giovedì 17 luglio 2014

STILE JUVENTUS



La vicenda Conte, con il passare dei giorni, assume connotati più chiari; dopo lo choc del primo momento, a bocce ferme è possibile fare un analisi più pacata sulla vicenda, una vicenda che non offre molti elementi di analisi perché, nonostante sia quello che si legge in questi giorni  sui social network che quello che passa attraverso i media convenzionali non sono altro che interpretazioni, indiscrezioni di seconda mano o semplicemente dare fiato ai tromboni per aggraziarsi la parte che, in questo momento, pare essere la più forte. La verità è che chi sa non parla perché ci sono delle clausole, delle regole e degli interessi che vanno tutelati; come in tutti questi casi la discrezione e la consegna del silenzio, grazie a Dio, sono d’obbligo.
Partirei proprio dal concetto di discrezione e del silenzio, perché la vicenda Conte ha fatto tanto, troppo rumore che mal si addice a quello che un tempo era lo “Stile Juventus”. Dopo il divorzio ufficialmente “consensuale” tra Conte e la Juventus la prima reazione è stata quella di demonizzare Antonio Conte, trattato da traditore, mercenario, vigliacco e anche peggio; già questo esula dallo “stile Juventus” che mai ha messo alla berlina un suo ex dipendente, i meno giovani sicuramente ricorderanno come Italo Allodi fu “licenziato” dall’Avvocato Agnelli dalla sera al mattino senza dare motivo a nessuno di crocifiggere né Allodi né tanto meno la Juventus. Altri tempi, non c’erano i social network, il calcio non era così show business: semplicemente un modo di operare diverso, dove i panni sporchi si lavavano veramente in “famiglia” e dove c’era rispetto delle parti; senza andare tanto indietro nei tempi non posso che apprezzare come la “Triade” gestiva gli affari interni alla Società.

Ma andiamo con ordine: il rapporto tra la Juventus e Antonio Conte ha iniziato logorarsi nel maggio del 2013 dopo la vittoria del secondo scudetto e l’eliminazione ai quarti di finale della Champions. Ricorderete la frase di Beppe Marotta, dopo che Conte aveva evidenziato il gap che c’era tra la Juventus e i Top Team europei; Marotta disse che ancora per qualche anno la Juventus competerà solo per la vittoria dello scudetto, per vincere in Europa si dovrà aspettare ancora un po’ una dichiarazione che lasciò perplesso il popolo Juventino che dopo i quarti di Champions si aspettava qualche cosa di più; però anche una dichiarazione “incauta”, un'ammissione di “debolezza” non solo finanziaria, giammai dalla  bocca di Luciano Moggi sarebbe uscita una dichiarazione del genere, né tanto meno Giraudo avrebbe avallato una “debolezza” finanziaria.  Ma quella dichiarazione, oltre che ad essere incauta all’esterno, ha sicuramente suscitato un certo malcontento di Conte, il quale non ha mai fatto mistero del suo sogno europeo, che sarebbe stato perfetto se si fosse coronato con la Juventus.

Un anno di segnali, di esternazioni di Conte che la Società non ha saputo arginare, nessuno nella Dirigenza bianconera ha saputo consigliare per il meglio Antonio Conte, nessuno ha saputo prevenire mettendoci la faccia e spostando fuori dal centro della scenab quel tanto che bastavab l’allenatore esternatore, per evitare che potesse dire cose poco gradite. Ai tempi di Moggi e Giraudo la Società era attentissima a quello che ogni suo dipendente diceva, questo valeva da Giraudo al magazziniere. Mai Moggi o Giraudo avrebbero permesso che si arrivasse ai livelli di esternazione a cui è arrivato Conte, Moggi avrebbe chiarito, da subito, con Conte, nelle sedi opportune come, quando e cosa poteva dire e quello che doveva rimanere rinchiuso nelle quattro mura di Corso Galfer. Perché Beppe Marotta, Andrea Agnelli o Pavel Nedved non sono intervenuti in prima persona per rimettere ordine nelle cose, che a Conte piaccia essere protagonista non ci piove, però nessuno gli ha mai recapitato un messaggio “forte e chiaro” che la Juventus non è né il Siena né il Bari (con tutto il rispetto per Siena e Bari); quello che mi stupisce è che chetare un dipendente troppo esuberante è ordinaria amministrazione per qualsiasi manager in qualsiasi contesto, dallo sport alle banche, dall’industria ai servizi.

