giovedì 16 gennaio 2014

DA RISIKO A ROSIKO

Da Risiko a  Rosiko




Da un anno circa a questa parte periodicamente sulla Gazzetta dello Sport e del di lei fratello Corriere della Sera, entrambi figli di RCS. la famiglia in cui si nasce interisti, compaiono comunicati sindacali che mettono nel mirino la proprietà, accusata di immobilismo, di operazioni sbagliate (dall'acquisto in Spagna del gruppo Recoletos alla vendita della sede di via Solferino) ma soprattutto della chiusura di alcune testate del gruppo e della riduzione del personale.
Negli ultimi tre, quelli del 12, del 13 e del 14 gennaio, il Comitato di Redazione della Gazzetta, dà forse però il meglio di sé.

Nel primo, scagliandosi contro una ventilata idea di dar vita ad "un'agenzia di scommesse targata Gazzetta"; ma questo è in realtà il dito, perché la luna sono i 19 licenziamenti e un principio di cassa integrazione a rotazione.
Testimonianza di una crisi dopo i fasti del 2006. Assieme a Moratti è finita in mutande pure la Gazzetta.
Parlando del progetto GazzaBet il comunicato tira in ballo etica e problemi di tipo deontologico e giuridico; problemi che alla rosea non si sono certo posti quando nel 2006 si sono dedicati anima e corpo alla crociata guidata da Andrea Monti con la mission di orientare l'opinione pubblica.
Che fa a pugni con quanto dichiarato nel comunicato sulla loro voglia di dare un'informazione corretta ("ma ci faccia il piacere"), qualcosa che non tradisca i milioni di appassionati che da sempre vivono la loro passione anche attraverso i nostri racconti, le notizie, le interviste, le inchieste (come l'ultima sulle scommesse, che spesso raccontano anche di indagini, di condanne sportive, processi penali).
Ricordiamo bene il modo di fare queste inchieste all'epoca di Calciopoli con indagini sì, quelle di AurIcchio, svolte con la preziosa collaborazione del gazzettista Maurizio Galdi. "I contatti con Galdi sono iniziati dalla fine del 2003. Siamo amici e io l'ho anche utilizzato per apprendere notizie investigative nell'ambito delle indagini sul calcio. Mi chiamava frequentemente per tenermi informato su tutti i fatti che conosceva all'interno del mondo sportivo. Lo faceva perché era gratificato dal collaborare con gli investigatori", ha testimoniato Auricchio al processo di Napoli.
Ricordiamo anche le condanne sportive, quelle che in Gazzetta sapevano un mese prima delle sentenze. Così Ruggiero Palombo il 24 giugno 2006, un mese prima della sentenza definitiva: "Il Milan, con la Juve retrocessa all’ultimo posto, perderà il suo sopraggiunto primo posto. Ha chiuso il campionato con 12 punti sull’Inter e 19 sulla Roma, ne prenderà da 13 a 20 di penalizzazione. Champions League salva, se diretta o partendo dai preliminari si vedrà. Stessa sorte per la Fiorentina: era in Champions, sarà penalizzata fino a perderla (almeno 21 punti). Idem per la Lazio: era in Uefa, la perderà (anche in questo caso più di 20 punti di penalizzazione) ma salvando la serie A". E il titolo in prima pagina nel giorno dell’emanazione della sentenza Caf: "Juventus in serie B con forte penalizzazione anche oltre i 20 punti, Fiorentina e Lazio in B con penalizzazione di 6/7 punti, Milan in A con penalizzazione di 15 punti ma Europa salva".
Quanto al processo, in aula a seguirlo c'era proprio quel Galdi che aveva avuto un ruolo di collaboratore degli inquirenti, scelta quanto meno poco opportuna. Vediamo alcuni titoli dei suoi pezzi: "La maxi-lista delle prove contro Moggi", "l'ex arbitro Nucini accusa: Premi per sbagli pro-Juve", senza peraltro far mai parola delle sconcertanti contraddizioni in cui è caduto l'ex arbitro, e quel capolavoro "Un testimone inchioda Bergamo e Pairetto. Un impiegato Can accusa: Mi chiesero di pilotare il sorteggio" (il titolone in prima pagina era: 'Ecco come truccavamo i sorteggi degli arbitri'; quando la deposizione di Manfredi Martino raccontava invece altro; ma a Galdi non interessava, infatti concludeva il suo pezzo in modo quanto meno bizzarro: "Ma il campionato 2004-05 fu falsato o no? Le sentenze sportive non hanno dubbi e lo stesso 'past president' della Juventus Cobolli Gigli spiega: «C'è una frangia di tifosi che ancora non accetta tutto questo, ma io ho girato l' Italia dei club e in molti guardano al futuro. Quanti scudetti ha la Juve? Il mio cuore di tifoso dall'età di 5 anni sanguina, ma sono anche un uomo che deve seguire le regole. Ne abbiamo vinti 29 sul campo, ma due sono stati revocati. Al momento la situazione è questa»". Cosa c'entrasse Cobolli, che di danni già ne aveva fatti abbastanza, resta un mistero. O forse no, nella logica orientatrice.
E gli esempi potrebbero continuare all'infinito, il mostro era Moggi (di cui annunciare tronfi la condanna), il maggiordomo colpevole per antonomasia era la Juve.

