domenica 15 giugno 2014

PER NON DIMENTICARE L'ESTATE DEL 2006



Siamo in pieno clima Mundial, gioca la Nazionale: ma le partite degli Azzurri ormai non riescono più a suscitare sensazioni forti nei tifosi bianconeri. Dopo il 2006. Quel 2006 in cui la Juve, come ora, aveva vinto uno scudetto da dominatrice fornendo poi l'ossatura alla squadra azzurra, oltre a impreziosire il torneo con tanti altri giocatori di primo livello del torneo.
C'è un periodo impresso a caratteri indelebili nella nostra mente: un periodo racchiuso tra due parentesi con la faccia della festa, ma solo la faccia.

Parentesi aperta: sul neutro di Bari il 14 maggio i giocatori della Juve festeggiano la conquista del 29° scudetto; i coriandoli che cadono sul gruppo festante che alza la coppa diventano d'un colpo le nostre lacrime. Già, perché da giorni i media, capeggiati dalla rosea che si era assunta il compito di orientare l'opinione pubblica, aveva già sparso fango a volontà sulla Juve e sulla Triade e anche pronunciato verdetti.
Sebastiano Vernazza, sì, proprio lui, lo stesso che  giorni fa è scivolato sulla buccia di banana di Immobile (e che non ci risulta abbia accettato l'invito rivoltogli pubblicamente da Moggi a confrontarsi con lui), ci aveva deliziato con la sua Moggi story (se non ha il coraggio per un confronto diretto, si legga almeno l'ultimo libro di Luciano "Il pallone lo porto io"). E sempre dalla rosea Paolo Forcolin aveva già 'pensionato' il Direttore (" Se ne potrà tornare a Napoli, alla bella casa sulla collina, andare a mangiare da Ciro a Mergellina o da Rosiello, farsi scarrozzare da Armandino"). E Maurizio Galdi ci aveva già dis-informato su "un 2004-2005 che i magistrati definiscono «falsato»": e due sentenze ci hanno ora spiegato che non è così, il campionato FU REGOLARE.
G.B. Olivero ci aveva anche informato sulla rabbia e sullo sdegno del Milan, e di Galliani in particolare, per esser stati chiamati in causa: "il Milan è pulito", era il messaggio; e Meani? "Era un personaggio discreto che nel corso degli anni ha capito che qualcosa non funzionava nel sistema e ha cercato di non restare spiazzato dalle 'moggiate' pur senza arrivare a mosse eccessivamente spregiudicate"; poi abbiamo scoperto chi fosse, come dirigesse l'orchestra degli sbandieratori del weekend e ospitasse un arbitro nel suo ristorante in giorno di chiusura.
E proprio quella mattina, quella del 14 maggio, Franco Arturi ci aveva parlato dello "scandalo che mette allo scoperto il sistema Moggi con tutti i suoi squallidi addentellati" promettendo una Seconda Repubblica del calcio: la stiamo vivendo, in tutto il suo deprimente squallore, con i suoi presidenti pluri-indagati, con gli armadi che, in troppi club, in Lega e in Figc, non bisogna aprire per non far volar fuori una serie di scheletri puzzolenti.

La parentesi si era chiusa con un'altra festa, quella del cielo azzurro sopra Berlino quando, dopo la vittoria mondiale, saltarono tutti sul carro dei vincitori.
Ma senza dimenticare ulteriori anatemi nei confronti di chi quella squadra l'aveva costruita: "Nel vivere sbagliato della Juve, che abbiamo battezzato «moggismo», non c'era soffio di poesia da povertà: c'era benessere, tradizione, ricchezza. E poi arroganza, voglia di prevaricazione, culto del potere, gusto sadico di manovrare uomini e cose e di mettersi la legge e la lealtà sotto i piedi. Ecco perché la cupola di Berlino, con quella galleria di campioni, diventa un'aggravante. La Juve aveva mezzi per vivere e vincere correttamente. Perché si è immessa nelle lugubri scorciatoie?" scriveva Cannavò.
E poi, dopo il trionfo, tutti attorno a quei ragazzi che prima erano stati messi nel tritacarne (Cannavaro, Buffon, lo stesso Lippi); ed era arrivato il monito di Enzo Bearzot: "Lasciateli da soli come li avete lasciati da soli nei momenti di difficoltà. Non è bello salire sul carro dei vincitori, che nessuno ci provi". E i grossi papaveri, ministri, burocrati, poltronisti e politicanti vari, a menar vanto di un'Italia vincente; vincente grazie alla gente di quella Juve additata da settimane al pubblico ludibrio (giocatori, Lippi che dalla Juve era arrivato, e lo stesso Moggi, che quel gruppo di calciatori aveva costruito e che era pur stato invitato due anni prima ad entrare nello staff della Nazionale, ma aveva declinato l'invito); mai mi stancherò di ripetere quanto fosse valido, anche in questo caso, l'assunto di Pippo Fava: "Ho visto molti funerali di Stato, e molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità".

Racchiusi tra queste due parentesi, i giorni che stiamo vivendo, meglio: i giorni del 2006 che stiamo rivivendo; che non dimenticheremo mai, nemmeno quando saremo riusciti a ottenere giustizia, perché le cicatrici dentro di noi sono troppo profonde. E perché dimenticare potrebbe significare prestare nuovamente il destro agli invidiosi con manie di ribaltone.
Ne abbiamo lette di cotte e di crude in quei giorni.
In alcuni casi bastano i titoli (della Gazzetta), che poi erano lo specchietto per le allodole (che poi l'articolo era già altro, per non dire poi della verità emersa dopo, che era esattamente l'opposto):
"La confessione a Borrelli: sì, i sorteggi erano finti" (Galdi-Imparato), 6 giugno 2006.
"Paparesta: sì, c'era la cupola" (Galdi-Imparato) 8 giugno 2006.
"Moggi più dannoso di Totò Riina" (detto da Santo Versace), 14 giugno 2006.
"Tutte le verità del grande accusatore" (Galdi-Imparato, 14 giugno 2006): il grande accusatore sarebbe Manfredi Martino, l'uomo di quel macchiettistico colpo di tosse (di questo pezzo e del Processo di Napoli, udienza del 6 novembre 2009), che tanto sarebbe piaciuto alla rosea (che avrebbe ingannevolmente titolato 'Ecco come truccavamo i sorteggi degli arbitri').

Poi ovviamente, dopo quella parentesi, l'estate degli orrori non sarebbe finita lì: fino a quello sciagurato 31 agosto quando la quinta colonna torinese scrisse la parola fine sulle nostre speranze che qualcuno difendesse il nostro orgoglio e l'onore della Vecchia Signora.
E per ristabilire la verità, cui manca ormai solo il bollino dell'ufficialità, sono occorsi anni di lavoro del poderoso pool difensivo di Moggi (con un prezioso lavoro di squadra tra i legali e Nicola Penta): quel lavoro che la proprietà nel 2006 aveva sbrigativamente e truffaldinalmente liquidato affidando a Zaccone il compito di ammettere quattro illeciti-fantasma e chiedere la serie B per dare il via alla Juve Smile.

Ecco, in questi giorni non dobbiamo dimenticarci di risfogliare i giornali di quell'estate 2006. Perché vi ritroveremo tanti personaggi che ancora spadroneggiano nel nostro calcio. Anche se non sono uomini di calcio, come lo era Moggi, ma solo personaggi di potere e poltrona..

Carmen Vanetti 

Twitter: @JuveGrandeAmor

Facebook: Gruppo FINO ALLA FINE..... JUVENTUS

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