Il caso Pulvirenti e il nuovo calcio pulito.
Eh sì, perché ormai quello di Pulvirenti è un caso. Ne avevamo già parlato
su questo blog in riferimento alla sua scomposta e sconveniente reazione
("L’intervento di Chiellini su Bergessio è di una violenza inaudita, spocchioso
e vigliacco, commesso da uno che sa di godere dell’impunità”) all'infortunio
occorso a Bergessio e causato da un intervento falloso seppur assolutamente
involontario di Giorgio Chiellini che, avuta notizia dell'entità delle
conseguenze, si era prontamente scusato via Twitter con lo sfortunato avversario
il quale, da uomo di campo, ne aveva accettato le scuse, consapevole che si
tratta di rischi del mestiere.
Del suo calciatore aveva preso, e ad alta voce, le difese Antonio Conte
nella conferenza stampa pre-Parma ("Dovrebbe sciacquarsi la bocca chi parla di
Chiellini e che dice queste fesserie, sia che sia calciatore, allenatore,
dirigente o presidente. Non si permettano di dire queste cose"), cui Pulvirenti
aveva risposto col il solito mauvais ton: "La banalità delle sue dichiarazioni è
pari alla sua arroganza".
Più d'uno, tra i tifosi bianconeri, si era chiesto perché nessuno in
società rispondesse a queste continue provocazioni del numero uno etneo (che, en
passant, è anche consigliere federale) e si fosse lasciato al solo Conte l'onere
di replicare a tanta impudenza.
Tra l'altro, in occasione di Juve-Catania, il presidente-consigliere ne
aveva combinata un'altra. Trascrivo, per stare ai nudi fatti, quanto scritto dal
giudice sportivo: Pulvirenti aveva "durante l'intervallo, nel tentativo di
accedere alla zona riservata agli spogliatoi, accompagnato da persone non munite
di autorizzazione, colpito con una spinta una steward, che, conseguentemente,
doveva ricorrere alle cure dei sanitari"; dal che era scaturita, a suo
carico, la sanzione dell'inibizione "a svolgere ogni attività in seno alla
F.I.G.C., a ricoprire cariche federali e a rappresentare la società nell'ambito
federale a tutto il 2 dicembre 2013".
Del silenzio bianconero si era chiesto conto a Beppe Marotta nel prepartita
Sky: "Certe volte - aveva risposto Marotta - come diceva Dante, un bel tacer non
fu mai scritto. Io credo che stare zitti è molto più eloquente di dare delle
risposte. Noi non vogliamo alimentare polemiche ma sono i fatti che da soli
parlano. Una cosa è l'argomento di carattere calcistico, quello che avviene nel
rettangolo di gioco, una cosa sono le polemiche. Noi non ci vogliamo abbassare a
questo continuo scontro dialettico che sicuramente non fa bene al movimento
calcistico. Di sicuro, e lo sottolineo perché è un dato di cronaca, quello che
si è verificato domenica sera nei riguardi di questa giovane ragazza non è un
fatto edificante e quindi lascio ogni commento a quello che sono stati i
fatti".
Il che non ha neutralizzato il veleno sulla bocca di Pulvirenti, che ha
replicato, tramite 'la Repubblica': "A Marotta come al solito neanche rispondo;
certo che sentir parlare quelli della Juve di etica sportiva fa venire i
brividi. Per quel che concerne l'episodio dello steward ho presentato ricorso e
mi difenderò nelle sedi competenti. E' un fatto che non ho commesso e di cui
proverò la mia totale estraneità". Questo per non rispondere.
Tale e tanta la cronaca di questi giorni.
Bisogna dire che Antonino Pulvirenti da Catania non è nuovo ad offese nei
confronti della Juve, dei suoi dirigenti e della sua storia.
Torniamo, ad esempio, a un anno fa, il 28 ottobre, quando l'annullamento di
un gol (quantunque regolare) a Bergessio, un episodio come ne capitano quasi
ogni domenica, non solo aveva scatenato una furia spropositata, ma aveva indotto
il presidente etneo a lanciare nei confronti della Juventus e della sua storia
una sequela di incredibili offese: "E' la morte del calcio. Qui non è sudditanza
psicologica, c'è qualcosa di più sicuramente, questa è di più, è vergogna pura";
"Questa è la realtà, ditela! Almeno una volta, ditela! Una volta dite le cose
come stanno, la partita ormai è finita, noi abbiamo perso, dite che la panchina
della Juve ha annullato il gol e basta. Tanto la partita è finita, la Juve è
prima in classifica e siamo tutti quanti a posto, tutti tranquilli. Cosa
dobbiamo fare noi per poter giocare contro la Juve? Ditecelo. Io pensavo che
certi tempi fossero finiti, evidentemente non lo so cosa sta succedendo. Sono
imbattuti. Così facendo la Juve sarà imbattuta a vita. Nessuno mai li potrà
battere". Dulcis in fundo, il clima era tale che anche Angelo Alessio, che
sostituiva lo squalificato Conte (erano i tempi di Scommessopoli), era stato
trafitto in conferenza stampa con una serie di domande più che provocatorie,
addirittura intimidatorie, con momenti di autentico vergognoso schiamazzo, un
linciaggio mediatico in piena regola, con il viceallenatore bianconero sin
troppo compìto e composto nelle sue reazioni.