Il comunicato del giorno successivo puntava dritto sul nervo scoperto: i licenziamenti, la cassa integrazione, i tagli. Perché, al di là della prosopopea seguente ("noi non chiediamo di meglio che mettere la nostra professionalità e la nostra passione nelle sfide che il mondo dell'informazione, in continuo mutamento, ci propone"), il problema è essenzialmente sindacale, quello della difesa del posto di lavoro. Esigenza, per carità, comprensibilissima e legittima, se non fosse che si tiri in ballo la credibilità messa in pericolo dalla questione dell'agenzia di scommesse. Ma ci sono o ci fanno? La credibilità della rosea è minata alla base da Calciopoli, visto che ormai è chiaro, e reso per di più esplicito dall'intento dichiaratamente orientante del direttore Monti e dalla collaborazione di Galdi con gli inquirenti, che a fomentare il sentimento popolare e a dare una grossa mano a chi in via In Selci e in Procura a Napoli correva dietro solo ai 'misfatti' di Moggi: quali fossero i legami con chi osa andar fiero di uno scudetto di merda e cartone lo dimostra la palese vicinanza (in occasione della presentazione di un libro) di Moratti-Narducci-Auricchio sotto lo sguardo benevolo (più dolce che severo) del gazzettista Piccioni. E i lauti dividendi fruttati agli azionisti sono essenzialmente un regalo per aver titillato il sentimento popolare; ma ora gli azionisti (tra cui brilla anche la stella del fuoco amico di John Elkann) ora, per tante ragioni, vedono lontana una nuova Calciopoli e tentennano. In fondo la Gazzetta è solo un asset....

Ma anche la rosea voleva fare il suo triplete e quindi, per il terzo giorno, il Comitato di Redazione ha replicato il suo piagnisteo: fatto di licenziamenti, cassa integrazione, tagli con l'aggiunta della riduzione delle spese di trasferta. Si fa notare che il piano aziendale non fa cenno ad investimenti e si chiede tutela della professionalità. Proprio quella che è mancata per Calciopoli. "Ci chiediamo - si scrive - cosa sia diventato o cosa debba diventare questo mestiere per il nostro editore". Non ci addentriamo negli intenti dell'editore, ma sappiamo cosa richiede la professione del giornalista, ovvero il proposito di informare ed di dare la priorità anziché non distorcerli e strapazzarli i fatti per orientare il sentimento popolare; richiede anche indipendenza di pensiero e non asservimento della realtà al proprio tifo; richiede etica quella vera e rispetto della dignità delle persone: i mostri sbattuti in prima pagina con titoloni ad effetto non rientrano in questa categoria. Quante volte la rosea ha oltrepassato questi paletti? Troppe, per essere assolti dal campo, pardon, dal mercato.

E quanto detto sinora mette anche una pietra tombale su quanto messo nell'ultimo comunicato sindacale, quello di oggi, l'autentica ciliegina sulla torta: in esso, ricordando come tra gli azionisti Rcs ci siano diversi proprietari di club di serie A, come Inter (Thohir??), Juventus (vabbè, sappiamo...), Fiorentina e Torino, il comitato di redazione si erge a difendere "l'indipendenza" dei giornalisti come "valore che si conquista sul campo, che la Gazzetta ha sempre difeso". Se Calciopoli non ci avesse lasciato cicatrici tanto profonde e ancora 'vive', potremmo anche riuscire a riderci sopra, visti i fatti del 2006: chi ha contribuito a creare quella farsa, che ha turlupinato e rubato risultati conquistati sul campo NON PUO' permettersi di parlare né di indipendenza né di valori che si conquistano SUL CAMPO! Semplicemente NON PUO'.

In via Solferino hanno giocato per anni a Risiko capeggiando le armate nerazzurre, cui via via se ne sono affiancate tante altre, tante quante rosikavano per il predominio bianconero, un impero su cui sembrava non sarebbe mai tramontato il sole.
Hanno cercato di avvicinarsi al sole, ma le loro ali erano di cera, si sono sciolti e sono precipitati tutti, pennivendoli e perdenti, prescritti e gattopardi in cravatta gialla, non sul soffice terreno che avevano sognato, ma nelle sabbie mobili di una crisi che si sono ampiamente meritati.

E ora non giocano più a Risiko, ma a Rosiko.


Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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