domenica 20 luglio 2014

DALLI A CONTE!




Dalli a Conte! E' un po' il grido che sta cominciando a serpeggiare in una parte della tifoseria Juventina che rivede nel suo addio volontario, e con questa tempistica, un attentato alla prossima stagione bianconera.
In realtà la responsabilità della tempistica è ampiamente condivisa con la dirigenza bianconera, che già a maggio avrebbe dovuto rendersi conto che non c'era nel tecnico la volontà di proseguire il rapporto: i segnali del malessere erano già evidenti e davvero non si capisce cosa abbia impedito alla Società di far chiarezza.
E adesso la situazione creatasi, certo non facile, e in più l'arrivo di un Allegri sinora personaggio assai poco gradito ai tifosi bianconeri (ed ora dovranno farselo piacere, e ci stanno provando, per amore della loro Vecchia Signora), han portato i tifosi stessi a vedere in Antonio l'untore di manzoniana memoria, che ha appestato un'atmosfera che i tre scudetti consecutivi avevano riportato al primitivo splendore dopo i tormenti di Farsopoli. Diceria che l'ambiente societario e dintorni non fa nulla per svelenire; anzi, c'è tutta una corte dei miracoli, in questi casi non manca mai, pronta a salire sul carro superstite, riversando contumelie sovente offensive su chi ha lasciato; direi... ha avuto il coraggio di lasciare un ambiente in cui non si sentiva più a suo agio; e una squadra che aveva preso nelle condizioni che ricordiamo (reduce da due settimi posti) e ha riconsegnato vincente e in ottima salute, in un Paese dove è mala prassi fare i propri porci comodi e lasciare macerie dietro di sé.
Le obiezioni sul momento sbagliato lasciano il tempo che trovano, visto che appunto già a maggio il tecnico si era reso conto di quanto fosse per lui difficile continuare questo tipo di percorso; ma da entrambe le parti era mancato il coraggio di dare da subito un taglio netto.
Lasciano il tempo che trovano anche le illazioni sul fatto che lui si fosse già trovato un'altra squadra, il Milan nella fattispecie; può essere che sia stato contattato, come no (anche Moggi, all'epoca, fu allettato sia da Inter che da Milan nei suoi tempi bianconeri); ma i fatti dicono che a trovarsi scoperto in questo momento è proprio Antonio (che a maggio poteva avere qualche opportunità), mentre la soluzione Allegri dà tutta l'impressione che sonnecchiasse già nel cassetto di casa Juve, pronta ad essere estratta dal cilindro in caso di necessità.

Cosa è successo?
Che nell'avventura di Conte alla Juve, una magnifica cavalcata durata tre anni vissuti al massimo, si è rotto qualcosa.
Ad un certo punto, un anno fa, sono affiorate delle crepe, con un tecnico che vedeva, appena un po' più in là, la possibilità di fare il salto di qualità; un tecnico che avrebbe voluto essere più protagonista in certe scelte, soprattutto di mercato, perché la Juve che aveva in mente lui, quella che in Europa, il suo grande sogno e cruccio, e insieme la sua grande delusione, avrebbe potuto battersi guardando le grandi negli occhi, non era l'obiettivo condiviso con un management che per qualche anno ancora, quanti non si sa, era disposto ad accontentarsi di primeggiare in Italia; e una Juve col solo orizzonte italiano, oltretutto, rischiava di perdere anche i big che aveva in rosa, visto lo strapotere economico delle big europee che, Fair Play Finanziario o non Fair Play Finanziario, sono protagoniste di un mercato persin drogato.

Il progetto, ambizioso, molto ambizioso, di Conte sarebbe stato quello di rivestire un ruolo più ampio, sul modello inglese, quello dei Ferguson: certo, per gradi, con un progressivo arricchimento delle sue competenze; lo stesso Marotta, già a marzo, si era lanciato in un "Sono favorevole a questo tipo di profilo, in Italia non c’è, ma spesso alla Juve siamo stati primi in tante cose. Non ne abbiamo parlato ma Conte ha una forte juventinità e credo possa ritagliarsi uno spazio importante". Ma la juventinità di Conte (che adesso qualcuno vuol pure mettere in dubbio) non è stata sufficiente ad aprirgli questi spazi; la Juve, prima in tante cose, stavolta non ha saputo, probabilmente voluto, esserlo, stringendo le ambizioni del tecnico in una morsa che ha finito per stritolarne la serenità, condizione indispensabile per affrontare, col coltello tra i denti, una nuova impegnativa stagione, con la consapevolezza di avere nella testa una Juve troppo diversa da quella che gli si veniva preparando.
Al di là del rispetto interpersonale, non c'era vera sintonia tra Conte e  Marotta a livello gestionale, con il primo volto a realizzare, o per lo meno ad avvicinarsi a, un sogno sportivo, e il secondo impegnato ad ammonticchiare  e sognare plusvalenze (che però mica possono scendere in campo, poi).
E naturalmente è il club che guida le danze. Non può essere diversamente.

Per andare sul sicuro ora alla Juve hanno scelto uno yes man, un aziendalista; certo, Marotta ora potrà fare e disfare la rosa a suo piacimento senza il rovello Conte alle calcagna. Poi però sarà il campo a dire se sarà stata la soluzione giusta.
Se i risultati saranno inferiori a quelli ottenuti da Conte (anzi, in realtà dovrebbero venir migliorati, visto che si lavora sempre nell'ottica della crescita e del miglioramento, Conte o non Conte) allora anche il presidente Agnelli e la proprietà (ammesso che ci si possa ancora aspettare qualcosa da una proprietà che nel 2006 ha affossato la sua dirigenza vincente) dovranno seriamente interrogarsi se la strategia seguita (a prescindere da Conte, sia chiaro) sia quella giusta; perché un dirigente non può sfoggiare all'occhiello solo qualche buon colpo messo a segno (quelli che i neo-fans di Marotta vantano in questi momenti), ma va giudicato sui risultati complessivi del suo lavoro, risponde delle sue scelte e degli esiti, che in questo caso dovranno essere sul duplice versante, economico e sportivo, perché la Juventus non è solo un asset o una S.pA, ma è una squadra di calcio, oggetto dell'amore dei suoi tifosi, che  non credo si accontenteranno di avere una Società coi bilanci in ordine  e pazienza se poi non si vince niente.
A richiamare tutti all'ordine sarà dunque il campo, perché un'eventuale perdita di competitività rischierà di azzerare i vantaggi anche economici (in termini di sponsorizzazioni, per esempio) faticosamente ri-conquistati in questi ultimi tre anni.

E per questo occorrerà aspettare che sia quel galantuomo del tempo a dare le risposte giuste.
Perché vincere non è importante, è l'unica cosa che conta.
Mai dimenticarlo!
Buon lavoro dunque ad Allegri; lo attendono traguardi esaltanti: scudetto, Supercoppa e un buon percorso in Champions (che non significa vincerla, cosa che non rientra nemmeno nei piani societari, al momento).


Carmen Vanetti
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Twitter: @JuveGrandeAmor

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