Il sistema Moggi, vittima e non padrone dei media
In un certo senso legato al discorso delle carriere arbitrali è il focus
sulla tutela mediatica dei direttori di gara.
Le motivazioni del secondo grado mettono infatti l'accento sulla
"peculiare capacità del Moggi" di imporre, anche ai
designatori arbitrali, "proprie valutazioni su persone e situazioni
(come nel caso delle trasmissioni televisive soprattutto valutative sulla
condotta dei singoli arbitri), coinvolgendoli così strettamente nella
struttura associativa mediante anche l'uso di uno strumento privilegiato di
comunicazione".
Che altro non è che un revival delle informative di Auricchio (in questo
caso quella dell'aprile 2005) perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, a
Napoli da lì non ci si è mossi: qualunque cosa è stata fatta emergere e dal
lavoro del pool di Moggi e dal dibattimento (che sarebbe dovuto essere il
fondamento delle sentenze) non è stata minimamente preso in
considerazione.
Ma ritorniamo all'informativa in questione: "La tutela dei 'fischietti
fidi' - che conferma ancora ulteriormente la loro connivenza - viene poi
assicurata anche attraverso l’assoluzione dal giudizio del 'Processo di
Biscardi', quando sfacciati errori commessi nel corso delle direzioni di gara
possono dare adito ad eccessivi sospetti suscettibili di minare il risultato
raggiunto". E ancora: "Il vantaggio ricavato dagli arbitri per la loro
contiguità risulta essere parimenti la garanzia di giungere ai massimi livelli
di carriera e soprattutto di restare sempre in auge, il che consente loro di
arbitrare gli incontri dei campionati della massima serie, di diventare arbitri
internazionali con tutti i profitti derivanti sia in termini di visibilità che
in quelli di guadagni economici".
Come si vede, nonostante tutto, dopo otto anni la canzone rimane la
stessa.
Dunque è il Processo di Biscardi l'arma letale attraverso la quale si
concretizza la manipolazione dei media da parte di Luciano Moggi, perché vengano
sottaciuti gli errori a favore della Juve e vengano invece enfatizzati quelli a
favore delle altre squadre. Così i fischietti fidi, una volta protetti e
tutelati nei confronti dell'opinione pubblica, avrebbero potuto continuare,
secondo il teorema auricchiano, a favorire la Juve, senza mettere a disagio i
designatori.
Proprio l'episodio citato nella scorsa puntata (quello relativo a
Paparesta) in realtà comprova che l'efficacia della presunta potenza di fuoco
mediatica di Moggi in rapporto ai designatori e alle carriere arbitrali era
assolutamente ininfluente: Paparesta, protagonista di quella Reggina-Juventus
segnata dai grandi errori anti-Juve, tornò in pista in men che non si dica,
mentre pagò a caro prezzo Racalbuto, crocifisso dai media, capeggiati dalle
caciarose e infamanti radio romane (che hanno dato esatta prova del loro
squallore anche in questo campionato), accusato solo degli errori pro-Juve,
tralasciando quelli pro-Roma, riconosciuti dalla stessa Gazzetta, la Bibbia di
Auricchio: "Pisacreta disattento: Cannavaro in fuorigioco, viziata anche
l'azione del 2-1. Un rigore regalato e uno negato alla Juve. Ibrahimovic, il gol
era regolare", pezzo
di Olivero dal quale si desumono due (anzi uno e mezzo in realtà) errori pro
Juve e quattro pro Roma; senza contare il pugno di Cufrè a Del Piero
universalmente ignorato; per non parlare del solito ambiente condizionante
anti-Juve che i bianconeri trovarono a Roma, desumibile e dai continui
aggiornamenti sull'ordine pubblico emessi a getto continuo dall'Ansa e dalla
telefonata tra Moggi e Paradiso, ispettore capo, romanista, in forza alla Digos
di Torino; per non parlare del colloquio telefonico (nell'informativa
dell'aprile 2005) tra Bergamo e Carraro, col designatore che parlava di un
Racalbuto "arrivato in campo in condizioni proibitive... perché l’hanno
delegittimato già dal giorno avanti!" (il titolo della Gazzetta era stato "Fischia
il portafortuna della Juve" ).
Ma, tornando ai media, la stessa scelta del processo di Biscardi come
strumento di pressione mediatica non sarebbe stata una gran scelta.
Come si desume, per non dimenticare, dalla deposizione di Auricchio del 23
marzo 2010, un teste inequivocabilmente traccheggiante sotto i colpi dell'esame
dell'avvocato Prioreschi.
Avv Prioreschi: Sa qual era il... lo share... si chiama così... del
Processo del lunedì di Biscardi?
Auricchio: L'abbiamo verificato. Lo share era intorno al milione... tra
i 700.000 e 1.200.000 contatti
Avv Prioreschi:Benissimo.
Auricchio: E comunque in una serata del lunedì sera, in una televisione
minore..
Avv. Prioreschi: Veniva trasmesso su quale emittente, scusi?
Auricchio: La 7.
Avv. Prioreschi: All'epoca La7 aveva una copertura
nazionale?
Auricchio: Beh, credo di sì.
Avv. Prioreschi: Io a casa mia non la prendo.
Auricchio: La7 è un'emittente nazionale.
Avv. Prioreschi: Sì, però..
