domenica 24 agosto 2014

IL CONTE DELLA DISCORDIA





E' riuscito a metter d'accordo tutti e nello stesso tempo a far litigare tutti.
Ecco il prodigio riuscito ad Antonio Conte.

Tutti d'accordo nel linciarlo: antijuventini e parte degli Juventini.
Partiamo da casa nostra, appunto.
In tanti insultano Conte definendolo traditore; traditore di che ce lo debbono spiegare.
Conte non è solo un tifoso della Juve, Conte è un professionista che per tre anni ha messo le sue indiscutibili capacità al servizio della Juventus, con i risultati che abbiamo visto: venivamo da due settimi posti, come ha sottolineato spesso lo stesso Conte (e ora anche per questo viene irriso, quasi non fosse la verità), e probabilmente, andando avanti a botte di quei Delneri e Zaccheroni tanto cari a Marotta, lì saremmo rimasti; invece abbiamo tre scudetti e due Supercoppe in più, e la Terza Stella; in Europa non abbiamo fatto granché, perché l'organico non era all'altezza, qualcosa poteva, forse, andar meglio ma grossi rimpianti non possono essercene; per salire all'altezza delle big sarebbero occorsi altri due anni con una crescita qualitativa della rosa secondo certi parametri che il tecnico aveva bene in mente.
Questi parametri non erano condivisi dalla dirigenza: per intenderci, il profilo medio che Marotta insegue (e gli acquisti fatti sinora vanno in quella direzione) non è funzionale a questo tipo di crescita, non so nemmeno se basti per l'obiettivo dichiarato da Agnelli, qualificarsi stabilmente per i quarti di CL (vista anche la contemporanea necessità di svecchiare la rosa).
Le avvisaglie c'erano già state l'anno scorso a maggio, quando Conte era stato l'unico a non uscire 'raggiante' quanto gli altri dal vertice a cinque che aveva sancito la linea della proprietà; non sapremo mai quali intese fossero state raggiunte ma certo il tecnico, dopo la stagione di quest'anno che aveva quantomeno stabilito che in Italia fare meglio era impossibile e che tuttavia ciò non bastava per competere con le big d'Europa (e a questo mirava Conte, crescere per poter almeno competere, poi si  sa a vincere è sempre solo una, con le prime della classe), si aspettava strategie di mercato adeguate.
La scena si è ripetuta, ma evidentemente con ben altri toni, in questo maggio, dopo che Conte aveva esternato queste sue aspirazioni e l'insoddisfazione per la mancata rispondenza che trovava in società. Il comunicato del 19 maggio, nella sua laconica inutilità, era la paradossale conferma che c'era qualcosa più che maretta nei rapporti tra il tecnico e il club. Del resto sui media le voci s'erano rincorse tutto l'anno in merito a contrasti tra Conte e la dirigenza; amplificate, certo, a fini destabilizzanti, e lo stesso Conte le aveva minimizzate respingendo l'ipotesi che fossero scontri personali e definendole invece continui confronti sui programmi. Evidentemente però tali confronti, nonostante i probabili tentativi di mediazione di Agnelli e Nedved, si sono conclusi con un disaccordo di fondo, tra un tecnico che voleva vedere la squadra che guidava (e la maglia che ha indossato con tanto onore) crescere, arrivare su su dov'è tanto spesso stata, e una dirigenza che, ovviamente per input provenienti dalla proprietà, che alla fine è quella che decide e del cui disamore per i colori bianconeri già tante prove abbiamo avuto, frenava e metteva avanti le ragioni dell'asset a quelle del campo.
Inevitabile la fine della corsa insieme: il tandem non può avanzare se uno pedala in avanti e l'altro all'indietro: anzi, si cade.
Quanto poi alla scelta di Allegri era già comunque nel cassetto da maggio, quando in casa Juve nessuno si illudeva  sul lieto fine, tanto che la campagna acquisti di Marotta è andata tranquillamente per la SUA strada: la cosa è stata trascinata, di comune accordo, sino a luglio, per ragioni che certo convenivano più alla società (che si era premunita) che al tecnico (che rischiava una stagione in bianco); non sapremo mai se c'entri la questione abbonamenti o semplicemente lasciar sbollire il clima di euforia post-scudetto, quando l'annuncio dell'addio (pur nell'aria, per i più attenti, le lacrime di Elisabetta sul prato dello Stadium erano un indizio non da poco) sarebbe stato più dirompente.

