mercoledì 30 aprile 2014

IL SISTEMA MOGGI, VITTIMA E NON PADRONE DEI MEDIA

Il sistema Moggi, vittima e non padrone dei media




In un certo senso legato al discorso delle carriere arbitrali è il focus sulla tutela mediatica dei direttori di gara.
Le motivazioni del secondo grado mettono infatti l'accento  sulla "peculiare capacità del Moggi" di imporre, anche ai designatori arbitrali, "proprie valutazioni su persone e situazioni (come nel caso delle trasmissioni televisive soprattutto valutative sulla condotta dei singoli arbitri), coinvolgendoli così strettamente nella struttura associativa mediante anche l'uso di uno strumento privilegiato di comunicazione".
Che altro non è che un revival delle informative di Auricchio (in questo caso quella dell'aprile 2005) perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, a Napoli da lì non ci si è mossi: qualunque cosa è stata fatta emergere e dal lavoro del pool di Moggi e dal dibattimento (che sarebbe dovuto essere il fondamento delle sentenze) non è stata minimamente preso in considerazione.
Ma ritorniamo all'informativa in questione: "La tutela dei 'fischietti fidi' - che conferma ancora ulteriormente la loro connivenza - viene poi assicurata anche attraverso l’assoluzione dal giudizio del 'Processo di Biscardi', quando sfacciati errori commessi nel corso delle direzioni di gara possono dare adito ad eccessivi sospetti suscettibili di minare il risultato raggiunto". E ancora: "Il vantaggio ricavato dagli arbitri per la loro contiguità risulta essere parimenti la garanzia di giungere ai massimi livelli di carriera e soprattutto di restare sempre in auge, il che consente loro di arbitrare gli incontri dei campionati della massima serie, di diventare arbitri internazionali con tutti i profitti derivanti sia in termini di visibilità che in quelli di guadagni economici".
Come si vede, nonostante tutto, dopo otto anni la canzone rimane la stessa.
Dunque è il Processo di Biscardi l'arma letale attraverso la quale si concretizza la manipolazione dei media da parte di Luciano Moggi, perché vengano sottaciuti gli errori a favore della Juve e vengano invece enfatizzati quelli a favore delle altre squadre. Così i fischietti fidi, una volta protetti e tutelati nei confronti dell'opinione pubblica, avrebbero potuto continuare, secondo il teorema auricchiano, a favorire la Juve, senza mettere a disagio i designatori.
Proprio l'episodio citato nella scorsa puntata (quello relativo a Paparesta) in realtà comprova che l'efficacia della presunta potenza di fuoco mediatica di Moggi in rapporto ai designatori e alle carriere arbitrali era assolutamente ininfluente: Paparesta, protagonista di quella Reggina-Juventus segnata dai grandi errori anti-Juve, tornò in pista in men che non si dica, mentre pagò a caro prezzo Racalbuto, crocifisso dai media, capeggiati dalle caciarose e infamanti radio romane (che hanno dato esatta prova del loro squallore anche in questo campionato), accusato solo degli errori pro-Juve, tralasciando quelli pro-Roma, riconosciuti dalla stessa Gazzetta, la Bibbia di Auricchio: "Pisacreta disattento: Cannavaro in fuorigioco, viziata anche l'azione del 2-1. Un rigore regalato e uno negato alla Juve. Ibrahimovic, il gol era regolare", pezzo di Olivero dal quale si desumono due (anzi uno e mezzo in realtà) errori pro Juve e quattro pro Roma; senza contare il pugno di Cufrè a Del Piero universalmente ignorato; per non parlare del solito ambiente condizionante anti-Juve che i bianconeri trovarono a Roma, desumibile e dai continui aggiornamenti sull'ordine pubblico emessi a getto continuo dall'Ansa e dalla telefonata tra Moggi e Paradiso, ispettore capo, romanista, in forza alla Digos  di Torino; per non parlare del colloquio telefonico (nell'informativa dell'aprile 2005) tra Bergamo e Carraro, col designatore che parlava di un Racalbuto "arrivato in campo in condizioni proibitive... perché l’hanno delegittimato già dal giorno avanti!" (il titolo della Gazzetta era stato "Fischia il portafortuna della Juve"  ).
Ma, tornando ai media, la stessa scelta del processo di Biscardi come strumento di pressione mediatica non sarebbe stata una gran scelta.
Come si desume, per non dimenticare, dalla deposizione di Auricchio del 23 marzo 2010, un teste inequivocabilmente traccheggiante sotto i colpi dell'esame dell'avvocato Prioreschi.
Avv Prioreschi: Sa qual era il...  lo share... si chiama così... del Processo del lunedì di Biscardi?
Auricchio: L'abbiamo verificato. Lo share era intorno al milione... tra i 700.000 e 1.200.000 contatti
Avv Prioreschi:Benissimo.
Auricchio: E comunque in una serata del lunedì sera, in una televisione minore..
Avv. Prioreschi: Veniva trasmesso su quale emittente, scusi?
Auricchio: La 7.
Avv. Prioreschi: All'epoca La7 aveva una copertura nazionale?
Auricchio: Beh, credo di sì.
Avv. Prioreschi: Io a casa mia non la prendo.