Ritroviamo Pulvirenti sugli scudi in gennaio allorché, fresco di elezione
come consigliere federale, si era permesso di definire Andrea Agnelli "una
zitella isterica in crisi di astinenza", per come si era comportato nel corso
delle elezioni in Lega. Già, perché Andrea aveva (e ha, perché non si mossa
foglia) ben chiaro che la Lega ha bisogno di un governo con uno stile
professionale e con un presidente attivo, non di facciata per i due
plenipotenziari; e l'aveva detto senza peli sulla lingua: le dinamiche di
mercanteggiamento di poltrone e posizioni, quelle che avevano portato nella
kasta della Lega i Pulvirenti, i Cellino, financo gli inibiti Preziosi,
avrebbero trascinato, e stanno trascinando, il calcio italiano nelle sabbie
mobili. In questo caso Antonino Pulvirenti da Catania se l'era cavata
patteggiando una multa di 40.00 euro (più 20.000 per il club).
E rieccolo!
E, riflettendo bene sul personaggio e sul quadro pseudoistituzionale di cui
fa parte, il silenzio di corso GalFer è il sigillo che simili gesta non meritino
nemmeno di sporcarsi la bocca. A difendere Chiellini ha pensato Conte: Giorgio è
un suo uomo, Conte ne è il mister ed è anche una voce della Juventus, con la
quale, identificandola in Andrea, il legame è strettissimo e di mutuo soccorso:
ricordiamo con quale fervore e orgoglio il presidente bianconero avesse difeso
Antonio ai tempi del calcioscommesse, mettendo la mano sul fuoco per lui
ancorché i fatti in cui lo avevano invischiato non avessero a che fare con la
sua militanza juventina; e ha coraggio e orgoglio da vendere.
Certo, la parola etica è sacra; ma sappiamo che da noi è andata in
prescrizione. Dovrebbero tuttavia essere le istituzioni ad espellere dal loro
alveo i Pulvirenti (dico 'i', perché in realtà è in buona, o cattiva, fate voi,
compagnia), che parlano bene e razzolano male. Coloro che hanno votato per
eleggere il 'consigliere Pulvirenti' et ceteros sono certi di aver fatto gli
interessi del calcio italiano, in un momento in cui servono riforme, epocali,
urgenti, e in cui la Federazione è alle prese col nodo irrisolto di una
giustizia sportiva che non funziona e alla quale bisogna/bisognerebbe apportare
continuamente correzioncine in corsa? Perché il calcio italiano sono anche
loro.
Siamo tutti certi che il nuovo calcio è pulito?
E una riflessione approfondita ci porterebbe a scoprire che il mondo
pallonaro pre-Calciopoli lo era di più.
Certo, aveva i classici vizi italioti,
in primis quello dell'insabbiamento: vagonate di sabbia hanno seppellito
faccende scabrose come i Rolex, i passaporti falsi, le plusvalenze fittizie,
vendite di marchi, bilanci così cosà, fidejussioni e chi più ne ha più ne
metta.
Ma il post-2006 con la sabbia ha costruito vere dune, seppellendo gli
illeciti sotto la prescrizione e le mele marce del calcioscommesse sotto il
pentitismo interessato: e il tutto con un livello di sfacciataggine molto più
elevato, perché non ci si preoccupa neppure più di nascondersi.
Mentre Moggi per anni è stato costretto a salire tutto l'inutile calvario
della giustizia domestica prima di poter approdare alla Corte Europea e a Napoli
subisce un processo in cui l'accusa continua a ripetere, da anni, gli stantii
addebiti risalenti alle informative di via In Selci, Moratti ha indossato lo
scudetto di cartone, si è mostrato 'sottobraccio' a Narducci e Auricchio, sotto
lo sguardo dolce ma non severo di Valerio Piccioni, uno degli aedi della Grande
Farsa, ed ha vissuto ultimamente la sua glorificazione su tutte le tv come il
presidente vincitutto, di 'quali lacrime grondi e di che sangue' la sua età
dell'oro (e del cartone) non ha importanza.
Mentre tanti tesserati innocenti, il più famoso dei quali (perché il mostro
in prima pagina ci vuole sempre, altrimenti il crimine non interessa a nessuno),
ma non l'unico, è stato Antonio Conte, hanno vissuto mesi difficili, angosciosi,
'agghiaccianti', pian piano le mele marce, e nemmeno quatte quatte, rientrano
nel mondo del calcio, pare lo stia per fare lo stesso Gegic.
E non parliamo della sfrontatezza con cui il Consiglio di Lega ha deciso di
attribuire l'incasso della Supercoppa alla Lazio di Lotito, con l'ennesima
incompetenza federale come ruota di scorta.
Il nuovo calcio pulito dunque non esiste: è semplicemente quello vecchio,
le cui dinamiche e i cui vizi sono stati legalizzati e istituzionalizzati,
perché nulla doveva, gattopardescamente, cambiare. Solo che, non potendo
comprare chi era veramente capace, bisognava toglierlo di mezzo: e fu Ribaltone,
Calciopoli, Moggiopoli, Farsopoli.
Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)
Twitter: @JuveGrandeAmor
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