mercoledì 2 luglio 2014

ABETE, MA... NON CONOSCE VERGOGNA?





"Ho ricevuto critiche, nel post-Calciopoli, da parte di persone che sono plurigiudicati e pluricondannati da parte della giustizia ordinaria e della giustizia sportiva; e come disse Mazzini (che non è l'Innocenzo con cui ciarlava al telefono vomitando bacchettate a  Rosetti che aveva rischiato di compromettere l'operazione 'salvataggio della Fiorentina', ndr) 'Due gioie concesse Iddio ai mortali in questo mondo: il plauso dei buoni, e la bestemmia dei tristi!', non posso naturalmente che essere orgoglioso e onorato di concludere il mio mandato di presidente della Federazione, voglio dire, con le insolenze che mi ha riservato in questi anni un plurigiudicato e un pluricondannato da parte della giustizia ordinaria e della giustizia sportiva".

Così Giancarlo Abete ai microfoni di Raisport 1: qui il video dell'intervista.
A parte i voli pindarici nei paragoni (a un certo punto si è equiparato pure a Gandhi: 'la non violenza è il primo articolo della mia fede', quasi che non vi sia un tipo di violenza più sotterranea di quella manifesta, una violenza strisciante, che uccide le persone, più che i loro corpi), è chiaro il riferimento ai recenti articoli di Luciano Moggi, che altro, da anni, non fa che esprimere concetti, idee ed opinioni (non una serie di 'voglio dire' che nulla trasmettono se non vuoto di pensiero) comuni a quanti come noi hanno a cuore verità, giustizia e, naturalmente, le sorti del più bel gioco del mondo.
Fossimo in Giancarlo Abete, crediamo ci vergogneremmo profondamente nel difendere l'operato della giustizia del circolo della caccia del 2006, allorché lui si era messo al riparo in terra tedesca a pavoneggiarsi dei successi di una Nazionale per buona parte frutto del lavoro di Moggi che con quei giocatori, e non in segreteria, aveva vinto due campionati; parimenti ci vergogneremmo di quel che poi la stessa giustizia domestica, sotto la sua egida, aveva saputo combinare dopo, una volta che le prove del misfatto farsopolaro era diventate di pubblico dominio.

Le condanne della giustizia sportiva le conosciamo tutte: sopravvenute non per illeciti, ma per adesione al sentimento popolare (e mica lo diciamo noi, eh, sono parole, uno dei componenti della Corte di Giustizia Federale); compiuto questo sforzo sovrumano, la giustizia domestica del circolo della caccia si era addormentata giusto nel momento in cui avrebbe dovuto prendere posizione sugli illeciti nerazzurri, fino a lasciar intervenire la salvifica prescrizione; a questo punto però l'etica tanto sbandierata avrebbe voluto che lo scudetto di merda e cartone volasse subito via: e invece no, ecco spuntare l'incompetenza, a tutti i livelli della giustizia sportiva, salvo poi tutti, guidati dal prode Petrucci (quello che 'se vince sempre la stessa squadra il pubblico si allontana')  a starnazzare sul doping legale quando la parte lesa si era rivolta alla giustizia ordinaria.
E al plurigiudicato/pluricondannato come spiega la diversa sorte degli analoghi procedimenti a carico di Preziosi e Sabatini? Il primo, che aveva sul gobbo due condanne a cinque anni con proposta di radiazione (illecito relativo alla partita Genoa-Venezia e fallimento del Como) ha stipulato un lodo con la Figc, subito secretato, in barba a qualsiasi principio di trasparenza; il secondo è stato squalificato a vita (violazioni relative al mercato dei giovani calciatori), radiato e poi riabilitato solo a causa di problemi burocratici, a  motivo "dell’irragionevolezza del tempo trascor­so tra la comunicazione della squalifica e la ratifica della radiazione" (erano trascorsi 38 mesi dalla squalifica alla radiazione); per Moggi, guarda caso, di anni ne erano trascorsi ben cinque; ma non fu rinvenuto nulla di irragionevole...
E la giustizia ordinaria non ha ancora concluso il suo percorso; tuttavia,  con tutti gli errori e le omissioni di cui è stata capace (basta leggere le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado), è riuscita a strappare solo un 'al limite della sussistenza del reato di tentativo' in un campionato assolutamente regolare.
Altrettanto non si può dire per il suo vice Tavecchio, le cui condanne sono definitive ma non gli hanno precluso una solida carriera da burocrate dell'apparato come poltronista; ed ora nel suo mirino c'è la poltrona più alta a livello federale.

Le parole che Luciano Moggi ha scritto su di Lei non sono altro che la pura e sacrosanta verità, ALTRO CHE INSOLENZE.
Leggiamo quelle più recenti:
"Due eliminazioni al primo turno, caro Abete, sono troppe, il calcio italiano non merita queste delusioni, noi abbiamo sempre sostenuto che Lei non era in grado di condurre una macchina complessa come in effetti è una Nazionale di calcio, nella circostanza calza a pennello il detto che il pesce puzza dalla testa. Siamo perciò felici, come pensiamo quasi tutti gli italiani, che Lei finalmente se ne vada perché sotto la Sua presidenza il nostro calcio ha toccato i minimi storici, il 2006 non lo riguarda, riguarda molto più da vicino le persone che Lei ha voluto far fuori con la farsa di Calciopoli; riguarda una società che si è vista togliere due scudetti senza motivo, i campionati erano regolari e Lei lo sa benissimo, visto che così recitano le sentenze sportive, l’ordinaria di primo e secondo grado; riguarda il desiderio di togliere di mezzo chi poteva togliere a Lei il posto di presidente, per sapienza calcistica che Lei non ha e per aver dato dimostrazione di sapere ottimizzare molto meglio di Lei i budget economici da coniugare con i risultati sportivi: Giraudo per esempio".
Tutto da sottoscrivere col sangue.
Se per Lei queste sono insolenze siamo ben lieti di prendere anche su di noi questo epiteto. E di ricambiarlo.

Carmen Vanetti
Facebook: Gruppo FINO ALLA FINE... JUVENTUS
Twitter: @JuveGrandeAmor

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