martedì 8 luglio 2014

IL MANAGER ED IL PRETINO




Oggi si è aperto il confronto a distanza tra Andrea Agnelli e Claudio Cesare Prandelli, non la chiamo polemica perché le parole di Andrea Agnelli non son altro che un’analisi puntuale e realista dell’attuale situazione in cui versa il caso italiano, su fallimento della costosissima missione ai Mondiali brasiliani della squadra della FIGC.

Iniziamo dalle parole di Andrea, parole che lasciano poco spazio ad essere mal interpretate: il Presidente della Juventus cresciuto a pane, finanza e calcio è stato pragmatico come al solito nell'analizzare la situazione e nel commentarla:

"Prandelli e Abete hanno fatto un bel gesto a dimettersi ma si sono smarcati nel momento del bisogno. E vedo che Prandelli ha subito trovato un'alternativa. È da irresponsabili indire elezioni in tre settimane, serve un processo più lungo. Platini e Rummenigge quando entrano in una stanza in cui si parla di calcio tutti si alzano in piedi. Può succedere con Tavecchio? Penso di no. Serve un uomo autorevole e in grado di fare riforme. Da noi c'è Nedved che tra otto anni potrebbe essere presidente Uefa". 

Come non si può essere d’accordo con Andrea quando afferma che il bel gesto di Abete e Prandelli è in pratica fumo negli occhi? Andrea non può dire che le dimissioni di Abete e Prandelli hanno tanto il sapore di una strategia programmata in anticipo, Andrea, che conosce il mondo del calcio, è sorpreso quanto noi che Prandelli abbia trovato in solo due giorni un'alternativa milionaria, guarda caso in Turchia dove la pressione fiscale è nettamente inferiore che in Italia.

Agnelli poi pone il problema dell’elezione del nuovo presidente della FIGC: tre settimane per trovare l’uomo giusto che dovrebbe rifondare il calcio italiano è oggettivamente una presa in giro; certo che i cialtroni, i media del sistema e tutti i lobbisti che pullulano nel calcio italiano non si curano certamente del problema di fondo, per la maggioranza è importante che “tutto cambi perché non cambi niente”; ma chi ha a cuore il movimento calcistico, chi il calcio lo ama, chi come Andrea Agnelli ha una visione totale ed internazionale del calcio, professionistico e no, non può accettare che il cambiamento necessario possa essere il risultato  di decisioni affrettate. Sarei grato ai soliti tromboni di regime se mi spiegassero come sia possibile in sole tre settimane valutare i progetti dei vari candidati, valutare quale di questi progetti sia il più confacente alla situazione attuale, valutare se i candidati alla poltrona di Presidente della FIGC abbiano le reali competenze ed esperienza per gestire un momento tanto delicato. La sensazione che viene fuori da questa “campagna elettorale” è quella che ci sia un candidato unico che non fa altro che contare i voti per essere sicuro di raggiungere il quorum necessario per appropriarsi della poltrona, senza badare a promettere posizioni di vertice a personaggi che sono responsabili di questa situazione disastrosa del movimento calcistico italiano.
Ribadisco che personalmente non ho né un'opinione negativa né una positiva nei confronti di Tavecchio, non lo conosco e quindi non giudico; però, al di là dell’esperienza maturata nel “Palazzo”, Tavecchio non ha sicuramente l’ autorità di “Platini e Rummenigge” quando parla di calcio. Il calcio italiano la sua autorità l’ha persa ormai da decenni e a quanto pare non interessa a nessuno dei soliti amici di merende che l’Italia ritorni ad essere autorevole ed ascoltata nel consesso internazionale del calcio.

Ma oggi non ha parlato solo Andrea Agnelli, dall’esilio dorato sulle rive del Bosforo ha detto la sua anche Claudio Cesare Prandelli, parole scontate e che ancora una volta di circostanza, con le quali Prandelli si auto incorona eroe senza colpe e senza macchie:

Ho fallito un progetto ed è per questo che mi sono dimesso. Cosa avrei dovuto fare? Aspettare ancora un po’ e poi chiedere una buonuscita, come fanno tanti? Le parole di Buffon non mi hanno sorpreso, lui non si riferiva a un giocatore in particolare, ma a una generazione che deve imparare a dare tutto per la maglia della Nazionale”.

