Reset e si riparte! Fino alla fine.
E' successo: l'incubo si è
materializzato.
Per chi ha già vissuto Perugia. Perché la Juve è una squadra
di calcio e quel che le serve per vincere è rappresentato da un pallone e un
prato verde. Non una piscina né il pantano.
Vero che la Juventus, e, ahimè,
anche la Primavera, la qualificazione l'hanno gettata al vento nelle partite
meno complicate, e questa è una lezione da imparare, a livello di maturità.
Perché anche questo è un fattore importante. E non bisogna nascondere la testa
sotto la sabbia.
Ma nemmeno strapparsi le vesti. O fare
disfattismo.
Si perde, anche nella vita di tutti i giorni: rabbia, delusione,
amarezza. Ma non è finita, mai.
E' una lezione che alla Juve sanno, Conte in
primis. Che a Perugia c'era e nella fatidica azione del goal di Calori ci aveva
pure messo lo zampino con una sfortunata respinta. Ma due anni dopo, il 5
maggio, aveva goduto.
E oggi molti tifosi bianconeri gli hanno gettato la
croce addosso, e in malo modo: non sa vincere in Europa, saluti a fine stagione
e via dicendo. Non mi riconosco affatto in tutto ciò. A volte le sconfitte fanno
molto male, è vero, ma siamo la Juve, sappiamo perdere e ripartire, perché di
possibilità di vincere ne abbiamo tante davanti: con Conte, che anche lui ha una
carriera intera davanti a sé. E che, dopo aver denunciato che la partita di
Istanbul, se partita di calcio doveva essere, non è stata regolare, perché
quello non era più un campo di calcio, ha lealmente ammesso il demerito della
Juve, che non avrebbe dovuto arrivare a giocarsela oggi.
Quando mancava
anche Pirlo: ma anche Pirlo è un giocatore di calcio e per il wrestling nel
fango non è granché portato, meglio Felipe Melo.
E pazienza se, per il giornale cosiddetto di famiglia (di quale famiglia fosse ebbe a sperimentarlo Moggi) afferma che il peccato mortale della Juve è stato quello di non essersi saputo adattare al match, ora come a Perugia; ad Ansaldo, simpatizzante del Chelsea, sfugge che il match in programma era, in entrambi i casi, una partita di calcio: su entrambe l'ombra di Collina.
Inutile perciò anche
analizzare la partita con la lente: non era calcio, era business, bisognava
giocare perché l'Uefa, per lunedì, voleva i suoi sorteggini, con tutti
l'ambaradan di interessi che si portano dietro, belli, cotti e mangiati.
Al
diavolo pure l'Uefa: non sa gestire una situazione abbastanza semplice come
questa (sufficiente vedere il balletto degli orari della notte di martedì),
chissà come farà a gestire il Fair Play Finanziario, altra cloaca di
interessi.
Ma alla Juve si continua: c'è il terzo scudetto consecutivo da
inseguire, ci sono l'Europa League, la Coppa Italia (e in prospettiva le due
Supercoppe). Tanta roba, non bisogna lasciare niente nel piatto. Chi ha fame di
vittorie non lo fa.
E noi non lo faremo. Col nostro mister. Tutti stretti
intorno alla Juve. Con chi le vuol bene.
Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)
Twitter: @JuveGrandeAmor
Nessun commento:
Posta un commento