venerdì 22 novembre 2013

STOP ALLE PROVOCAZIONI! PER FORTUNA TORNA IL CAMPIONATO.


Stop alle provocazioni! Per fortuna torna il campionato.



Si torna a giocare. Menomale. Ovvio che per giocare intendo il campionato, dove gioca la nostra Juve. Delle Nazionali mi frega poco o nulla. In realtà ho guardato solo i due match della Francia, perché di ammirare Pogba non mi stanco mai. E comunque hanno portato solo iella, sarebbe ora di regolamentare in maniera diversa il calendario internazionale, tenendo in massimo conto le esigenze dei club, che sono quelli che i giocatori li pagano: è vero che ora esiste un indennizzo economico ai club stessi in caso di stop prolungato di un calciatore, ma vallo a spiegare a Conte, che si ritrova improvvisamente senza Barzagli (che aveva recuperato con tanta pazienza dalla tendinite) e senza Isla (che rischia un altro stop non da poco allo stesso ginocchio che gli ha già causato due anni irti di spine); e deve reinventarsi la difesa, dribblando anche una norma Fifa che, male interpretata, rischiava di togliergli pure Vidal, un centrocampista, sì, ma così poliedrico da consentirgli di costituire, se occorrerà, un valido tassello anche in una difesa che aveva già perso (qua per squalifica) Bonucci e Ogbonna, ovvero gli unici due difensori in grado anche di iniziare l'azione: in tal modo la collaudata linea a tre non verrebbe snaturata nelle sue caratteristiche essenziali. E non ha pagato dazio solo Conte: sono state molte le vittime di questa pausa, caduta, per i giocatori, in un periodo duro (tra campionati e Coppe, perché i migliori giocano sempre e dovunque), quando lo stress psicofisico aumenta anche il rischio del verificarsi di aumenti traumatici. Klopp, come Conte, si è giocato la difesa: già non aveva Subotic, ora ha perso anche Hummels e Schmeltzer; il Real ha perso Khedira; il Bayern Ribéry; il Barça Valdes e Dani Alves; l'Amburgo Van der Vaart; solo per citare i casi più clamorosi.

E ora dunque si torna a GIOCARE. A pallone. Perché in queste due settimane si è giocato a palla avvelenata.
A tutti i livelli.
Per esempio a livello mediatico, col solito vento destabilizzante.
Mentre nell'area meneghina si vaticinano i nuovi fasti dell'Inter Giakartona targata Thohir e del Milan dell'era Barbara Berlusconi, che vogliono avviarsi verso un luminoso destino fatto di nuovi campioni, vittorie in qualsivoglia modo conseguite e, forse ma forse, nel 2016 un nuovo stadio, insieme o in concorrenza, sulla Juve soffia la diaspora mediatica.
Guida il gruppo il solito Conte che, nonostante lo scetticismo in proposito di un esperto come Gianluca Di Marzio, è vivamente invitato ad alzare il fondoschiena dalla panchina della Juve, perché lì occorre far posto a un Prandelli ormai sazio di Nazionale. Spiace per loro, ma la realtà sembra ben diversa: semmai Conte sembra sulla via di continuare ad oltranza, possibilmente vincendo; ed è per questo che il suo dialogo, a volte sicuramente anche acceso, con i vertici che tengono i cordoni della borsa, è fitto e incessante; non è escluso che chieda di ritagliarsi anche un ruolo più ampio, ma sono cose che fanno parte della dialettica societaria.
Ma siccome Conte, dopo averle cantate chiare a giornalisti e sedicenti tali, ora sta zitto e li lascia a secco, lo spingono verso altri lidi e puntano ai giocatori.
Quello che brilla di più ovviamente attrae le attenzioni maggiori, anche perché è assistito da un procuratore furbo di sette cotte come Mino Raiola, è Paul Pogba, che ormai ha su di sé, come si conviene a qualsiasi asso, le attenzioni dei grandi club; ma questo non vuol dire che la Juve sia disposta a cederlo. E però i media non concedono speranze, lo vorrebbero via già a gennaio. Forse perché una Juve con questo Pogba non fa comodo neanche in Italia.
Poi ad ingolosire i frombolieri della carta e dell'etere c'è il rinnovo di Pirlo; a nulla vale che Conte dica: "Pirlo è un nostro giocatore e che Dio ce lo conservi sempre"; e questa considerazione dovrebbe essere quella che più avvicina Andrea al rinnovo visto che le sue idee non sono cambiate rispetto a due anni fa: non sono i soldi la calamita ma il sentirsi "importante, al centro del progetto, non uno dei tanti"; quello che era mancato in quel Milan che ora si dice addirittura lo rivorrebbe; quello che nessuno più di chi lo ha conosciuto da vicino, apprezzato e stimato, come è stato per Conte, potrebbe garantirgli. Ma per chi non orecchi e occhi connessi con le sinapsi cerebrali e proietta nel reale quelle che sono le sue fantasie Pirlo è già volato via.
E si continua con Vidal, perché lo vorrebbe il Barça, e tutti gli altri, da Llorente (che ormai è un po' scaduto perché Conte lo fa giocare e gli ha fatto riconquistare la Nazionale) a Vucinic e Marchisio, ecc.

