sabato 5 aprile 2014

MI MANDA BERETTA



Che UNICREDIT sia una banca che crede nel calcio è chiaro da tempo, infatti la prima banca italiana è da anni sponsor principale della UEFA Champions League; il responsabile della comunicazione del Gruppo UNICREDIT è anche presidente della Lega di Serie A. Da non dimenticare poi che sempre UNICREDIT è socio di minoranza del AS Roma: come si vede almeno nel calcio italiano UNICREDIT è molto ben posizionata. Ora, secondo il Corriere della Sera, UNICREDIT garantirà all’Inter di Erick Thohir un prestito di 250 Milioni che servirà al tycoon indonesiano per far fronte ai debiti contratti da Massimo Moratti nella sua gestione fallimentare della società cartonata. Il prestito servirebbe per sostituire le linee di credito che l’Inter ha aperto presso Intesa San Paolo, Banca Popolare di Milano e Banco Popolare; l’esposizione di queste banche è all’incirca di 210 milioni. Sempre secondo il Corriere della Sera alla fine di tutto l’Inter, con tutte le sue proprietà diritti televisivi compresi, sarà data in “pegno alle banche”.
UNICREDIT è famosa per questi suoi salvataggi, a suo tempo andò in aiuto alla famiglia Sensi, che come Moratti, avevano portato l’AS Roma sull’orlo del fallimento, meno scalpore fece la notizia che sempre UNICREDIT ha praticamente finanziato l’acquisto di Balotelli da parte del AC Milan di Galliani. Ora è Thohir a rivolgersi al gruppo bancario per sanare i problemi finanziari dell’Inter.

Ma, al di là degli aspetti meramente finanziari, richiama l’attenzione come UNICREDIT sia legata a certe operazioni di salvataggio: partendo dal concetto che una banca è lungi dall’essere un'opera pia, quindi se investe dei capitali lo fa a fronte di un altissimo margine di sicurezza che tali capitali ritornino nelle sue casse, con congrui interessi. Ma nel calcio c’è (o meglio dovrebbe esserci) un fattore che aumenta il rischio dell’investimento ed è il rischio della prestazione sportiva. I risultati di una stagione, che sono quelli che determinano i guadagni o le perdite dei Clubs, sono, o dovrebbero essere,  un alto fattore di rischio in questo tipo di business.

Ma c’è altro che richiama l’attenzione, la posizione di Maurizio Beretta, Presidente della Lega di Serie A. Beretta è uno dei tanti giornalisti, o pseudo tali, italiani che hanno iniziato la loro “carriera” nel gran serraglio della politica e del clientelismo politico italiano che è la RAI, dove dalla redazione del Telegiornale passa ad essere responsabile dei budget e dei palinsesti per RAI 1 RAI 2, TG 1, TG 2 e RAI Sport fino al 2001 quando, appena nominato Direttore di RAI 1, lascia la RAI per entrare in FIAT come Direttore delle Relazioni Esterne e Comunicazione del Gruppo. Beretta lascia la FIAT nel luglio del 2004 per assumere la responsabilità di Direttore Generale di Confindustria, coincidenza vuole che a maggio del 2004 fosse nominato Presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. Beretta lascia la Confindustria nel Gennaio del 2009, ad Agosto del 2009 è nominato Presidente della Lega Calcio, carica che gli viene riconfermata nel 2013, una riconferma che è stata fortemente osteggiata e criticata come “clientelare” dal Presidente Andrea Agnelli. Ma, ultima ciliegina sulla torta di Maurizio Beretta, è quella di assumere da marzo 2011 la responsabilità della comunicazione del Gruppo UNICREDIT.

Dal momento che io non credo alle combinazioni e dal momento che, come abbiamo visto sopra, i cerchi si chiudono sempre, non credo che sia azzardato sospettare che UNICREDIT abbia messo a libro paga Maurizio Beretta, sono curioso poi di sapere quanto tempo dedica alla Lega e quanto a UNICREDIT, per tutelare i suoi interessi nel Calcio Italiano: infatti è difficile spiegarsi come mai con tanti altri candidati “liberi” UNICREDIT si sia rivolta proprio a Maurizio Beretta che già era Presidente della Lega; incuriosisce anche l’incarico che ricopre Beretta in seno a UNICREDIT, quanto questo incarico sia operativo e quanto sia di facciata è difficile da stabilire.

In questo contesto e scavando, mica tanto, è più semplice comprendere la posizione di Andrea Agnelli e forse ci spiega il perché l’Indonesiano Erick Thohir si sia rivolto a UNICREDIT, sempre che l’idea sia maturata in Indonesia e non a Milano.

Tutto questo può essere tacciato di dietrologia e può sembrare l’analisi di un fiero rancoroso Bianconero, se non parlassimo di qual immondo calderone che sono le istituzioni calcistiche italiane, quel calderone che è tanto immondo e maleodorante al punto tale che è talmente difficile cogliere i confini tra comportamenti leciti ed illeciti di squadre come l’AS Roma quest’anno, l’AC Milan la scorsa stagione: quel calderone che nel 2006 si inventa il reato di illecito strutturato (inesistente prima e dopo Farsopoli) per condannare la Juventus al fine di soddisfare il “sentimento popolare”, quel sistema tanto immondo e maleodorante che è riuscito con le meschinità più oscene mettere fuori dal Calcio Italiano Luciano Moggi e Antonio Giraudo. Moggi perché troppo bravo ed onesto per accettare di lavorare per il disonesto Moratti o per il Milan di Berlusconi, questa è una pagina tutta da scrivere per ragioni ovvie e comprensibilissime. Giraudo perché ha capacità e la sua professionalità in campo finanziario hanno portato quella Juventus non solo all’eccellenza sportiva ma anche a quella finanziaria.

Che piaccia o non piaccia, dal 1992 da questo  sottobosco di intrecci politici, finanziari, lobbistici (e mi trattengo da definirli con il loro vero nome) c’è solo una Società che è rimasta fuori, che non ha chiesto nessun intervento a nessuna banca, che si è sempre autofinanziata, che ha mantenuto i suoi bilanci trasparenti, che ha investito e ha gestito, secondo le regole di buona gestione, i fatturati cercando di generare profitti (forse questo sfugge al cinematografaro De Laurentiis) e questa Società è la Juventus FC. Abbiamo avuto anche noi un periodo nero, quello post Farsopoli, ma quella non era la Juventus, quella era la New Holland.  

Massimo Sottosanti

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