Auricchio: La7 è un'emittente nazionale.
Avv. Prioreschi: Sì, però..
Auricchio: Anche la Rai a casa di qualcuno non si prende, quindi voglio dire insomma...
Avv. Prioreschi: Lo sa meglio di me... non aveva copertura nazionale
Auricchio: No, è un'emittente nazionale...
Avv. Prioreschi: Le risulta che altre società di calcio avessero, per così dire, a disposizione altre televisioni, trasmissioni, canali televisivi?
Auricchio: Su Tv private, sicuramente sì.
Avv. Prioreschi: Cioè?
Auricchio: Credo. Tv private, insomma.
[....]
Avv. Prioreschi: Vogliamo sapere se Lei ha accertato, se le risulta per la sua esperienza professionale, per le sue conoscenze oniriche, per quello che vuole, se ci sono società di calcio che hanno a disposizione televisioni, trasmissioni...
Auricchio: Questo sicuramente non mi risulta. Mi risulta evidentemente che ci sono delle TV locali, ma questo lo posso dire, che fanno dei programmi sportivi serali che sono vicini all'atteggiamento dei tifosi. Non che società di calcio controllino...
Avv. Prioreschi: Lei ha mai sentito parlare di Mediaset, del Milan, di chi è il padrone del Milan..
Auricchio: Certamente, però non mi risulta che la società di calcio controlli questo...
Avv. Prioreschi: Le risulta che Tronchetti Provera sia socio in alcune emittenti?
Auricchio: Non mi risulta, insomma.
Dunque di fronte alla portaerei (tuttora in servizio attivo combattente) Mediaset e di tutte le altre flotte assortite, Moggi combatteva, armato di una fionda, da un canotto di salvataggio. Sì, perché il Processo del lunedì era un programma essenzialmente folkloristico, sul piano puramente sportivo, con tutte le sue invenzioni, puri giochetti fini a se stessi e senza nessuna ricaduta sul destino professionale di chicchessia. Tanto per fare un esempio, la patente a punti, uno dei cavalli di battaglia di Auricchio, è solo un espediente di Biscardi per vivacizzare il suo bar Sport, nulla più. Come lo stesso Auricchio, sempre incalzato da Prioreschi nell'udienza del 23 marzo 2010, ha dovuto sostanzialmente ammettere: 
Avv. Prioreschi: Lei ha accertato se a Paparesta… ammesso, e non concesso, che si possa ritirare la patente come quella di guida ad un arbitro… non so… Lei ha accertato poi se a Paparesta, tra virgolette, era stata ritirata la patente, o se quella di Moggi era solo una battuta che diceva al telefono?
Auricchio: Sì, hanno applicato… nella classifica che fa Baldas, diciamo… questa è la domanda… nella classifica che fa nel programma…
Avv. Prioreschi: In sostanza, se la FIGC gli ha applicato…
Auricchio: No, ma ritirare la patente era in relazione a Baldas.
Appunto, solo un giochino, che non attentava alle sorti professionali di Paparesta.
Ben più tragico il tabellone di Farsopoli, che ha distrutto carriere, vite e stava per distruggere anche la Juventus.
Che poi, se vogliamo ben vedere, se veramente fosse esistita quell'associazione a delinquere che vedeva tra i suoi organizzatori anche Bergamo e Pairetto,  Moggi non avrebbe avuto bisogno né di Baldas né di Biscardi per orientare l'opinione pubblica  e legittimare le carriere dei fischietti fidi e di quelli infidi: i due designatori infatti tenevano settimanalmente, ogni lunedì, dal settembre 2004, quindi dall'inizio della stagione incriminata, una loro rubrica, dedicata specificatamente alla moviola, sulla rosea gazzetta, durante la direzione di Pietro Calabrese (e in una telefonata intercettata, con interlocutori proprio Bergamo e Pairetto, i due attribuiscono tale scelta a Carraro; quando invece Moggi, in una telefonata con Mazzini, invece di rallegrarsi per l'arma messa a sua disposizione, dichiara tutta la sua contrarietà alla cosa).
E, caso strano, gli inquirenti, che della rosea avevano fatto la loro bibbia, non portano nessuno di questi articoli come testimonianza dell'attività di manipolazione mediatica da parte del sistema Moggi.
La realtà era ben diversa: la Juventus era mediaticamente accerchiata, come ben emerge dalla telefonata tra Moggi e Tosatti ("combatti contro il mondo, ci devi sempre mettere la faccia", "tutti addosso", "fanno di tutto per distruggere la Juventus e la società", son le parole di Moggi), dove viene bene evidenziato come pure 'La Stampa' vada contro la Juve (con Ansaldo "feroce", che "vi deve odiare proprio, ma che gli avete fatto?!", parole di Tosatti).
Moggi difendeva il fortino sul versante mediatico, esattamente come si difendeva sul mercato dallo spionaggio industriale made in Inter-Telecom-Pirelli.
Moggi difendeva il suo lavoro; e difendeva la Juve, orfana dell'Avvocato e del Dottore. Queste le sue uniche colpe. Poteri forti e 'sistemi', 'cupole' stavano altrove. Sappiamo dove: Milano, Roma e, perché no, Torino.


Carmen Vanetti 

Twitter: @JuveGrandeAmor

Facebook: Gruppo FINO ALLA FINE..... JUVENTUS

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