Ma il Conte osannato, e a buon diritto, sino al giorno dello scudetto, è ora diventato un traditore da insultare: sinceramente, io mi sarei sentita più tradita da lui se mi avesse illuso dicendo che con questa Juve saremmo saliti in alto, lassù dove meritiamo (meriteremmo, la Juve che abbiamo nel cuore), sapendo in cuor suo che non era vero: ma avrebbe mentito prima di tutto a se stesso e non ha voluto farlo; anche perché in questi tre anni si è costruito una credibilità decisamente alta sul piano professionale (la chiamata in Nazionale con tanto di sponsorizzazione Puma ne è comunque dimostrazione lampante) e non ha voluto giocarsela così.
In ogni caso Conte è un professionista che, messo tutto sulla bilancia, cuore e ragione, ha fatto la sua scelta: come fece ai tempi Lippi, salvo poi precipitosamente tornare sui suoi passi; come era sul punto di fare lo stesso Moggi, prima di accorgersi in qual vespaio si sarebbe andato a cacciare e scegliere di rimanere nel posto migliore. Questo è il professionismo, non la favola di Biancaneve e i sette nani; e la Juve non è una Cenerentola che possa vivere sperando in un principe azzurro.
Tradimento enfatizzato anche da più d'un megafono del web che ha dipinto una Juve vittima dei capricci di Conte; in un afflato di iper-aziendalismo teso forse per ingraziarsi una dirigenza che non ha nessun bisogno di questi supporti: se le decisioni saranno state giuste e oculate, sarà il campo a dirlo e a dare il meritato premio. Perché il campo dice sempre la verità. Come ha sempre fatto, prima di Conte e con Conte; e sempre farà.

Fuori dal campo dei tifosi bianconeri, tutti si sono invece uniti a gioire, più o meno apertamente, per l'addio di Conte, unanimemente considerato, sinora, il valore aggiunto della squadra.

Tutto ciò fino al successivo passo di Antonio, quello di accettare la guida della Nazionale.
E qui le carte si son di nuovo mischiate.
Diatriba tra i tifosi bianconeri.
Quelli che già lo consideravano un traditore, adesso lo considerano un traditore doppio, visto che passa al soldo dell'odiata Figc: quella che ci ha rubato due scudetti e che ha messo in castigo, sempre senza uno straccio di prova, lo stesso Conte, per la vicenda del calcioscommesse (e probabilmente in realtà la sua colpa fu quella di essere stato il tecnico che aveva fatto risorgere la Juve, visto che i suoi colleghi, come Mondonico, non sono stati minimamente sfiorati dalla giustizia domestica).
E ci si è spinti così sino alla provocazione finale, quella di proporre addirittura di togliergli la Stella allo Juventus Stadium, neanche fosse un Boniek qualsiasi. Lui che la Terza Stella, alla Juve e sullo Stadium, l'ha portata subito, alla testa di un manipolo di ragazzi cui, con trapano e martello, ha restituito cuore e anima. Qualcosa di incomprensibile, davvero.


