sabato 7 giugno 2014

NOI CE NE ANDIAMO MA VEDRETE I BANDITI CHE VERRANNO DOPO DI NOI





Riprendo la famosa, e profetica, frase di Antonio Giraudo, per dare il titolo a questo articolo, la riprendo perché mai come in questo momento il calcio italiano è allo sbando, è allo sbando come risultati sportivi, è allo sbando (ma questo ormai è da decadi) a livello manageriale, ma soprattutto è allo sbando a livello di idee.

Che piaccia o meno, il calcio italiano ha esalato il suo ultimo respiro la notte del 9 Luglio 2006 “sotto il cielo di Berlino”, l’ho scritto molte volte e non smetterò mai di ripeterlo perché solo chi è cieco e sordo non lo vuole capire; o forse non lo si vuole capire perché non conviene a quei “banditi” cui si riferiva Antonio Giraudo.

Il 3 Giugno, in occasione della presentazione del libro di Luciano Moggi alla Mondadori di Milano, Piero Ostellino ha fatto un intervento ricco di spunti di riflessione, che vanno oltre la vergognosa vicenda di Farsopoli, su quello che c’è alla base del degrado, non solo calcistico, dell’Italia di oggi. Ostellino si è soffermato ad analizzare quello che è il giornalismo italiano di oggi, un giornalismo fatto da quanti, usando le parole di Ostellino, “scrivono gli articoli copiando le veline delle Procure”.
Lo sfacelo del calcio italiano, e mi limito solo al calcio perché tutto ciò si potrebbe applicare anche alla società e alla politica italiana, è iniziato appunto dalla connivenza tra il potere sportivo e finanziario, una magistratura e una polizia compiacenti e alla ricerca di mettersi in mostra e i media, tre poteri forti che, se messi in mano di personaggi ambiziosi e fondamentalmente poco capaci, hanno partorito un mostro, che come tutti i mostri, ha azzannato anche chi lo ha creato.

Ma andiamo con ordine, iniziamo dai personaggi di potere che hanno ideato e voluto Farsopoli, personaggi che, come li ha magnificamente definiti Ostellino, non sono altro che dei burocrati che si sono trovati di punto in bianco a gestire un’eredità pesante, pesantissima, quella di Gianni e Umberto Agnelli. Essendo questi personaggi dei “burocrati” è logico che non abbiano la visione e le capacità di un manager e quindi di conseguenza si sono comportati. Il burocrate per definizione è una figura che racchiude in se tutto lo squallore e la meschinità di chi vorrebbe ma non può; il burocrate non ha il coraggio di affrontare le situazioni in prima persona e quindi si nasconde nel “branco”. Nel 2006 questi “burocrati” che avrebbero dovuto traghettare la successione del più importante Gruppo Finanziario ed industriale Italiano, invece di pensare ed agire interpretando i desideri di Gianni e Umberto Agnelli, non hanno trovato di meglio che accanirsi su quello che, secondo loro, era l’anello debole del patrimonio di famiglia, la Juventus. A capo di quella Juventus c’erano due managers che tutto sono tranne che dei burocrati, due managers capaci e preparati, ancora oggi i migliori, Antonio Giraudo e Luciano Moggi; i “burocrati”, di cui sopra, nel loro miglior stile e nella miglior tradizione, non avevano certo le capacità, ma soprattutto il coraggio, di affrontare ed analizzare a viso aperto con Moggi e Giraudo la situazione, un confronto tra uomini che sicuramente avrebbe evitato tutta questa vomitevole faccenda che è stata Farsopoli. I “burocrati” viaggiano in branco ed infatti non hanno faticato a coagulare intorno al loro progetto altri personaggi della loro caratura, i Tronchetti Provera, i Moratti, tanto per fare solo due nomi di personaggi con scarse capacità manageriali ma sempre pronti a partecipare a complotti e a muoversi tra inciuci, prescrizioni e comportamenti che molto spesso hanno travalicato le regole.

