martedì 3 dicembre 2013

ANDREA AGNELLI CONTRO LEGA: TUTTO DA RIFARE

Andrea Agnelli contro Lega: tutto da rifare.




Tra Agnelli e Lotito aveva deciso il campo: 4-0 per i bianconeri, che avevano ribadito il concetto con il 2-1 dei 'Primavera'. Perché il prato verde la verità te la sbatte in faccia; con i tavolini è un po' diverso, lì entrano in gioco gli inciuci, i giochi di Palazzo, le logiche di spartizione delle poltrone "attraverso dinamiche figlie di un continuo mercanteggiare": il mercato delle vacche, insomma, in un consesso dove si maneggiano milioni  di euro e anche le sorti del povero calcio italiano, il cui unico problema in questo momento sembrano essere i cori da stadio.
E così era successo che il Consiglio di Lega, espressione univoca della lobby che, sotto la direzione spirituale e materiale del duo Galliani-Lotito, nascosto dietro il totem Beretta, era uscito vincente da un'elezione di Lega che aveva espulso dalla stanza dei bottoni circa il 70% del calcio italiano (con Juve, Fiorentina, Inter e Roma); i due ras avevano infatti coagulato intorno a sé i numeri, pomposamente vantati  dal presidente della Lazio, numeri che inglobavano un'autentica corte dei miracoli, con un Preziosi che poi aveva dovuto essere frettolosamente cancellato dal Consiglio di Lega per le macchie sulla sua fedina sportiva, con un Cellino poi finito addirittura in carcere per i maneggi (di cui aveva reso edotto l'amico Lotito) relativi a Is Arenas, con un Pulvirenti di cui poi spesso abbiamo dovuto ammirare le 'prodezze' (dalle offese ad Andrea Agnelli, definito 'zitella isterica in crisi di astinenza' ai comportamenti maneschi recentemente assunti negli spogliatoi dello Juventus Stadium) e via discorrendo...
E la prima palestra in cui i vincitori a tavolino avevano messo alla prova la loro forza era stata l'organizzazione della Supercoppa. Premetto: una Lega seria non sarebbe comunque arrivata a  giugno per decidere un simile appuntamento, perché lo avrebbe calendarizzato a inizio stagione; invece, il solito pasticcio all'italiana: vediamo chi ci arriva e speriamo che si mettano d'accordo. Se fossero arrivate alla finale Milan e Cagliari, i due amiconi Galliani e Lotito avrebbero trovato un amichevole accordo a base di pacche sulle spalle, come quando si era trattato di giocare in campionato in quell'Is Arenas costruito coi Lego. Ma lo scudetto era finito alla Juve di quell'isterica zitella di Andrea Agnelli, e dall'altra parte nientepopodimeno che la Lazio del Consigliere federale Claudio Lotito; avesse prevalso la Roma, nella finale di Coppa Italia, forse  ci sarebbero stati meno problemi perché entrambe erano impegnate in una tournée in America e, con il gradimento della proprietà giallorosa made in USA, si sarebbe giocato presumibilmente negli States, con tanti saluti per quest'anno ai cinesi e ai loro soldi.
A Lotito invece gli occhi a mandorla piacevano, perché gli avrebbero garantito un incasso di almeno 1,8 milioni di euro; ma le date messe a disposizione dai cinesi erano incompatibili con la tournée americana dei bianconeri. L'unica soluzione rimaneva giocare in Italia, dove tuttavia quegli importi erano irraggiungibili, pur giocando a Roma e non nel più piccolo Juventus  Stadium (a parte le edizioni disputate all'estero, prassi avrebbe voluto si giocasse in casa di chi portava lo scudetto sul petto); e per di più il latinista biancazzurro accampava di aver ulteriormente perso, a causa del rifiuto della Juve a giocare a Pechino quando faceva comodo a lui, 1,8 milioni di euro che gli avrebbe fruttato una presunta tournée in Colombia; e chiedeva pure i danni. Questo nonostante la Juve avesse avvertito, in tempi non sospetti, a marzo, di aver assunto determinati impegni per la tournée americana. Volarono parole grosse da parte di Lotito: "Loro pensano di comandare, di essere loro la Lega".
I fatti avrebbero dimostrato chi credeva davvero di comandare, di essere al di sopra delle regole e di un minimo senso del pudore: perché una delibera del Consiglio di Lega aveva accondisceso alle richieste di Lotito, garantendogli la somma che pretendeva, a danno del rivale chiamato a pagare danni mai causati; in spregio a quanto previsto dallo Statuto, come aveva subito fatto notare Andrea Agnelli.
Ma non c'era stato verso; Lotito aveva alzato ulteriormente i toni e alla Juve non era rimasto che procedere con i ricorsi: prima alla Corte di Giustizia Federale della Figc che, non ci crederete mai, si era detta incompetente e dunque lo aveva dichiarato inammissibile; e poi all'Alta Corte del Coni, che finalmente ha preso la sua decisione, dando la corretta lettura degli art. 9, 10 e 30 dello Statuto di Lega, che conferiscono al Consiglio la facoltà propositiva, ma non quella deliberativa, che resta in capo all'Assemblea.
Ora la palla torna nel campo della Lega e il fumettone si arricchirà di altre pagine, probabilmente non più edificanti delle precedenti.
La fine potrebbe essere già scritta.
O forse no.
Non solo per il diverso contesto: non più il covo del Consiglio con i suoi adepti, ma l'intera Assemblea; ma anche perché la questione dei diritti tv, che sembra essere l'unica ragione di vita della Lega stessa, visto che essi rappresentano la linfa vitale indispensabile per i club, sta in qualche modo, sia pur molto lentamente e con passi esitanti, modificando in parte certi rapporti di forza.
Siamo ancora lontani da una situazione trasparente, di democrazia vera e non di facciata e da pallottoliere, da una governance basata sull'interesse comune piuttosto che sulla protezione dei privilegi della cordata dominante, che alimenta la rissosità in funzione del proprio particulare.
Ma ogni sassolino buttato in quello stagno, oltre alle onde superficiali, è in grado di provocare altri movimenti invisibili, che  si propagano in profondità; e magari, col tempo, una serie di reazioni a catena, che possano far cadere il gigante dai piedi d'argilla.
Ma il nostro calcio avrà tutto questo tempo?

Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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