Dulcis in fundo, a scatenare la rabbia di pancia dei tifosi bianconeri è arrivata la conferenza stampa di presentazione quale nuovo ct, in cui il tecnico EX bianconero, rispondendo ad una domanda del 'solito' Crosetti (lo conosciamo, vero?) sul numero degli scudetti bianconeri, non ha risposto '32' ma, complice anche il contesto, ha cercato di dribblare l'ostacolo dicendo che i suoi erano otto. Apriti cielo! Premesso che era domanda cui Conte NON avrebbe semplicemente dovuto rispondere - la Juve non era un tema della conferenza - non è verosimile pensare che possiamo eleggere Conte, d'ora in poi, come paladino delle nostre battaglie; avrà già il suo bel daffare a far pace con la sua coscienza per i problemi che la giustizia domestica gli ha creato, ma in fondo restano fatti suoi.
E anche le sue apparizioni in tribuna accanto ai presidenti dei vari club (è accaduto a Napoli) e le visite ai centri di allenamento, in atteggiamento cordiale con gli ex colleghi-rivali di club (Roma, Lazio, Fiorentina, ecc.) è visto come uno sgarro alla Juventinità, come un rinnegare le diatribe del passato. E non si tiene conto che questo invece fa parte integrante del suo nuovo incarico, che, a pochi giorni dalle convocazioni, il mimimo che possa fare è un giro d'orizzonte per capire come potrà muoversi; e che le diatribe e gli scontri avevano un senso quando era in gioco la rivalità, ormai spenta per il diverso livello delle rispettive incombenze; perché sempre, anche qui, di querelles professionali si trattava.

Premetto una cosa: non ritengo Conte adatto al ruolo di selezionatore, per me è allenatore al 100% e il rischio che si è assunto, in una fase comunque delicata della sua carriera, è altissimo; ha certo bisogno solo dei migliori auguri.
Ma è un rischio e un compito che comunque, sul piano professionale, ha accettato alle sue condizioni: cioè percependo quel che percepiva alla Juve e col suo staff. Che poi sia pagato parte dalla Federazione e parte dallo sponsor Puma poco importa: semmai testimonia che comunque il tecnico si è conquistato una credibilità che ha convinto anche il mercato a investire su di lui, messo alla testa di una squadra reduce da due fallimenti negli ultimi due Mondiali. 
E tutto ciò nulla ha a che fare con le sacrosante rivendicazioni della Juve che vanno avanti per la loro strada.
Ecco dunque che faccio parte dell'altra metà del tifo bianconero, quella che, pur non riuscendo più, in molti casi (il mio, per esempio), a tifare nemmeno lontanamente per la Nazionale, augura  solo e semplicemente a Conte buona fortuna per la strada che lui stesso si è scelto, con tutte le implicazioni del caso. Son problemi suoi, nostri non più.

Ma anche nel mondo dei media extra-Juve la spaccatura è netta: tra quelli che comunque riconoscono in Conte il meglio a disposizione (pur se sinora la valutazione può essere fatta solo sul tecnico e non sul selezionatore, come più d'uno ammonisce) e ritengono che la Federazione abbia fatto bene a trovare un escamotage per non farselo scappare, visto che era libero, e quelli che invece ferocemente criticano la scelta, tirando in ballo, ad esempio, il coinvolgimento del salentino nel calcioscommesse (e dunque il codice etico, bla bla bla... ma non è andata in prescrizione l'etica?) o adombrando foschi retroscena dell'accordo con Puma (in prima linea, con il suo populismo da strapazzo, c'è naturalmente il Corsport diretto da quel De Paola dal passato orientante).
Ecco, l'unico lato positivo, e chiaro, della vicenda Conte, è l'aver contribuito in maniera determinante ad accelerare lo spappolamento dei fegati del pennivendolismo itaGliota.

E il capolavoro di Conte si è dunque compiuto: un puzzle da cui esce una figura in cui ognuno vede ciò che vuol vedere, ciò che i suoi sentimenti o i suoi interessi lo portano a vedere.
Ma nessuno potrà mai negare ciò che di buono ha realizzato e conquistato (e nemmeno i suoi errori, per carità): in buona parte per e con  i colori bianconeri.
D'ora in avanti il suo futuro riguarda solo lui.

CARMEN  VANETTI
Facebook: FINO ALLA FINE... JUVENTUS
Twitter: @JuveGrandeAmor

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