martedì 10 giugno 2014

MARACANAZO




Il Maracanazo è il nome che è stato dato alla sconfitta subita dalla Nazionale Brasiliana il 16 Luglio 1950, ad opera dell’Uruguay che grazie alla vittoria sui padroni di casa si laureò Campione del Mondo; quello del '50 fu l’unico Mondiale organizzato dal Brasile prima di quello che inizierà tra due giorni. Il Maracanazo non fu solo una sconfitta, fu una catastrofe nazionale: basti pensare che dopo quella sconfitta il Brasile proclamò ben tre giorni di lutto nazionale. Ma si era nel 1950 e il Mondo è cambiato in maniera tanto rapida e radicale che sembra siano passati due secoli e non solo sessantaquattro anni.

Il Maracanazo per il Brasile di Dilma Rousseff, che nel 1950 aveva due anni, è già in corso: infatti il Brasile di oggi è una nazione completamente diversa da quella gettata nello sconforto per la sconfitta contro l’Uruguay, in primo luogo il Brasile di Dilma non vuole, non ha mai voluto, questo Mondiale principalmente perché lo vede non come un’opportunità di crescita ma come un'occasione perduta perché i soldi spesi i Brasiliani li volevano vedere investiti in opere più urgenti e, diciamolo pure, più utili che gli stadi che dal 13 Luglio in avanti saranno delle cattedrali nel deserto.

Già l’anno scorso in occasione della Confederation Cup i Brasiliani sono scesi nelle piazze a protestare contro il governo della Rousseff e contro il “saccheggio” della FIFA: un Mondiale che si apre all’insegna di stadi terminati all’ultimo minuto e di morti bianche causate dalla fretta di recuperare ritardi accumulati negli anni, un Mondiale che a due giorni dal suo inizio vede la capitale economica del Paese, Sao Paulo, paralizzata dallo sciopero dei lavoratori della metro. Un Mondiale che ancor più delle ultime edizioni sarà il Mondiale dei media più che delle gesta sportive, un Mondiale che si svolge nel Paese dove il Calcio si è trasformato da ragione di vita in semplice passione.

Ma perché i Brasiliani non vogliono questo Mondiale? L’abbiamo già detto prima, il Brasile ne esce, come tutti i Paesi che hanno ospitato gli ultimi Mondiali, ne sappiamo qualche cosa anche noi con Italia 90,  con un debito pubblico che aumenta in maniera incredibile, se è vero che chi ospita un Mondiale ha l’opportunità di mettersi in mostra in una vetrina planetaria è altrettanto vero che la spesa pubblica per la costruzione o ristrutturazione degli Stadi non è coperta dalle entrate; il turismo che muove un Mondiale è importante ma i costi degli hotel, dei voli e dei biglietti d’ingresso alle partite sono tanto elevati che scoraggiano il turismo di massa per favorire il turismo presenzialista delle classi medio alte; se poi si considera la copertura mediatica dell’evento ci si rende conto che il numero di persone che andranno in Brasile nelle prossime quattro settimane sarà sicuramente inferiore a quelle che erano presenti al Mondiale tedesco del 2006.

Ma allora chi ci guadagna? L’unica a guadagnare sarà la FIFA che organizza l’evento praticamente a costo zero: infatti forse non tutti sanno che la FIFA è esentata da pagare le tasse al Paese ospitante e che gli incassi, al netto dei servizi, entrano direttamente nelle casse FIFA esentasse. Anche il diritto di sfruttamento dell’evento da parte dei media è appannaggio della FIFA, ecco uno dei motivi per cui la copertura mediatica sarà tanto capillare a tecnologica come non mai. I media, di cui solo una minoranza sono Brasiliani,  condividono con la FIFA l’interesse che l’evento abbia più risonanza mediatica piuttosto che far muovere un turismo di massa verso il Brasile, o un'altra nazione che organizzerà il Mondiale. L’esempio di come ormai i Mondiali siano un business per la FIFA e per pochi altri lo stiamo vedendo in questi giorni con lo scandalo dei Mondiali del 2022 assegnati al Qatar, uno scandalo che dimostra ancora un volta in più di come la FIFA di Sepp Blatter si sia ormai trasformata, da organismo sportivo che era, in un organismo politico a livello planetario. Non che la UEFA di Michel Platini sia migliore e questo non lascia assolutamente ben sperare per il futuro.
Giovedì in occasione dell’apertura del Mondiale nello stadio Maracana  di Rio, lo stesso del Maracanazo guarda caso, Dilma Rouseff non farà nessun discorso ufficiale, il timore della contestazione popolare lo sconsiglia: infatti in occasione di una delle ultime amichevoli premondiali giocate al Maracana, amichevole che non vedeva impegnata la Seleçao, lo stadio gremito ha scandito lo slogan “el pueblo unido jamàs sera vencido”, incidente mascherato mediaticamente.

Comunque vada per questi Mondiali il Maracanazo è già iniziato, è iniziato per Dilma Rousseff che deve fare i conti con la popolazione brasiliana che rimprovera al Governo di aver investito una quantità esagerata di denaro negli Stadi invece che investirli in sanità, educazione e altre necessità del suo popolo, è iniziato per Sepp Blatter che, al di là dello scandalo Qatar 2022, sia quale che sia il risultato di questo Mondiale non potrà mai fugare il sospetto, nel caso in cui il Mondiale sarà vinto dal Brasile, al di là dei meriti sportivi della Seleçao, sarà difficile credere che, come i Mondiali Argentini del 1978, questa vittoria non sia frutto di una combine politica per aiutare la Rousseff ad essere riconfermata Presidente, così come, se il vincitore sarà una nazione diversa dal Brasile, sarà difficile fugare il dubbio che non sia un modo per presentare il “conto” ai Brasiliani che non hanno voluto il Mondiale.

Che il Calcio ormai sia business, politica, finanza e quant’altro non ci stupisce più di tanto, la FIFA ormai ha perso da un pezzo la sua credibilità, e la UEFA è sulla stessa strada; però dal Brasile stanno arrivando dei segnali importanti, la gente è disincantata e non è più disposta ad accettare certe scelte.

Il Maracanazo del 1950 fu frutto di una sfida sportiva leale giocata sul campo e, come tutte le sfide sportive vere, ha gettato nello sconforto gli sconfitti e ha fatto esplodere la gioia e l’orgoglio dei vincitori, il Maracanazo del 2014 è senza vincitori né vinti è semplicemente il segnale che il Calcio deve cambiare, che il Calcio ha bisogno di essere rifondato per evitare che la malattia di cui soffre si aggravi ulteriormente e possa portarlo alla morte come sport per farlo risorgere come una specie di Circo Barnum al quale non crede più nessuno.


Massimo Sottosanti

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