Andrea Agnelli contro Lega: tutto da rifare.
Tra Agnelli e Lotito aveva deciso il campo: 4-0 per i bianconeri, che
avevano ribadito il concetto con il 2-1 dei 'Primavera'. Perché il prato verde
la verità te la sbatte in faccia; con i tavolini è un po' diverso, lì entrano in
gioco gli inciuci, i giochi di Palazzo, le logiche di spartizione delle poltrone
"attraverso dinamiche figlie di un continuo mercanteggiare": il mercato delle
vacche, insomma, in un consesso dove si maneggiano milioni di euro e anche le
sorti del povero calcio italiano, il cui unico problema in questo momento
sembrano essere i cori da stadio.
E così era successo che il Consiglio di Lega, espressione univoca della
lobby che, sotto la direzione spirituale e materiale del duo Galliani-Lotito,
nascosto dietro il totem Beretta, era uscito vincente da un'elezione di Lega che
aveva espulso dalla stanza dei bottoni circa il 70% del calcio italiano (con
Juve, Fiorentina, Inter e Roma); i due ras avevano infatti coagulato intorno a
sé i numeri, pomposamente vantati dal presidente della Lazio, numeri che
inglobavano un'autentica corte dei miracoli, con un Preziosi che poi aveva
dovuto essere frettolosamente cancellato dal Consiglio di Lega per le macchie
sulla sua fedina sportiva, con un Cellino poi finito addirittura in carcere per
i maneggi (di cui aveva reso edotto l'amico Lotito) relativi a Is Arenas, con un
Pulvirenti di cui poi spesso abbiamo dovuto ammirare le 'prodezze' (dalle offese
ad Andrea Agnelli, definito 'zitella isterica in crisi di astinenza' ai
comportamenti maneschi recentemente assunti negli spogliatoi dello Juventus
Stadium) e via discorrendo...
E la prima palestra in cui i vincitori a tavolino avevano messo alla prova
la loro forza era stata l'organizzazione della Supercoppa. Premetto: una Lega
seria non sarebbe comunque arrivata a giugno per decidere un simile
appuntamento, perché lo avrebbe calendarizzato a inizio stagione; invece, il
solito pasticcio all'italiana: vediamo chi ci arriva e speriamo che si mettano
d'accordo. Se fossero arrivate alla finale Milan e Cagliari, i due amiconi
Galliani e Lotito avrebbero trovato un amichevole accordo a base di pacche sulle
spalle, come quando si era trattato di giocare in campionato in quell'Is Arenas
costruito coi Lego. Ma lo scudetto era finito alla Juve di quell'isterica
zitella di Andrea Agnelli, e dall'altra parte nientepopodimeno che la Lazio del
Consigliere federale Claudio Lotito; avesse prevalso la Roma, nella finale di
Coppa Italia, forse ci sarebbero stati meno problemi perché entrambe erano
impegnate in una tournée in America e, con il gradimento della proprietà
giallorosa made in USA, si sarebbe giocato presumibilmente negli States, con
tanti saluti per quest'anno ai cinesi e ai loro soldi.
A Lotito invece gli occhi a mandorla piacevano, perché gli avrebbero
garantito un incasso di almeno 1,8 milioni di euro; ma le date messe a
disposizione dai cinesi erano incompatibili con la tournée americana dei
bianconeri. L'unica soluzione rimaneva giocare in Italia, dove tuttavia quegli
importi erano irraggiungibili, pur giocando a Roma e non nel più piccolo
Juventus Stadium (a parte le edizioni disputate all'estero, prassi avrebbe
voluto si giocasse in casa di chi portava lo scudetto sul petto); e per di più
il latinista biancazzurro accampava di aver ulteriormente perso, a causa del
rifiuto della Juve a giocare a Pechino quando faceva comodo a lui, 1,8 milioni
di euro che gli avrebbe fruttato una presunta tournée in Colombia; e chiedeva
pure i danni. Questo nonostante la Juve avesse avvertito, in tempi non sospetti,
a marzo, di aver assunto determinati impegni per la tournée americana. Volarono
parole grosse da parte di Lotito: "Loro pensano di comandare, di essere loro la
Lega".
I fatti avrebbero dimostrato chi credeva davvero di comandare, di essere al
di sopra delle regole e di un minimo senso del pudore: perché una delibera del
Consiglio di Lega aveva accondisceso alle richieste di Lotito, garantendogli la
somma che pretendeva, a danno del rivale chiamato a pagare danni mai causati; in
spregio a quanto previsto dallo Statuto, come aveva subito fatto notare Andrea
Agnelli.
Ma non c'era stato verso; Lotito aveva alzato ulteriormente i toni e alla
Juve non era rimasto che procedere con i ricorsi: prima alla Corte di Giustizia
Federale della Figc che, non ci crederete mai, si era detta incompetente e
dunque lo aveva dichiarato inammissibile; e poi all'Alta Corte del Coni, che
finalmente ha preso la sua decisione, dando la corretta lettura degli art. 9, 10
e 30 dello Statuto di Lega, che conferiscono al Consiglio la facoltà
propositiva, ma non quella deliberativa, che resta in capo all'Assemblea.
Ora la palla torna nel campo della Lega e il fumettone si arricchirà di
altre pagine, probabilmente non più edificanti delle precedenti.
La fine potrebbe essere già scritta.
O forse no.
Non solo per il diverso contesto: non più il covo del Consiglio con i suoi
adepti, ma l'intera Assemblea; ma anche perché la questione dei diritti tv, che
sembra essere l'unica ragione di vita della Lega stessa, visto che essi
rappresentano la linfa vitale indispensabile per i club, sta in qualche modo,
sia pur molto lentamente e con passi esitanti, modificando in parte certi
rapporti di forza.
Siamo ancora lontani da una situazione trasparente, di democrazia vera e
non di facciata e da pallottoliere, da una governance basata sull'interesse
comune piuttosto che sulla protezione dei privilegi della cordata dominante, che
alimenta la rissosità in funzione del proprio particulare.
Ma ogni sassolino buttato in quello stagno, oltre alle onde superficiali, è
in grado di provocare altri movimenti invisibili, che si propagano in
profondità; e magari, col tempo, una serie di reazioni a catena, che possano far
cadere il gigante dai piedi d'argilla.
Ma il nostro calcio avrà tutto questo tempo?
Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)
Twitter: @JuveGrandeAmor
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