A mio avviso, il punto cruciale non è tanto se abbia ragione Conte o la Juventus, non ricercare delle cause che alla fine sono abbastanza evidenti, ossia che il rapporto tra Conte e la Juventus era arrivato al capolinea; certo dispiace nessuno lo avrebbe mai voluto, e andare avanti da “separati in casa” o lanciandosi frecciate gli uni con gli altri non serviva a nessuno, quindi adesso abbiamo preso atto di quello che su supponeva, non sapremo mai i veri motivi, su questo mettiamoci il cuore in pace.

Quello che lascia perplessi è come sia stata gestita tutta la faccenda, lascia perplessi come la Juventus abbia temporeggiato quando ormai è chiaro che già a maggio non ci fossero più i presupposti per continuare con Conte, lascia perplessi il modo in cui è stata gestita la comunicazione, quasi a voler punire Conte di tutte le dichiarazione fatte negli ultimi mesi mettendolo davanti ad una telecamera solo quasi a volerlo obbligare ad assumersi tutte le responsabilità. Ecco questo è lontano anni luce dallo “Stile Juventus” è distante anni luce da come si gestivano le cose prima del 2006.

La forza della Juventus è sempre stata quella di essere una scatola ermetica, impermeabile all’esterno, impermeabile ai media, ai tifosi e soprattutto lontana da qualsiasi tipo di polemica, di toni troppo alti o critiche interne. Certo anche Moggi e Giraudo hanno avuto le loro gatte da pelare, anche loro hanno dovuto affrontare momenti difficili nelle relazioni tra la Dirigenza e i Tecnici o i Giocatori, è normale in qualsiasi Azienda, però hanno sempre gestito le cose per il meglio, per il meglio per la Juventus ça va sans dire.
Oggi, a due giorni dal fattaccio non ci sono né vinti né vincitori, ci sono solo sconfitti che stanno leccandosi le ferite; Conte, che ha dovuto recitare la “farsa” dell’annuncio davanti alle telecamere di Juventus Channel, sicuramente sta ripercorrendo ed analizzando i suoi comportamenti negli ultimi mesi, un Conte che si sentiva forte dell’appoggio dei tifosi, che diceva in pubblico quello che non avrebbe dovuto dire mai, Conte che ora ha di fronte un avvenire incerto, nel senso che non ha certezze, e che ha creduto di poter andare contro i Mulini a Vento senza farsi male. La Juventus che ha dimostrato di essere debole a livello organizzativo e di gestione delle risorse, la Juventus che ha avuto più di un anno per risolvere il problema Conte e invece di risolverlo ha temporeggiato, ha sperato che le cose cambiassero, una Juventus che, al di là delle parole pesanti, pesantissime di Conte sta dando un immagine di debolezza finanziaria che è forse peggiore di quella che è la realtà.

Mai tutto questo sarebbe potuto succedere con Gianni ed Umberto Agnelli, mai sarebbe potuto succedere una cosa del genere con Giraudo e Moggi, ecco la realtà, sicuramente triste perché, se come dice Moggi “morto un papa se ne fa un altro”, è altrettanto vero che se l’organizzazione dà segni di debolezza non c’è papa che tenga.

Oggi è iniziata l’era Allegri, un aziendalista, l’esatto opposto di Conte, non si può chiedere ad Allegri di essere un condottiero, né si potrà pensare che attorno a lui si ricomponga l’affetto e il calore che ha avuto Conte da parte dei tifosi; d’altra parte non è giusto crocifiggerlo ancora prima che inizi, però la scelta aziendalista mette Beppe Marotta di fronte alle sue responsabilità, la Juventus di Allegri sarà la Juventus che Marotta gli metterà a disposizione, non ci saranno più scuse.

Eccola la differenza tra questa Juventus e quella di “Loro”, questa è una Juventus che mostra delle debolezze, quella era La Juventus che sapeva trasformare le debolezze in punti di forza.

Massimo Sottosanti

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Twitter: @JuveGrandeAmor

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