giovedì 5 dicembre 2013

COMPLOTTO!

Complotto!




"E’ inutile girarci troppo attorno, dopo due campionati già vinti dalla Juve, c’è un’altra Italia del tifo che spera di contrastare il dominio bianconero. E, in una legittima aspirazione pallonara, ne ha pieno diritto".
Parole e musica di Paolo De Paola. Parole che fanno rabbrividire e musica stonata.
Parole che fanno rabbrividire perché riportano alla mente dei bianconeri quel 2006, con una Juve reduce dai due scudetti consecutivi dell'era Capello, e non c'erano dubbi che avrebbe potuto tranquillamente tentare il tris l'anno successivo.
Ma c'era un'Italia del tifo che sperava di contrastare il dominio bianconero: solo che sul campo, ALLORA sicuramente, ora con buone probabilità, la Juventus era la più forte.
E dunque bisogna attaccarsi ad altro: torniamo al 2006. Di fronte ai bianconeri c'erano le milanesi: entrambe sapevano che la forza della Juve non stava, soprattutto non stava più, nella proprietà. Lì c'erano invece Moratti (con la preziosissima alleanza Telecom) e Berlusconi (con le sue televisioni).
L'unica ricchezza che rimaneva a Torino era il management che, nonostante avvertisse sempre più intorno a sé terra bruciata, non si era fatto tentare dalle sirene meneghine. Era quello il bersaglio grosso cui puntare e le due milanesi non potevano farsi sfuggire l'occasione: in fondo le romane erano già passate all'incasso, la Lazio incamerando lo scudetto quasi-bianconero cui Collina aveva messo una pietra al collo facendolo affogare nella piscina di Perugia, la Roma avvalendosi l'anno successivo del cambiamento in corsa della regola degli extracomunitari: e a beneficio degli sguaiati quanto smemorati tifosi giallorossi si precisa che dette regole furono cambiate nella prima settimana di maggio, quella precedente lo scontro diretto, in cui la Roma potè usufruire di Nakata (che si sarebbe rivelato decisivo) e di Assunçao.

E fu Calciopoli.
L'Inter di Moratti ne uscì con uno scudetto di merda e cartone in bacheca e su un trampolino di lancio per altri quattro titoli e il triplete; il Milan di Galliani (e Berlusconi), nonostante il rapporto diretto tra l'ad rossonero e Meani alla testa del gruppo degli sbandieratori del weekend, ne uscì solo con qualche irrilevante graffio superficiale: il piagnone Moratti, preda della sua infinita frustrazione da sconfitta che altro non era se non un chiaro segnale della sua incapacità gestionale, si rivelava l'ariete perfetto per sfondare il muro della cittadella bianconera, peraltro inquinata da intrighi di palazzo, certo non ignoti in area milanese; il tutto tra la security Telecom Pirelli nerazzurra che lavorava sottotraccia e il battage delle reti Mediaset, di cui il solo Auricchio ignorava l'appartenenza.
Pagò, in pratica, solo la Juve: e pagò salato, con due scudetti. E scontò il sentimento popolare di un'Italia del tifo che sperava di contrastare il dominio bianconero. E che, in una legittima aspirazione pallonara, ne avesse pieno diritto, fu proprio un giornale a decretarlo: quel roseo gazzettino che sin dal 2003 aveva Galdi tra gli aiutanti più preziosi di Auricchio si assunse l'impegnativo compito di orientare l'opinione pubblica. Il tutto venne poi certificato nel corso dei processi sportivi dove i giudici, sentita la 'gente' orientata, cercarono di interpretarne un sentimento collettivo: "Abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla lunghezza d’onda”, son parole di Mario Serio, membro della Corte Federale.

Adesso sulla breccia non c'è la rosea, impegnata a togliere gli scheletri dall'armadio per inscatolarli e spedirli a Crescenzago, ma il Corriere dello Sport; al suo fianco non c'è Mediaset, ma le faziose emittenti romane che sono portatrici poco sane del messaggio che  una 'Roma che ha inanellato dieci vittorie consecutive ha cominciato a dare fastidio e che c'è forte il retaggio di quando i sospetti divennero, con Calciopoli, fatti concreti': questa la traduzione, da parte di Sky, dei deliri in salsa giallorossa.
E quindi gli ultimi tre pareggi vengono visti come frutto di un complotto, con rigori negati a Torino sponda granata, contro il Sassuolo e a Bergamo, tacendo che in tutti in questi tre casi i rigori erano tutt'altro che solari, fingendo di dimenticare come peraltro il  rigore  fischiato su Gervinho contro l'Inter fosse fuori area e che il rigore concesso contro il Napoli per fallo di Cannavaro (anche espulso) su Borriello fosse stato preceduto dal fallo dell'attaccante. Memoria a intermittenza.
Niente da fare: è complotto, bisogna caricare l'ambiente come se, vista l'attuale situazione, negli stadi e attorno, ce ne fosse bisogno; e si è visto a Bergamo. Ma il peccato capitale, per tutti, è stato il merda dei bambini dello Juventus Stadium. Così va il mondo. O meglio l'Italia.

