Fallimento?! Conte non ci sta, non dobbiamo starci!
"Fallimento di cosa? Che non abbiamo vinto la Champions League? No,
perché se come obiettivo stagionale avevamo di vincere la Champions League
sicuramente è un fallimento... oh forse sì, effettivamente l'avevo messo come obiettivo principale
nostro quest'anno la vittoria della Champions League, effettivamente se ben
ricordo dovevamo vincere la Champions League, e poi in ordine lo scudetto, poi
la coppa Italia, avendo già vinto la Supercoppa. Effettivamente avevo parlato di
triplete, sì effettivamente sì".
Antonio Conte 2.0
"L'altro" Antonio Conte che mi fa godere, forse ancor più di quello
agghiacciante e furente.
Perché diventa l'istrione che con la sua ironia spiazza l'interlocutore,
quasi sempre quei pennivendoli che sperano di azzuppare il pane nella delusione
di una speranza spezzata, seppur molto spesso con l'aiutino di qualche manina
malandrina.
FLASHBACK - Mirabile, ricordiamo, a questo proposito, la sarcastica intervista del dopo Lazio-Juve, un 2-1 che sancì l'eliminazione dei bianconeri dalla Coppa Italia, con due rigori negati (su Vucinic e Giovinco); e Antonio. "No, non lo prende proprio, secondo me Vucinic si butta e questa è ammonizione per Vucinic, assolutamente. Voi mi state chiedendo e io vi sto dicendo che Vucinic qui si tuffa e secondo me che era da ammonizione. Vucinic ha cercato di truffare l'arbitro... C'è un altro episodio su Giovinco nella ripresa...Voglio vedere l'altro episodio, quello su Giovinco, se non vi dispiace.. Io avevo visto pure un altro episodio di Giovinco, che è la stessa palla e sviene pure lui... no no ma questa era espulsione, doveva essere espulso, quindi... mi spiace, Giovinco doveva essere espulso perché non può cercare di ingannare così l'arbitro". "Io ho visto un pochettino gli episodi e debbo dire che la direzione è stata impeccabile, perché Vucinic si è tuffato sulla prima situazione, Giovinco è svenuto in area per un calo di zuccheri". E via di questo passo, sia in conferenza stampa che nelle interviste alle varie emittenti.
Torniamo nel presente, come Antonio ha chiesto ai suoi, pensare al presente
e dimenticare Istanbul.
Il presente fatto del Sassuolo poi, dopo l'Avellino di Coppa Italia,
dell'Atalanta.
Perché, come dall'inizio dell'anno hanno ribadito più volte lui e Andrea
Agnelli, l'obiettivo, ad alto coefficiente di difficoltà, è il terzo scudetto
consecutivo.
La Champions League, quest'anno come l'anno scorso, rappresentava il sogno:
perché un sogno nel cassetto bisogna sempre averlo, qualcosa che ci spinga ad
andare al di là del limite, dove solo i temerari osano. Pur restando
perfettamente consapevoli che di sogno si tratta, e che il confine tra sogno e
utopia è assai tenue, basta un sassolino che colpisce nel modo giusto per
mandare tutto in frantumi.
Invece no. Dopo la sconfitta di Istanbul la parola d'ordine, quando si è
parlato di Juve, financo da parte di parecchi tifosi, è stata FALLIMENTO.
Qualsiasi ombra di realismo è andata a farsi benedire. Perché se
l'obiettivo del terzo scudetto consecutivo, per scrivere la storia della
Juventusm era, e resta, difficilissimo da centrare (per tutta una serie di
motivi), la parola sogno con cui veniva sempre etichettata la Champions le
conferiva appieno tutti quei contorni di indefinibilità che non poteva non
avere.
E Conte l'ha spiegato, meglio dunque lasciare la parola a lui che queste
esperienze le ha vissute: "Si pensa che dall'oggi al domani si possano
costruire corazzate vincenti e di andare a fare la guerra contro squadre che
oggi potenzialmente sono più strutturate. Non dimentichiamo, quando parlate di
differenza, che noi siamo arrivati ai quarti di finale l'anno scorso in
Champions, eliminati dal Bayern Monaco. Chi pensa che le vittorie nascano
dall'oggi al domani significa che non ha mai vinto in vita sua purtroppo. Chi ha
vinto sa che c'è un percorso da seguire, è un percorso fatto di lavoro, di
fatica e di cadute e di capire durante il percorso, quando c'è la caduta che
cosa bisogna fare, dove si è mancati, cosa c'è necessità e poi nel tempo
prepararsi a vincere in Champions. Questa è una Champions che non è più quella
di quando giocavo io, cioè, oggi ti scontri con squadre che sono attestate a
livello mondiale e che economicamente oggi è dura raggiungere quei livelli. Cioè
è inutile che mettiamo la testa sotto la sabbia, quindi ribadisco che per me
vedere una squadra italiana in finale di Champions da qui a tanti anni a venire
sarà molto dura, perché c'è da lavorare tanto, c'è da costruire tanto ed è molto
molto difficile, però ripeto mi sbaglierò, ma questo cosa l'ho già detta due
anni fa. Stranamente quando emetto sentenze spesso ci azzecco".
L'anno scorso la società ha misurato la differenza tra la Juve e le big e
s'era capito che c'era ancora una distanza abissale: occorre costruire, con
metodo, blindare i grandissimi e aggiungere mattoncini che facciano crescere il
gruppo. Ma occorre tempo.
Certo, quest'anno la Juve avrebbe potuto andare ancora avanti: con un
sorteggio non proibitivo si poteva anche arrivare per la seconda volta
consecutiva ai quarti: ma non è successo (per colpe che lo stesso Conte
attribuisce ai suoi, ad un processo di maturazione non completato che ha causato
i problemi di inizio stagione) e, paradossalmente, meglio cadere ora che agli
ottavi. Perché adesso c'è il paracadute dell'Europa League, la bistrattata
Europa League, che le italiane hanno spesso visto come una fastidiosa mosca e
che invece può permettere a questa squadra di continuare a testarsi, fino in
fondo, se sarà brava, cioè se avrà fatto tesoro di questa sconfitta
trasformandola in un ulteriore step di crescita, ad un livello internazionale di
quelli che può affrontare con più probabilità di successo rispetto alle
corazzate. Perché, se la Juve nell'ultimo mercato estivo si è rafforzata, anche
le superbig hanno fatto lo stesso; e il gap non è certo sparito,
tutt'altro.
Certo, dimenticare il passato non significa dimenticare la lezione di
Istanbul. Perché questo sarebbe il vero FALLIMENTO, l'ostacolo verso la
crescita: il non aver saputo fare tesoro di un passo falso, il non aver saputo
imparare dai propri errori.
Senza cadere nel tranello dei nostri nemici cui, tutto sommato, piacerebbe
un gran piacere che lo considerassimo tale, che impallinassimo il mister e i
ragazzi e distruggessimo quanto costruito finora; e ritornassimo la Juve dei due
settimi posti. Che magari la prende pure in quel posto con uno smile. Non è roba
da gobbi, che sanno sempre trasformare una momentanea delusione in rabbia
positiva.
E allora non resta che andare avanti, scalino dopo scalino, verso qualsiasi
meta che la stagione propone, senza riempirsi la bocca di roboanti proclami di
triplete e quant'altro, roba da interisti cartonati, da giallorossi coatti, da
rossoneri la cui fantomatica mentalità europea è in gran parte merito di
Kulovic.
Per non dimenticare. Nulla.
Per correre verso sempre nuove vittorie. Fino alla fine.
Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)
Twitter: @JuveGrandeAmor
Nessun commento:
Posta un commento