delle vittorie, la richiesta di vedersi designato il miglior arbitro di pallanuoto italiano, la promessa di regalini... Ma c'era anche di più: dal 2002 Facchetti aveva incontrato più volte un arbitro in attività, l'ambiguo Nucini, allettato anche dalla promessa di un posto di lavoro in banca grazie ai buoni uffici di Ernesto Paolillo, a.d. nerazzurro; e il tutto era sfociato poi in un colloquio dello stesso Nucini con la dott. Boccassini che ha rinchiuso il segreto di quella conversazione in un fascicolo mod. 45, che la Boccassini stessa mantiene impermeabile per le difese che, capitanate dall'avv. Gallinelli, legale di De Santis, sono convinte che esso possa contenere notizie atte a chiudere il cerchio rispetto a quanto emerso nel processo Telecom.

A degno coronamento di tutto ciò, il cerchio delle nefandezze si chiude nel circolo della caccia, quando tal Guido Rossi, ex CdA Inter, venne assurto a commissario straordinario della Figc perché si sporcasse lui le mani assegnando al club del suo cuore,  alla chetichella senza comunicato alcuno, lo scudetto 2006, divenuto da allora in poi, secondo la definizione di Mughini, lo scudetto di merda e cartone. E quanto questa definizione risponda alla realtà lo dimostra il documento redatto da Palazzi e pubblicato in data 4 luglio 2011, dopo una lunga attesa propedeutica ad attendere il sopraggiungere dei termini di prescrizione; ovvio, qualsiasi presidente leale avrebbe rinunciato a tale prescrizione, sottoponendosi allo stesso giudizio degli altri club coinvolti; non lo fece e porterà per sempre con sé l'ignominia legata a questa vile scelta; quello che poi è venuto dopo per l'Inter, Triplete incluso, è macchiato indelebilmente e perpetuamente da questo gravissimo peccato originale; infatti, deve essere ben chiaro che l'Inter, a differenza della Juve per punire la quale fu creato ad hoc l'illecito strutturato, è stata accusata di illecito sportivo ex art. 6 (e non poteva essere diversamente visti i provati rapporti diretti con arbitri in attività), che avrebbe comportato la retrocessione sicura e la restituzione di tutto quanto il maltolto.

L'elenco delle malefatte è lungo, ma questo amore folle  e volto al male ha finito per ritorcersi contro l'oggetto  stesso della passione: perché a tanta voglia di emergere non si accompagnava in Moratti altrettanta competenza calcistica e gestionali; e quindi il bilancio dell'Inter, nonostante tutti gli artifici contabili borderline e anche oltre messi in opera, ha sempre grondato lacrime e sangue, finché la situazione si è fatta non più sostenibile; e allora il prode Moratti ha abbandonato la nave in balia dei marosi nelle mani di un indonesiano; ma Giakarta non è poi così lontana da Milano, se è vero una società nella quale la famiglia Thohir ha degli interessi ha, in Indonesia, una Joint Venture con la Pirelli di Tronchetti Provera: eccolo rispuntare dai meandri di Calciopoli, a chiudere il cerchio che si era aperto con l'opera di intelligence. E Thohir qualcuno alle spalle ce l'ha, altrimenti non spiega la sparata velenosamente insolente comparsa sul sito nerazzurro in risposta alle misurate parole di Agnelli: parlare di reputazione retrocessa da parte di un club  conigliescamente è sfuggito al giudizio (e alle conseguenze) e che, nonostante ciò, si trova finanziariamente sull'orlo del baratro è qualcosa di orripilante per qualsiasi coscienza sana. Ma dall'Inter di morattiana memoria, con tutta la sua corte dei miracoli, abbiamo sperimentato che ci si può aspettare di tutto.

Ma, tornando a Moratti, le sue dimissioni anche  da presidente onorario e il suo voler tagliare qualsiasi legame con la 'sua' Inter fanno sorgere più di qualche riflessione in merito alla tempistica.
Non credo bastino a spiegarle i buchi sempre più profondi che la nuova dirigenza va scoprendo nel bilancio groviera del club.
C'è altro: per esempio l'avvicinarsi di diverse scadenze giudiziarie in relazione a Calciopoli e strascichi vari.

Il 31 ottobre si deciderà se archiviare o meno il procedimento a carico di Giuseppe Narducci per la questione del video poco misteriosamente scomparso (ce ne siamo occupati nell'articolo "Cittadino Narducci, alla sbarra!").

Il 5 novembre si terrà a Milano la terza udienza che vede Luciano Moggi rispondere alla querela di Gianfelice Facchetti (abbiamo raccontato la vicenda nell'articolo "Era la verità: ed ora Moggi potrà provarlo!"): la cosa interessante è che, a  difesa e supporto delle sue affermazioni ("quello che emerge dal processo di Napoli e che emergerà ancora, le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta a un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari, e l'arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue, le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti e le intercettazioni illegali, anche i passaporti falsi") Moggi potrà produrre le intercettazioni e il documento di Palazzi, nonché eventualmente come testi gli interlocutori dei dirigenti nerazzurri. Sarà un piccolo bigino di Calciopoli.

Il volume intero del Grande Imbroglio si aprirà invece il 22 gennaio, quando toccherà alla Cassazione mettere la parola fine alla vicenda processuale di Moggi e Giraudo.
Dopodiché la Juventus, che ha già in itinere una serie di ricorsi indirizzati a Tnas, Tar, Prefettura di Roma e Corte dei Conti volti a mettere la Figc davanti alle sue responsabilità, stimate in circa 443 milioni di euro (non a caso si dice che Tavecchio nei giorni scorsi abbia cercato di barattare il ritiro di queste azioni legali con un'amichevole della Nazionale allo Juventus Stadium), una volta valutati gli spiragli che dovessero aprirsi, darà il via a nuove iniziative legali; al di là delle questioni economiche ci sarà da pensare infatti anche agli interessi sportivi, con la richiesta di revisione del processo sportivo ex art. 39 CGS; perché i due scudetti rubati devono tornare a casa.

Così Andrea Agnelli nel corso dell'Assemblea degli Azionisti del 24 ottobre:
"Le nostre posizioni non sono cambiate. E le iniziative vanno avanti. Non posso ripetere ogni volta che ci vuole pazienza. Stiamo aspettando che l’iter della giustizia ordinaria consolidi definitivamente quella che viene definita 'realtà processuale'. La Cassazione è stata fissata a gennaio e allora avremo un quadro completo. A quel punto prenderemo in considerazione tutti gli impiantamenti e carteggi, agendo nella tutela degli interessi della società. Sia civili che economici".


FINO ALLA FINE!!!!!!


Carmen Vanetti

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