Auricchio: Anche la Rai a casa di qualcuno non si prende, quindi voglio
dire insomma...
Avv. Prioreschi: Lo sa meglio di me... non aveva copertura
nazionale
Auricchio: No, è un'emittente nazionale...
Avv. Prioreschi: Le risulta che altre società di calcio avessero, per
così dire, a disposizione altre televisioni, trasmissioni, canali
televisivi?
Auricchio: Su Tv private, sicuramente sì.
Avv. Prioreschi: Cioè?
Auricchio: Credo. Tv private, insomma.
[....]
Avv. Prioreschi: Vogliamo sapere se Lei ha accertato, se le risulta per
la sua esperienza professionale, per le sue conoscenze oniriche, per quello che
vuole, se ci sono società di calcio che hanno a disposizione televisioni,
trasmissioni...
Auricchio: Questo sicuramente non mi risulta. Mi risulta evidentemente
che ci sono delle TV locali, ma questo lo posso dire, che fanno dei programmi
sportivi serali che sono vicini all'atteggiamento dei tifosi. Non che società di
calcio controllino...
Avv. Prioreschi: Lei ha mai sentito parlare di Mediaset, del Milan, di
chi è il padrone del Milan..
Auricchio: Certamente, però non mi risulta che la società di calcio
controlli questo...
Avv. Prioreschi: Le risulta che Tronchetti Provera sia socio in alcune
emittenti?
Auricchio: Non mi risulta, insomma.
Dunque di fronte alla portaerei (tuttora in servizio attivo combattente)
Mediaset e di tutte le altre flotte assortite, Moggi combatteva, armato di una
fionda, da un canotto di salvataggio. Sì, perché il Processo del lunedì era un
programma essenzialmente folkloristico, sul piano puramente sportivo, con tutte
le sue invenzioni, puri giochetti fini a se stessi e senza nessuna ricaduta sul
destino professionale di chicchessia. Tanto per fare un esempio, la patente a
punti, uno dei cavalli di battaglia di Auricchio, è solo un espediente di
Biscardi per vivacizzare il suo bar Sport, nulla più. Come lo stesso Auricchio,
sempre incalzato da Prioreschi nell'udienza del 23 marzo 2010, ha dovuto
sostanzialmente ammettere:
Avv. Prioreschi: Lei ha accertato se a Paparesta… ammesso, e non
concesso, che si possa ritirare la patente come quella di guida ad un arbitro…
non so… Lei ha accertato poi se a Paparesta, tra virgolette, era stata ritirata
la patente, o se quella di Moggi era solo una battuta che diceva al
telefono?
Auricchio: Sì, hanno applicato… nella classifica che fa Baldas,
diciamo… questa è la domanda… nella classifica che fa nel programma…
Avv. Prioreschi: In sostanza, se la FIGC gli ha applicato…
Auricchio: No, ma ritirare la patente era in relazione a
Baldas.
Appunto, solo un giochino, che non attentava alle sorti professionali
di Paparesta.
Ben più tragico il tabellone di Farsopoli, che ha distrutto carriere,
vite e stava per distruggere anche la Juventus.
Che poi, se vogliamo ben vedere, se veramente fosse esistita
quell'associazione a delinquere che vedeva tra i suoi organizzatori anche
Bergamo e Pairetto, Moggi non avrebbe avuto bisogno né di Baldas né di Biscardi
per orientare l'opinione pubblica e legittimare le carriere dei fischietti fidi
e di quelli infidi: i due designatori infatti tenevano settimanalmente, ogni
lunedì, dal settembre 2004, quindi dall'inizio della stagione incriminata, una
loro rubrica, dedicata specificatamente alla moviola, sulla rosea gazzetta,
durante la direzione di Pietro Calabrese (e in una telefonata intercettata, con
interlocutori proprio Bergamo e Pairetto, i due attribuiscono tale scelta a
Carraro; quando invece Moggi, in una telefonata con Mazzini, invece di
rallegrarsi per l'arma messa a sua disposizione, dichiara tutta la sua
contrarietà alla cosa).
E, caso strano, gli inquirenti, che della rosea avevano fatto la loro
bibbia, non portano nessuno di questi articoli come testimonianza dell'attività
di manipolazione mediatica da parte del sistema Moggi.
La realtà era ben diversa: la Juventus era mediaticamente accerchiata, come
ben emerge dalla telefonata tra Moggi e
Tosatti ("combatti contro il mondo, ci devi sempre mettere la faccia",
"tutti addosso", "fanno di tutto per distruggere la Juventus e la società", son
le parole di Moggi), dove viene bene evidenziato come pure 'La Stampa' vada
contro la Juve (con Ansaldo "feroce", che "vi deve odiare proprio, ma che gli
avete fatto?!", parole di Tosatti).
Moggi difendeva il fortino sul versante mediatico, esattamente come si
difendeva sul mercato dallo spionaggio industriale made in
Inter-Telecom-Pirelli.
Moggi difendeva il suo lavoro; e difendeva la Juve, orfana dell'Avvocato e
del Dottore. Queste le sue uniche colpe. Poteri forti e 'sistemi', 'cupole'
stavano altrove. Sappiamo dove: Milano, Roma e, perché no, Torino.
Carmen Vanetti
Twitter: @JuveGrandeAmor
Facebook: Gruppo FINO ALLA FINE..... JUVENTUS
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