Un Thohir di cartone
Forse aveva ragione Andrea Agnelli quando aveva ribattezzato Jakartone la
capitale dell'Indonesia.
Perché questo Erick Thohir ci sembra proprio di
cartone, come lo scudetto 2006.
Un personaggio quantomeno strano, piombato
dal nulla (o forse no?) a rilevare una società marcia dalle fondamenta: e non
sto parlando solo di soldi.
Anche e soprattutto di etica.
Perché stiamo
parlando di un club, proprio quello che ha gli armadi pieni di scheletri
(plusvalenze fittizie, vendita del marchio, passaportopoli) e che accetta di
appuntarsi sul petto e di menar vanto di un titolo non vinto, mai in
discussione, ma regalatogli da un ex componente del suo CdA. Poi, quando i suoi
illeciti, prima mascherati grazie ad inquirenti che hanno mancato al loro dovere
di indagare a 360° (e diversi imputati, come Moggi, De Santis, Pairetto, Bertini
hanno depositato oltre un anno fa alla Procura di Roma un esposto-denuncia in
cui chiedono che si indaghi su chi ha indagato) e insabbiati mediaticamente dai
media (capeggiati da chi dall'inizio si era posto come mission quella di
orientare l'opinione pubblica), vengono fatti oggetto, sia pur tardivamente (ma,
si sa, la giustizia domestica è incompetente), di una relazione del procuratore
federale, si guardano bene dal rinunciare alla prescrizione tanto attesa e di
far chiarezza. Già, perché chiarezza avrebbe significato, come minimo, serie
B.
Una bella lezione l'hanno data a siffatti individui diversi imputati del
processo di Napoli che, certi della propria innocenza e decisi a difendere con
ogni mezzo la propria onorabilità, vi hanno rinunciato.
Ma queste
caratteristiche non fanno parte delle qualità degli adepti della setta
Onesti&Prescritti.
E però intanto lo sprofondo rosso di bilancio si
faceva sempre più abissale e il Giovin Signore, succeduto agli amichetti
torinesi, stava dando prova di qualità manageriali e di quell'amore per la Juve
nel quale era stato cresciuto dal padre e dalla Triade.
Le fortune sportive
interiste, una volta esauritesi le distorsioni farsopolare, andavano, per
converso, non declinando ma precipitando: e le poche risorse venivano investite
alla vecchia maniera, quella che aveva portato a Milano fenomeni come Gresko e
Vampeta.
Ed ecco il messia, venuto da lontano, a colmare i buchi; ma,
nonostante gli sforzi di attribuirgli una fervente passione per la maglia
nerazzurra, è stato subito ben chiaro che il nuovo mecenate era essenzialmente
un controllore dei conti, per evitare che l'Inter potesse cadere sotto la
mannaia del Fair Play Finanziario.
Ma nello stesso tempo un utile strumento
da utilizzare come voce fuori campo. Di quale pasta sia fatta la governance
interista è noto da tempo. Alla 'tiro il sasso e nascondo il braccio'.
E
così ecco l'affare Vucinic-Guarin. Mirko richiesto dall'Inter... Eh già,
Mazzarri è davvero un po' nella cacca... Già fuori dall'Europa quest'anno, è
ormai a 23 punti dalla vetta (e a 19 del terzo posto), fuori dalla Coppa Italia,
con una squadra senza gioco, dove gli acquisti estivi Belfodil, Taider e lo
spensierato Icardi hanno rivelato tutta la loro inconsistenza. Chiede chiarezza
e un attaccante. Si punta dritti sul montenegrino che, non sentendosi più
titolarissimo e poco incline per temperamento a lottare con le unghie e coi
denti per ri-strappare il posto alle due punte titolari, preferisce migrare dove
le sue indiscutibili doti tecniche potrebbero aver facilmente ragione di una
concorrenza meno agguerrita.
Il problema però c'è: in cassa, a Milano, non
c'è un euro. Dal Djakartone era arrivato l'input: vendere per comprare.
Elementare, Erick. Ma nessuno vuole quei gioielli di cartone e allora non resta
che scambiare i giocatori come le figurine. La Juve sceglie Guarin, non perché
abbia urgenza di coprire quel ruolo, ma semplicemente perché è il più idoneo,
per doti tecniche e duttilità, a potersi inserire nella rosa di Conte. Previe
martellate, of course.