Prandelli dovrebbe spiegarci quale era il progetto, perché in verità è stato molto difficile capirlo durante la sua permanenza alla guida delle squadra della FIGC; se c’è, se ci fosse stato un progetto allora peggio mi sento; visti i risultati ottenuti dal Claudio Cesare Prandelli alla guida delle squadra della FIGC, secondo posto dietro alla Spagna negli Europei 2012, terzo posto in Confederation Cup nel 2013, eliminazione dalla fase a gironi del Mondiale 2014, mi pare che, se si fa un'analisi globale del quadriennio di Prandelli, i risultati siano in sostanza positivi, ma se Prandelli parla di fallimento di un progetto significa che i risultati positivi del 2012 e 2013 sono frutto di casualità? Sul tema della buonuscita, qui il Prandelli è scivolato su una buccia di banana democristiana DOC; ma Prandelli crede veramente che la gente abbia l’anello al naso? Dove sta il gesto eroico di aver rinunciato ad una buonuscita quando già aveva sottomano un contratto da circa 5 milioni all’anno in Turchia dove pagherà meno tasse che in Italia? Se Prandelli fosse serio questo argomento non lo dovrebbe nemmeno menzionare, perché, forse, con quello che risparmia di tasse in Turchia altro che la buonuscita della FIGC.

Tralascerei le altre dichiarazioni di un Prandelli che cerca di rifarsi una verginità in maniera ipocrita, un Prandelli che a babbo morto bacchetta Balotelli dicendogli:

Prima di salutarlo con lui sono stato chiaro e gli ho detto: ‘La Nazionale avrà ancora bisogno di te, ma tu devi incominciare a vivere nella realtà e non nel tuo mondo virtuale se vuoi diventare quello che sogni, cioè un campione. Ma un campione sa affrontare ogni situazione. Tu in questo momento sei un giocatore che ha i colpi. Ma un campione è un’altra cosa”.

Io mi domando perché Prandelli abbia aspettato il momento dei saluti per dire a Balotelli quello che avrebbe dovuto dirgli prima ancora di convocarlo; Prandelli si sente “ferito” da Pepito Rossi? Ma allora questo signore o è un ingenuo o ci marcia.

Oggi a distanza di poco tempo abbiamo potuto leggere le dichiarazioni di un Manager responsabile che con grande pragmatismo e lucidità dice cose giuste e di buon senso, un Manager che non si propone per occupare una poltrona ma che cerca di dare un contributo costruttivo per poter trovae una soluzione ad una situazione tanto disastrosa come quella del calcio italiano. Dall’altra parte le parole di un Don Abbondio iperprotetto dai media e dal sistema, un CT che non è mai stato messo in discussione né tantomeno contestato per la sua mancanza di idee e di personalità, che però sente il dovere di autoincoronarsi eroe con un contratto da 5 milioni per due anni in tasca.

Purtroppo l’attitudine italiana del “chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdammoce o passato” difficilmente permetterà dei cambiamenti radicali, cambiamenti che sono necessari non solo nel calcio ma soprattutto nel Paese; i managers capaci o devono emigrare o vengono espulsi come corpi estranei al sistema, i mediocri assurti ad eroi sono invece quelli ai quali si esige che si dia rispetto.

Tranquilli tutti, tutto finirà a tarallucci e vino, solo che noi berremo il vino di mescita mentre l’uomo che impersona l’onestà italica già sta sorseggiando champagne in riva al Bosforo, come da copione scritto in anticipo.

Massimo Sottosanti

Facebook: Gruppo “FINO ALLA FINE…… JUVENTUS”


Twitter: @JuveGrandeAmor

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