giovedì 7 novembre 2013

GAZZETTA, ANCORA COSI'?! ROAD TO CRESCENZAGO!

Gazzetta, ancora così?! Road to Crescenzago!






Eh sì! Stamattina ci siamo svegliati tutti un po' più soli...
Sui soliti siti online (sì, perché in tanti ormai facciamo parte del club '#iononcomprolagazzetta' ) non abbiamo trovato la solita copia dello scartafaccio rosaceo: ohibò, è vero, era stato annunciato uno sciopero dei giornalisti, che faceva seguito alla notizia, riportata anche sull'ultima edizione del quotidiano, della vendita del complesso storico di via Solferino e di via San Marco a Milano (che ospita le redazioni di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport), vendita deliberata dal Consiglio di Amministrazione di RCS Mediagroup. E, già dal mese di febbraio, era stato in effetti annunciato il trasferimento delle due redazioni in via Rizzoli a Crescenzago; unitamente ad un corposo piano di esuberi. D'altronde per la Gazzetta  i dati delle vendite sono impietosi: ottobre è stato l'ennesimo mese nero, con un arretramento dell'8,3%, corrispondente  a 45.800 copie, rispetto al mese di settembre,  una perdita sanguinosa che porta le copie vendute a 273.500 (con lo zuccherino consolatorio delle 11.000 copie digitali). Finiti i bei tempi d'oro in cui il gazzettino rosa, spinto dal vento di Calciopoli, nel mese di agosto 2006 (un mese senza campionato, a Mondiali finiti, con il linciaggio alla Juve come unico appiglio), faceva in souplesse 475.811 copie, e un anno dopo addirittura 516.675: c'era da glorificare la grande Inter. E, in RCS, lo dicono con la mano sul cuore, nascono interisti.

Certo, la crisi è generale e colpisce quel che resta del fu giornalismo sportivo (ma anche non) italiano, che esibiva penne prestigiose. Un giornalismo che faceva cronaca e inchiesta, che informava e documentava, che narrava e costruiva epica, che argomentava ed esprimeva opinioni. Opinioni, premetto, non sentenze.
Quel giornalismo sportivo non c'è più: è morto, sepolto sotto i vizi di un mondo che esprime solo faziosità, ipocrisia interessata, voglia di proselitismo, adesione a quelli che sono gli indirizzi e le polarizzazioni di certi poteri.
E la trasformazione ha raggiunto il suo apice proprio nel 2006, con Calciopoli e con la Gazzetta, che si è fatta addirittura sponsor dell'inchiesta, con Maurizio Galdi a collaborare alle indagini, come ammesso da Galdi stesso e da Auricchio e Di Laroni davanti ai pm che indagavano sulla fuga dei documenti di indagine; e la Gazzetta ovviamente prima degli altri sapeva quanto accadeva; con risultati mirabolanti sulle vendite. Due testimonianze: 4 luglio 2006, Giancarlo Galavotti, giornalista della Gazzetta dello Sport, parlando di Calciopoli, vantava alla BBC Sport: "Le nostre vendite sono aumentate di circa 50.000 copie al giorno, perché questo è accaduto"; nel luglio 2007 Hurrà Juventus intervista Carlo Verdelli, all'epoca direttore della Gazzetta, che dichiarava: "Lo scandalo del calcio è stato un avvenimento emozionalmente fortissimo, che ha riguardato tutti gli appassionati. Per il più grande giornale popolare ha avuto effetto equivalente alle elezioni politiche o a un nuovo Papa. Sì, è stata una fortuna. Che però ci siamo anche, in piccola parte, guadagnati: non fosse stato per noi, il rischio di insabbiamento sarebbe stato fortissimo".
Il rischio di insabbiamento non è stato scongiurato, perché dalla sabbia è emersa, in realtà, solo la punta dell'iceberg, mentre il grosso è rimasto sotto, con le telefonate che, giurava Narducci, non c'erano; e con il loro carico di illeciti: "Qualcosa sarà sfuggito", disse la Casoria. Già, era sfuggito il meglio. Che non interessava. Che non è interessato a nessuno. Non alla giustizia sportiva, che se ne è occupato solo per dichiararlo, con una tempistica sospetta, prescritto, né a quella penale, che continua a sostenere la tesi di un Moggi capocupola: peraltro senza un movente, né partite truccate né soldi, solo vanagloria personale per lui e gratis per gli altri; ignorando quello che non solo gli imputati vanno sostenendo circa una rete di rapporti per lo più leciti e la cui illiceità è mantenuta in piedi solo con la prova fantasma delle schede svizzere.

Ma, nonostante ormai sia chiaro che quello che è stato fatto emergere non è la verità, la soddisfazione, almeno nell'universo non bianconero, è totale.
Perché tutto è andato esattamente come il sentimento popolare voleva; un sentimento popolare ad orientare il quale contribuì in modo decisivo proprio la Gazzetta, visto che poneva come sua mission proprio quella di orientare l'opinione pubblica, una novità nella storia del giornalismo sportivo: ora non si raccontava più, non si dibatteva più, si orientava. E lo si affermava a chiare lettere. Senza pudore. Senza vergogna.
E, se nell'immediato le vendite ne hanno tratto giovamento, una volta raggiunto il risultato, il gigante d'argilla ha mostrato tutta la sua debolezza; perché il velo è caduto, i tifosi juventini hanno lasciato il foglio rosa nelle edicole e sui banconi dei gelati, tanto oggi internet dà la possibilità di accedere a infinite fonti di informazioni. Anche perché la vicinanza tra la rosea e il vento farsopolaro non è finita lì: il triangolo Gazzetta-Inter-inquirentidiCalciopoli, per fare un esempio, è rimasto vivo e vegeto. E alla rosa pian piano son  caduti i petali e son rimaste solo le spine, altrettante punte di un declino inarrestabile. A meno di...

Già, perché il comunicato con cui viene annunciato lo sciopero lascia dietro di sé il (solito) sgradevole olezzo, un fetore direi.
"Ci voleva il ritorno della Fiat come azionista di maggioranza del gruppo Rcs per assistere allo scempio". Testa sotto la sabbia e schizzi di veleno. Sì, perché, se in RCS nascono interisti, la causa della malattia va cercata altrove. E il percorso mentale Fiat-Elkann-Juve è servito.
Quindi, antenne dritte, perché quello che leggeremo d'ora in poi dal foglio rosaceo dovrà essere monitorato attentamente.
Lo 'consulteremo' solo per quello, e  a scrocco: non permetteremo più che la Juve venga danneggiata, in nessun modo. Il dolore e l'esperienza ci hanno reso non solo più forti, ma anche meno candidi. Perché di Candido ne abbiamo già sperimentato e pagato uno, ci è bastato e avanzato.

Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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