Sembra andar tutto liscio, lasciando perdere, per
carità, la location della trattativa (ah Beppe, ma Moggi non ti ha insegnato
niente?!), si va a pranzo, paga Marotta perché non c'è tempo per stare a lavare
i piatti, c'è un affare da concludere. Che però non si conclude, l'Inter vuole
strappare almeno un milioncino di conguaglio, si dice. In realtà il principio di
traccheggiamento deriva dal fermento in atto tra i tifosi della PazzaInter, dai
Vip agli ultràs, che non vogliono che Guarin vada alla Juve (e allora chissà
perché Vucinic dovrebbe andare all'Inter, e abbia già affrontato in tutta fretta
anche le visite mediche).
Thohir non ne sa nulla e da Djakartone manda
un SMS di cartone ad Andrea Agnelli, con l'Ok all'affare. Ma a Milano si va per
le lunghe e Marotta e i suoi partono per Roma dove la Juve è impegnata in Coppa
Italia. In questo mentre Moratti, convinto dai tifosi e soprattutto dalle
minacce di lanci di seggiolini, che potrebbero travestirsi da motorini, telefona
allarmato a Djakartone e blocca tutto.
Sul sito compaiono due comunicati,
alle 18.12 quello del club, che annuncia lo stop, e un'ora e mezzo dopo quello
del Djakartone, se ne assume la paternità.
Fine della storia. Forse. Perché
l'Inter avrebbe ancora l'ardire di volere Vucinic in prestito con 'promessa' di
riscatto, tenendosi nel contempo anche Guarin.
Ma a Torino non ci stanno
e, mentre i media spacciano antricipazioni di un possibile incontro pacificatore
tra i due presidenti (a fine settimana il Djakartone sarà a Milano), irrompe
sulla scena Marotta che in una conferenza stampa dai toni particolarmente
decisi, stigmatizza il comportamento della delegazione di mercato nerazzurra,
mettendo in luce la mancanza di correttezza e di serietà che ha contraddistinto
la vicenda, con danni per tutti, inclusi i due giocatori (che avevano già
raggiunto, in tutto questo bailamme, l'accordo con i loro nuovi, anzi no, club):
roba mai vista in trent'anni di calciomercato (aspetto questo sottolineato anche
da molti altri personaggi del mondo del calcio).
Ebben ci credereste?
Ignorando gli scheletri nell'armadio il Djakartone (o chi per esso) si inalbera
e sul sito difende quella che lui (o chi per lui, perché queste sue parole
puzzano sempre più di morattismo) definisce "l'integrità e la lealtà"
dell'Inter, assumendosi la missione di "sostenere e continuare tale
tradizione" nel segno della "lunga e gloriosa storia"
nerazzurra.
Espressioni che fanno a pugni con la storia di Farsopoli. Gli
illeciti sono stati prescritti, la veirtà e l'etica no!
E infine Thohir
bacchetta la Juve per aver diffuso notizia del suo OK per SMS, ritenendolo cosa
privata: cioè due presidenti, i cui staff stanno portando avanti un affare,
comunicano tra loro e prendono un accordo; ma uno dei due staff, obbedendo al
cartonato minore (per possesso del club, ma in pratica mai sceso dal trono e
rimasto a tirare i fili del Djakartone), che a sua volta obbedisce a branchi di
energumeni: che d'ora in poi si sentiranno legittimati a forzare la mano ai
vertici a colpi di lanci assortiti. E bisognerebbe far finta che si sia stato
tutto uno scherzo tra due buontemponi.
Non so cosa Moratti abbia
raccontato o permesso di sapere a Erick Thohir di Calciopoli, se gli abbia
raccontato la vera storia di quello scudetto di merda e cartone, delle cause
risarcitorie contro l'Inter tuttora pendenti. Certo, avendo impegnato nella
causa nerazzurra i suoi soldi e la sua immagine, il Djakartone forse dovrebbe studiare la
recente storia calcistica dell'ex Bel Paese.
Perché, per dirla con Brecht,
"Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama
bugia, è un delinquente".
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