E la canea è continuata con la caccia alle streghe: oltre che orientare pare che ormai mission dei giornalisti sia anche quella di fomentare; quasi che, ripeto,  ce ne fosse bisogno.
Perché anche 'Il Tempo', altro quotidiano romano, in tempi di magra per i giornali e per il Paese, non ha voluto farsi scappare l'occasione: e allora ha cavalcato l'occasione fornita dalla maldestra decisione del Giudice Sportivo (che lo stesso presidente del Coni Giovanni Malagò, romano di fede romanista, ha avuto l'onestà di pubblicamente censurare), per scrivere: "Sfruttamento minorile. Dopo i cori razzisti il giudice multa la società anche per i bimbi maleducati. Un’iniziativa strumentale per giocare prima e riempire la curva squalificata". Roba da querela. Di cui non si è pentito perché oggi ha ribadito la tesi che quelle curve dovessero restare vuote: tesi di per sé inaccettabile data la valenza dell'iniziativa, ma la cosa grave è che non ci si sia resi conto di quanto sia delirante e oltraggioso buttarla sullo 'sfruttamento minorile', fenomeno ahimè estremamente drammatico, ma assolutamente fuori contesto e che va semmai in direzione opposta. 

Ma, per tornare ai torti arbitrali, riprendiamo il Corriere dello Sport che, dopo aver sparato in prima pagina "Processo agli arbitri. Errori a ripetizione e troppe anomalie", ospita nientepopodimeno che un articolo di Luigi Ferrajolo, il presidente dell'Ussi, mica uno qualunque, ma anche romanista di lungo corso (quello che a marzo 2011 a Radio Radio: "I tifosi della Juve che fanno i cori a favore di Moggi sono quelli che lo rivorrebbero perché al tempo si vinceva... anche rubando le partite ma comunque si vinceva"). Prima si sofferma sulla diversità di trattamento tra Conte e Rudi Garcia: "E' normale che un tecnico educato, civile, garbato, mai esagitato, come Rudi Garcia sia stato espulso già due volte in appena quattordici gare? Se facesse il diavolo a quattro in panchina, magari come Antonio Conte, potrebbe anche passare; invece il francese, mai espulso prima dl venire in Italia, risulta un indemoniato solo ai nostri eccellentissimi arbitri"; dimentica un particolare: Conte è stato espulso due volte e puntualmente sono arrivate le squalifiche; il nuovo vate giallorosso è stato espulso (per modo di dire, perché lui, che sa di vivere nel XXI, secolo è armato di walkie talkie) due volte, ha collezionato solo altrettante ammonizioni con diffida e rischia seriamente di attaccare il record di Mazzarri, con innumerevoli espulsioni e altrettanto innumerevoli ammonizioni con diffida, ma sempre in sella. Poi ha concluso con un accorato appello: "Noi abbiamo grande fiducia in Abete, presidente non sempre energico, ma persona leale e onesta. Può essere lui íl garante non solo della Roma, ma di tutte le squadre. Il garante di una trasparenza e di una pulizia di cui abbiamo un gran bisogno. In un Paese divorato dalla corruzione e dai disonesti, sarebbe bello se almeno dal calcio partisse un messaggio forte, chiaro, incoraggiante. Chiediamo solo un campionato normale, pulito. Tutto qui".
Che serva un'altra Calciopoli? Perché "c’è un’altra Italia del tifo che spera di contrastare il dominio bianconero. E, in una legittima aspirazione pallonara, ne ha pieno diritto".  E se lo dice Paolo De Paola...

Naturalmente da qualche settimana, da quando la Juventus, data per morta, sazia, dilaniata da lotte intestine, con allenatore e campioni in fuga, ha ripreso la sua marcia implacabile, rimediando agli errori (che nel caso della Juve si chiamano episodi) arbitrali (come il fallo di mano di Ceccherini a Livorno) con le sue forze, esempi di mala stampa di questo genere si susseguono: ogni pretesto è buono.
E' un filone che seguiremo. Perché non possiamo abbassare la guardia.
Una delle debolezze di quella Juve imbattibile che fu, la Juve della Triade, fu proprio l'essere rimasta bersaglio dei media: sottovalutazione o debolezza intrinseca? Forse inizialmente fu sottovalutazione, consapevolezza della propria superiorità al di là del vento contrario. Poi i segnali, dopo la morte dell'Avvocato e del Dottore, divennero talmente inequivocabili che Moggi, per dire, cercò di compensare il peso delle reti Mediaset con il processo di Biscardi: ma era come andare con una fionda contro il cannone. D'altronde il giornale di famiglia non era per niente d'aiuto e l'intercettazione Moggi-Tosatti del 21 aprile 2005 è esemplare in proposito:  "Qui non conta nessuno, morti l'Avvocato e il Dottore è terra bruciata, io mi sto quasi arrendendo, mi son rotto i coglioni, mi assumo responsabilità che non sono mie". Responsabilità che avrebbe pagato a carissimo prezzo.
Con un'imprecisione: qualcuno che contava c'era, ma lavorava sotto traccia, lasciando che il giornale di famiglia facesse pure il lavoro sporco; infatti circa quattro mesi prima John Elkann aveva incontrato a Marrakech Jean-Claude Blanc: "Era il 31 dicembre del 2004, ho incontrato John Elkann a Marrakech. Abbiamo parlato di sport e dei valori sportivi e tre mesi più tardi al Cafè de Flore di Parigi mi ha chiesto di far parte della Juventus. Come dire no? Elkann ha scelto me per creare una rottura con il passato".
Quanto a rompere hanno rotto, eccome!
Ma non deve accadere mai più.
Antenne dritte.
Fino alla fine.

Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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