lunedì 21 luglio 2014

L’UNICA COSA CHE CONTA




Sulle maglie della Juventus nella stagione 2012/2013, nel risvolto del colletto, era scritta la frase di Giampiero Boniperti “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, questa frase dovrebbe essere un dogma per la Juventus, indipendentemente dai protagonisti del momento; la Juventus deve prescindere dalle persone ma non può e non deve prescindere da questo dogma bonipertiano.
Dai tempi del il binomio Gianni Agnelli-Giampiero Boniperti sono cambiate molte cose, sono passate molte persone: dirigenti, allenatori, giocatori e Presidenti; alcuni hanno lasciato il segno, altri sono state delle meteore, altri ancora hanno fatto  danni. In questi anni abbiamo visto ed apprezzato la Juventus della Triade e abbiamo sofferto e criticato la Juventus di Cobolli e Blanc per ritornare a gioire per la Juventus di Andrea Agnelli e Antonio Conte; oggi che anche questo ciclo è finito ancora una volta rimane sempre e comunque la Juventus, con la sua storia e i suoi valori, la Juventus che è leggenda e patrimonio del Calcio non solo Italiano ma mondiale.

In questo momento di cambiamento, io credo che la prima cosa che la Dirigenza Bianconera dovrebbe tener ben presente è la frase dogmatica di Boniperti:  “ Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” una frase che dovrebbe essere stata usata per dare il benvenuto a Massimiliano Allegri e che dovrebbe essere scolpita a fuoco negli spogliatoi di Vinovo, una frase che deve andare al di là del semplice contesto sportivo, perché il calcio di oggi è un fenomeno mediatico e commerciale che si nutre del risultato sportivo per generare utili.

Tralasciamo per un attimo la Juventus, tralasciamo per un attimo il povero calcio italiano e diamo un'occhiata a quel ristretto Circolo di Grandi Clubs Europei ai quali la Juventus dovrebbe appartenere e dei quali la Juventus dovrebbe seguire l’esempio. In primo luogo Real Madrid, Manchester Un’d, Bayern Monaco, Barcellona si sono dati un'organizzazione societaria orientata a quello che è il nuovo scenario del calcio mondiale. I così detti Top Clubs hanno una visibilità planetaria dovuta  alle vittorie sportive: arrivare alle semifinali di Champions League significa catalizzare l’interesse degli appassionati non solo in Europa ma nel mondo intero; questa visibilità comporta poter concludere contratti vantaggiosi con gli sponsor, un esempio su tutti è il contratto che ha siglato il Manchester Un’d con Adidas, un contatto da 941 milioni per dieci anni, mentre la Juventus, che già pareva avesse strappato un super contratto, si deve accontentare di 139.5 milioni per sei anni. Non bastasse questo esempio basta pensare alle quote dei contratti pubblicitari che gli sponsor di Messi e Cristiano Ronaldo versano nelle casse di Barcellona e Real Madrid o agli introiti che assicura Alianz al Bayern per legare il suo brand a quello della Società Bavarese. Questi sono solo esempi di come il Calcio sia cambiato e di come sia in continua trasformazione per vincere il challenge che sposa i risultati sportivi a quelli finanziari. È vero che gli indebitamenti dei Clubs più importanti sono alti ma è altrettanto vero che i rapporti tra entrate e uscite permettono di mantenere una ratio favorevole. Gli esempi vincenti non sono le Società come il PSG dove c’è un “Padrone” Arabo che spende in maniera spropositata per il suo “giocattolo” perché non è una formula vincente, non è vincente perché non è coerente con quelle che sono le peculiarità di questo sport, ma soprattutto perché in un Club come il PSG non è l’eccellenza che conta, in quanto la disponibilità finanziaria del suo proprietario non è di stimolo ai managers.    
Vincere è l’unica cosa che conta appunto, perché vincendo aumentano le entrate e soprattutto aumentano a dismisura le possibilità di fare investimenti, in questo mondo globalizzato vincere a livello nazionale è diventato riduttivo, si deve vincere a livello Europeo (l’Europa è il top a livello mondiale per il calcio) per poter aumentare gli introiti. Il nostro povero calcio Italiano, è inutile nasconderlo, nel contesto internazionale è un calcio di “provincia”, un calcio che attira gli sponsor per quello che vale, un calcio da cui i calciatori migliori se ne vanno, attratti dai club stranieri che, oltre a garantir loro ingaggi più alti, garantiscono maggior visibilità e possibilità di contratti pubblicitari più ricchi. È riduttiv,o e molto Italiota, dire che in Italia non vengono gli Sceicchi, perché non è questa la cura.

La Juventus deve ripartire appunto dal dogma Bonipertiano "Vincere non è importante è l’unica cosa che conta” perché è l’unica strada percorribile, ma per percorrere questa strada prima di tutto servono gli uomini giusti,  professionisti che hanno esperienza nel business dello sport, l’era dei presidenti padroni deve finire, l’era dei dirigenti “timidi” non ha futuro. Fino al 2006 la Juventus era l’esempio da seguire, oggi è diventata una balia secca che fa crescere i campioni per il Clubs “ricchi”.
Che la Juventus sia la Juventus a prescindere dagli uomini è una sacrosanta verità; partendo appunto da questo assioma io credo che in questo momento la Juventus dovrebbe fermarsi e riflettere, riflettere su tutto quello che si è perso per strada dal 2006 ad oggi, riflettere sugli errori fatti ai tempi della New Holland, riflettere se ci sono gli uomini giusti per colmare il famoso “gap”, ma soprattutto riflettere sull’esempio che sono stati per calcio italiano internazionale   uomini come Boniperti, Giraudo, Moggi per non parlare di Gianni e Umberto Agnelli; è vero la Juventus esiste e prescinde dalle persone però, se si perde la memoria storica, si è destinati al fallimento, la memoria storica serve per evitare di ripetere gli errori ma soprattutto serve per non sprecare il patrimonio di cose positive che sono state fatte nel passato.

La Juventus non la si discute, la si ama, però quando si ama qualche cosa si deve avere il coraggio di criticarla, in maniera costruttiva altrimenti si corre il rischio di cadere nell’indifferenza e l’indifferenza è il peggiore dei sentimenti.

La Juventus è stata un esempio per il mio Man­chester United. Facevo vedere ai miei giocatori le videocas­sette della squadra di Lippi e dicevo: non guardate la tatti­ca o la tecnica, quella ce l'ab­biamo anche noi, voi dovete imparare ad avere quella vo­glia di vincereCit. Sir Alex Ferguson

Massimo Sottosanti

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