martedì 24 dicembre 2013

IL SENSO DEL RIDICOLO

Il senso del ridicolo






Parliamo di discriminazione, suvvia.
Ma, una volta tanto, mettendo nel centro del mirino non il mondo ultras, con i suoi eccessi e anche i suoi orrori, bensì chi non ha saputo gestire la situazione. Ma del resto si tratta di 'incompetenti' confessi, che ci vogliamo  aspettare?!
La vicenda della chiusura e successiva riapertura in pompa magna delle curve di Milano e Roma, per i modi in cui è avvenuta e per il battage mediatico che l'ha circondata, è emblematica, a dire  lo schifo di un mondo di banditi che fa quello che gli pare: ha iniziato nel 2006, con la panzana della giustizia domestica del circolo della caccia, e non ha la minima intenzione di smetterla.
E si adonta pure se qualcuno, come Conte, gliele canta dure in faccia. E l'intero sistema, più che altro un teatrino mosso da esperti burattinai (e c'è ancora qualcuno che osa definire 'burattinaio' Luciano Moggi!), sembra stimolato a fare ancora peggio. Alla luce del sole, senza la minima prudenza né ritegno o dignità.

La norma era stata partorita dalla Figc sotto il solleone: aveva più di un bug, ma nessuno se n'era curato più di tanto: in ogni caso valeva sempre la mala pratica che la Figc, dall'alto della sua incompetenza, fa le regole, e qualcun altro poi le interpreta: il senso dipende. Dipende da chi viene colpito.
Il primo a cadere sotto i colpi della discriminazione territoriale era stato il Milan, già, quel Milan che si era fatto da tempo paladino delle vittime dei cori razzisti, consapevole  che avrebbe potuto trarne giovamento grazie alla presenza in squadra di quel Balotelli che si attirava le ire del pubblico, in realtà non per il colore della sua pelle ma per i suoi atteggiamenti provocatori e insolenti.
Era esplosa la furia di Galliani e la Figc aveva partorito in fretta e furia la sospensione condizionale. Milano per il momento era salva.
Aveva poi pagato, come di default, la Juve: intendiamoci, la frittata l'avevano fatta i suoi ultras facendosi beccare due volte con le mani nella marmellata, complice anche l'arrivo, allo Juventus Stadium, proprio dei tifosi napoletani, che si erano fatti puntualmente apprezzare per violenze e devastazioni, e naturalmente se ne erano andati con tre pere in tasca, ma anche tronfi e soddisfatti per aver lasciato dietro di sé macerie e feriti; tanto a loro non sarebbe successo niente, come sempre.
La Juventus, come è nel suo Dna, aveva cercato di trarre il meglio da una situazione di per sé molto negativa: la cosa più spiacevole era stata il fatto che ci avevano comunque rimesso tanti abbonati che invece avevano saputo mantenere il loro autocontrollo, tifando in maniera colorita e iperbolica sì, ma senza esorbitare dai confini di regole magari anche discutibilissime.
E mal gliene era pure incolto. Perché per i bianconeri valgono evidentemente regole speciali, quelle dell'accanimento: e i  'giovanissimi' supporters  bianconeri cui la Juve aveva regalato una giornata di lavoro formativo e poi di svago allo stadio si erano comportati come i tifosi di tutta Italia, forse non un modello di bon ton, esuberanti e financo esagerati, urlando l'ormai celeberrimo  'ooooh merda' ai rinvii del portiere avversario.  Vergogna! Multa, e reprimenda. Per non dire dei media che hanno vomitato di tutto.
Passando attraverso la vergogna di Bologna, assolutamente ignorata dal Giudice sportivo, perché evidentemente incitare la folla a bruciare i tifosi bianconeri e assaltare il pullman  della squadra sono cose buone e giuste perché manifestamente gradite ai nuovi signori del vapore, la Juve aveva pagato l'ulteriore balzello di 5.000 euro per i nuovi ooohhh merda dei suoi tifosi, grandi e piccoli uniti in un solo coro.

E si è arrivati alla vigilia del derby di Milano con la sorpresa che, essendo stata violata anche la condizionale, la curva rossonera, in buona compagnia peraltro di quella giallorossa, cadeva sotto squalifica. Apriti cielo! Si ricorra! Detto e fatto. Arrampicandosi sui vetri, in fondo una scusa la si trova sempre, ecco arrivare la sospensione della squalifica per la necessità di approfondimenti. Forse qualcuno non aveva sentito bene e le curve avevano intonato canti natalizi. Che equivoco!
In realtà a Milano aveva pesato anche la minacciosa preoccupazione, adombrata dall'ex prefetto Serra, di possibili disordini, con vittime innocenti, in prossimità dello stadio. Ovverosia alle curve era stata lasciata in mano l'arma dell'intimidazione civile, che peraltro gli ultras erano ben consci di poter utilizzare, visto che da anni spadroneggiano negli stadi, e dintorni, con violenze di ogni genere (fu a Milano che nel 2001 venne addirittura lanciato un motorino dagli spalti): e la Corte di Giustizia Federale aveva tolto le castagne dal fuoco a tutti, con le sua sospensive.
Certo, al di là della giustizia domestica, esce netto il ritratto di un povero Paese impaurito, in una grande città come Milano, davanti all'eventualità di dover tenere a bada le orde (perché a questo punto tali sono) di teppisti che pretendevano di imporre la loro volontà in presenza di decisioni prese dagli organi preposti (competenti non si può dire...). Si è cavillato assai addirittura su tutto, su diritti e pseudodiritti. La realtà era l'impotenza ad opporsi; un'impotenza non solo sul piano pratico, ma di intenti, visto che da anni, in presenza di violenze perpetrate, si spara nel mucchio senza mai punire, ma severamente, non con il buffetto di un Daspo, i responsabili. Poi ci si sveglia quando le italiche bande vanno all'estero, fanno muro contro muro con le forze dell'ordine e si ritrovano in galera.

Ora l'ultima, ridicolissima, puntata: derby meneghino, una delle più squallide puntate della saga peraltro, i tifosi della multietnica Inter (in campo, nessun italiano su 14 scesi in campo) hanno bersagliato con cori razzisti i giocatori di colore rossoneri (da Balotelli a Zapata a De Jong a Muntari). Si temeva la squalifica, ma stavolta Tosel ha fatto come Ponzio Pilato: saranno stati cori razzisti o nenie natalizie? Sussurri o grida? Se la veda Palazzi a fissare la scala di decibel.
Su una cosa però Tosel non ha avuto dubbi: i buu razzisti, udibilissimi, che a Bergamo hanno salutato Pogba e Asamoah, erano nenie natalizie; in alternativa bisogna pensare che gli ispettori federali fossero completamente sordi.

Come si vede siamo di fronte ad un calcio che non sa darsi regole, con i relativi parametri. O forse non vuole darsele; perché poi occorrerebbe farle rispettare, per tutti; senza cedere a ricatti; senza riguardi per gli amici degli amici e i compagni di merende. Cadrebbe il giochetto dell'interpretazione, dell'elasticità ad magliam. E comunque, quando prova a darsele, cambiarle in corsa è un lampo: è un film già visto, quello cui abbiamo assistito nel 2001, col cambiamento in corsa delle regole sugli extracomunitari. La Juve ci rimise uno scudetto. Ma il calcio italiano ci sta rimettendo molto di più: la dignità.


Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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