lunedì 3 febbraio 2014

DAL CAOS ALL'ORDINE

Dal caos all'ordine 






La Juve asfalta l'Inter, una derelitta Inter, sotto gli occhi di Luciano Moggi.
E' il segno che tutto piano piano sta tornando in ordine.
Il disordine apportato da Calciopoli nel mondo del calcio si avvia verso la conclusione.
Restano ancora sentenze da pronunciare, perché il disordine con le sentenze era iniziato e con le sentenze deve finire.
E' stata una forte emozione rivedere domenica in tribuna  il Direttore, ad ammirare una Juve di cui anche lui sarebbe stato fiero, una Juve che ha preso in mano la partita con una tale autorevolezza da permettersi persino di rientrare con la testa nello spogliatoio a mezz'ora dal termine: un errore che il martello Conte non permetterà ai suoi uomini di ripetere, perché lui vuole sempre i suoi in campo con 'testa, cuore e gambe' dal primo minuto sino al 95', anche se si vince 10-0, anche se si tratta di un'amichevole infrasettimanale in quel di Vinovo.
E tornano prepotenti nella mente quelle immagini di Moggi sul prato del Delle Alpi con Andrea Agnelli e Giraudo: quante volte ci sono passate nella mente in questi anni di buio prima, e poi di lenta ma inesorabile risalita dal pozzo dell'ingiustizia!
E nelle orecchie quel grido 'Luciano Moggi' gridato dal popolo bianconero in quella Juve-Palermo sulla quale già spirava il perfido vento di Calciopoli...
E la settimana dopo quella festa scudetto, che festa non fu, fu disperazione: e i coriandoli che avevano sommerso la squadra che sollevava una Coppa che le sarebbe poi stata rubata si trasformavano in lacrime a sentire quelle parole: "Vi chiedo la cortesia di non farmi domande perché non ho né la forza né la voglia di rispondere. Mi manca l'anima, mi è stata uccisa. Da stasera il mondo del calcio non è più il mondo. Penserò solo a difendermi da tante cattiverie che mi sono state dette e fatte". Non fu festa per i tifosi bianconeri, anche perché i segnali e le parole che venivano dalla proprietà non facevano che aumentare il gelo nei cuori.
Il tempo è passato, lentamente ma non invano. Moggi ha mantenuto la parola, ha pensato a difendersi: a difendere se stesso, la Juve e conseguentemente, smascherando la Farsa, quanti vi erano rimasti impigliati: adesso sappiamo tutti nomi e cognomi di chi ha ordito il grande imbroglio, anche se i palazzi del potere non hanno ancora timbrato la verità, perché i dinosauri che li popolano, ben accomodati nelle loro poltronissime, fanno ostruzione. Ma la verità è verità e, uscita dapprima in sottili rigagnoli, ora è un fiume in piena e ha rotto gli argini eretti dai media di regime. Adesso tutti sanno.
Anche in casa bianconera il tempo non è passato invano: dopo la fase Ridentus, figlia di Marrakech, l'arrivo di Andrea Agnelli, che in realtà è un ritorno perché Andrea quell'aria di spogliatoi sudati e di erba madida l'ha respirata da sempre, ha dato pian piano i suoi frutti: accanto all'inizio delle battaglie legali, accanto al tentativo di risuscitare l'agonizzante calcio italiano, la Juve è tornata a fare, anzi ad essere dentro, nell'animo, la Juve.
E ieri si è visto che i conti, almeno sul campo e dintorni, iniziano a tornare: tra Juve e Inter 26 punti, un distacco mai registrato nei precedenti 18 campionati con i tre punti per la vittoria, cioè dal 1994-95 (già, dall'era Moggi, certo sarà colpa sua...): Calciopoli sta cominciando a far male a chi tanto ha fatto per edificarla. La vecchia pazza Inter è tornata, con tutti debiti e i pastrocchi di calciomercato di un tempo, ma l'ubriacatura di Farsopoli la sta sgretolando; domenica sera sul prato dello Juventus Stadium, il gioiello di proprietà del club bianconero, esemplare unico in quest'Italia dei cachi, la Juve era là, sul campo, al gran completo come un tempo: il presidente Andrea Agnelli, Beppe Marotta, Fabio Paratici, Pavel Nedved, Antonio Conte e i suoi ragazzi. L'Inter? Coi giocatori in campo c'era solo il team manager Cordoba, sugli spalti il direttore generale Fassone e il direttore sportivo Cordoba (reduci  e fieri della splendida figura fatta con il pasticcio Vucinic/Guarin, una roba da Inter). Il presidente, quello ufficiale, è tornato in Indonesia a giocare con gli sms, quello ufficioso, ostaggio della volontà dei suoi ultras armati di seggiolini e motorini, è rimasto a Milano. A Mazzari, già incline di suo alle lamentazioni, non resta che piangere in balia di uno spogliatoio che decide chi è degno di farne parte e chi no. E, per inciso, mentre Vucinic è già ritornato abile e arruolato tra la carota e il bastone di Conte, Guarin si sta ancora chiedendo che ne sarà di lui: tranquillo, da quel che si è visto ieri sera diventerà oro colato...
Adesso, per chiudere il cerchio, manca un anello: l'imprimatur sulla verità della Farsa e il ritorno sull'albo (non a casa, perché già sono lì) dei due scudetti (uno dei quali mai messo sotto inchiesta e spostato da Guido Rossi sulle maglie a lui care).
E naturalmente l'occhio vigile e perspicace di Luciano Moggi  a vegliare su tutte le partite della Juve: a cancellare per sempre dagli occhi delle nostre menti quelle immagini del 7 maggio 2006, con la Triade presaga del  suo destino.
E la sua preziosa conoscenza del mondo del calcio (perché fortunatamente il mondo del calcio, a dispetto di quelle parole figlie di un'infinita amarezza, è rimasto il suo mondo, pur se in vesti diverse ma non per questo meno apprezzate) non potrà che tornar ancora utilissimo alla causa bianconera.



Carmen Vanetti (aka Angelo Ribelle)

Twitter: @JuveGrandeAmor

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