La giustizia italiana è fatta di eroi che combattono in prima linea le mafie e che sono impegnati giornalmente a portare alla luce la corruzione in ogni dove si annidi, lavorando nell’ombra e a volte mettendo a repentaglio le loro vite o le loro carriere per servire la Giustizia. Però, purtroppo, nel sistema giudiziario italiano ci sono anche giudici e poliziotti che amano essere protagonisti, amano mettere in piedi processi ed indagini che abbiano un alto impatto mediatico, poco importa se poi per dedicarsi a casi da Bar dello Sport, con tutto il rispetto per i bar dello Sport, si spenda del denaro pubblico o si tolgano delle risorse a indagini più importanti; l’importante è l’apparire, il diventare famosi grazie a indagini e processi che coinvolgano il “potente” di turno, poco importa se le indagini vengono svolte a senso unico e se non vengono tutelati i diritti degli accusati, poco importa se ci si scaglia contro colleghi magistrati che desiderano giudicare in base ai dettami della Giustizia, l’importante è condannare il potente di turno. Nel caso di Farsopoli il potente da trasformare in mostro è stato Luciano Moggi. Ma anche qui, come nel caso dei burocrati di Famiglia, questi "uomini di legge” non hanno tenuto conto di chi avevano, ed hanno, di fronte: Luciano Moggi, forte della sua onestà e della sua innocenza, forte della forza che hanno solo le persone che conoscono i propri errori; e così questi giudici ed inquirenti malati di protagonismo sono stati smascherati e le loro omissioni sono venute alla luce, grazie al desiderio di Giustizia che ha mosso Luciano Moggi.

Infine ci sono i media, una categoria che ha in mano un potere ed una forza incomparabili al giorno d’oggi, quei media che nel 2006 si sono lanciati come sciacalli su Antonio Giraudo e Luciano Moggi, calpestando ogni deontologia professionale, quei media che hanno contribuito al progetto di “burocrati" e giudici a costruire quell’odioso “sentimento popolare” che ha giustificato le condanne e l’ostracismo nei confronti di Moggi e Giraudo, quei media che, sbugiardati dalla sete di giustizia di Luciano Moggi, ancora oggi non perdono l’occasione di sfogare le loro frustrazioni attaccando il Direttore ma non hanno il coraggio di affrontarlo pubblicamente, questi media che sono responsabili di questo degrado cui assistiamo ogni giorno sono gli stessi che hanno bisogno del “mostro” Moggi per sopravvivere.
Ecco le componenti che, secondo me, hanno sancito la fine del movimento calcistico italiano, i personaggi come Abete o Beretta sono solo la conseguenza di tutto questo sfacelo, sparare su Abete o Beretta è come sparare sulla Croce Rossa, incompetenti che sono l’espressione della mancanza di competenza generale e generalizzata nella società italiana di questi tempi.

Oggi, alla vigilia del Mondiale Brasiliano, quelle persone che hanno accusato, vilipeso, offeso e voltato le spalle a Luciano Moggi e Antonio Giraudo, dovrebbero ricordare che l’ultima volta che hanno avuto l’occasione di salire sul carro dei vincitori lo devono appunto a Moggi e Giraudo, il 9 Luglio del 2006. Oggi, grazie alla loro incapacità, alla loro incompetenza e alla loro sete di potere non avranno più, per molto tempo, l’opportunità di salire su quel carro.

Tra una settimana scenderà in campo la squadra della FIGC che non ha nulla a che vedere con la Nazionale Italiana: le prospettive di ben figurare, per questa squadra, sono oggettivamente minime  perché è la squadra che è espressione di incapacità e incompetenza.
I banditi hanno preso il potere ma gli onesti e i professionisti hanno la stima delle persone che sanno usare il proprio cervello.

Grazie Luciano per la lezione che continui ad impartire sia a chi di apprezza sia a chi non lo fa, grazie per essere la persona onesta che sei in questa Italia alla deriva.

Massimo Sottosanti

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