Lasciamoli ai loro giochini fant(ozzian)acalcistici e passiamo a cose più serie.
Perché, se su queste barzellette in fondo si può anche scherzare (abbiamo passato ben di peggio dai tempi di Farsopoli), questi giorni di assenza del campionato sono stati teatro anche di discussione di temi ben più pregnanti come quello della violenza negli stadi e degli atteggiamenti disdicevoli delle curve.
Si è parlato molto dei gravissimi fatti di Salerno, una questione che andava affrontata molto prima, non quando i buoi erano ormai scappati dalla stalla: tant'è vero che l'unica soluzione, al momento, è stata quella di rinviare a data da destinarsi la prossima partita della Nocerina e far disputare il successivo rovente derby con la Paganese fuor di Campania; istituzioni non pervenute.
Quasi nulla, se non da parte di scioccati tifosi bianconeri, sulle violenze perpetrate a Torino dalle orde (è il loro comportamento che li qualifica così) di tifosi del Napoli in spedizione punitiva (le trasferte sono qualcosa di diverso); non è la prima volta che si ripete, con danni e feriti; e non dimentichiamo quanto accaduto al pullman ufficiale della Juve, a giocatori e staff nel corso dell'ultima trasferta a Napoli. Uno scempio in una società civile, se questa lo è ancora, perché il dubbio troppo spesso mi sfiora, anzi, mi colpisce in fronte. Minimo sindacale sarebbe proibire ulteriori trasferte dei tifosi del Napoli a Torino e valutare se esistano le indispensabili condizioni di sicurezza perché il ritorno si disputi a Napoli, visto che le istituzioni non sono in grado di garantire l'ordine pubblico.
Ma il calcio parlato ha lasciato anche troppo spazio e troppa pubblicità agli sproloqui degli ultras che, non paghi di aver privato, con la loro trasgressione consapevole dei regole scritte e note, tanti altri tifosi del piacere di vedere la loro squadra, piacere che avevano già precedentemente e lautamente pagato. Sproloqui assolutamente fuori luogo, perché lo stadio non può essere certo una zona franca in cui rivendicare una presunta decisione di fare ciò che si vuole, calpestando le regole e i diritti altrui. Su questo, al di là dell'inciviltà di certi cori (questi, ma anche tanti altri, ingiustamente negletti, in cui viene vilipesa la memoria dei caduti dell'Heysel; et similia), non ci può piovere.

"Dal letame nascono i fior", cantava De Andrè: e da queste due settimane senza il profumo dell'erba del campo verde forse spunterà un fiore: se la Figc riuscirà a trovare la competenza per concedere una deroga alle norme vigenti, quelle curve che avrebbero dovuto restare vuote forse si popoleranno di bambini.
Certo sarebbe stato meglio se l'occasione per un simile gioioso spettacolo non fosse stata rappresentata da fatti negativi, ma nel marasma che ci circonda è pur sempre un simbolo di speranza.


Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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