martedì 11 novembre 2014

BALOTELLI O LA RAGION DI STATO




Premetto subito che personalmente nutro grande stima per Antonio Conte, stima che deriva dal lavoro che ha fatto nei tre anni in cui ha occupato la panchina della Juventus, dai tre scudetti conquistati e dall'aver saputo trasmettere quello che deve essere lo spirito che anima qualsiasi giocatore che veste la maglia Bianconera, uno spirito che si era perduto, completamente dimenticato, durante l’oscuro periodo della New Holland. Il lavoro di Conte è stato importante, però va ricordato che Conte non avrebbe potuto raggiungere i risultati che ha raggiunto senza l’aiuto e il sostegno che Andrea Agnelli non gli ha mai fatto quasi mai mancare. L’avventura di Conte alla Juventus è finita come tutti ben sappiamo, è finita con responsabilità che, a mio avviso, vanno condivise al 50% tra Antonio e la Società, è stata una faccenda gestita molto male da ambo le parti che ha lasciato sul campo solo vinti e nessun vincitore, però così vanno le cose dèlla vita e, quando non c’è più comunione d’intenti, un sano divorzio è più proficuo di una convivenza forzata.  

Lasciamo da parte il passato e veniamo al presente, un presente che vede Antonio Conte sedere sulla panchina della Squadra della FIGC – scusate ma non mi riesce proprio di chiamarla Nazionale - ,  una scelta, quella di Conte, che personalmente ho faticato a capire e a condividere, e non tanto per i rapporti conflittuali che continuano e continueranno ad esserci tra la FIGC e la Juventus; però di questo parlerò più avanti.

Il fatto del giorno è il ritorno di Balotelli in azzurro (volutamente minuscolo), su chiamata di Antonio Conte, questa convocazione ha, com’era prevedibile, ancora una volta ha diviso l'ambiente dei tifosi italiani: da una parte coloro che accettano le ragioni di Conte dall’altro chi fatica a capirle, io sono tra coloro che non comprendono e criticano questa decisione. Come ho già scritto nell’incipit dell’articolo, la stima verso Conte sia come uomo che come allenatore  rimangono invariate, così come l’affetto che provo per lui, però stima e affetto non possono farmi esimenre dal criticarlo quando sono convinto che stia sbagliando.

Ma veniamo alle ragioni per le quali credo che Conte abbia sbagliato, in primo luogo non ritengo giusto che Balotelli rientri a far parte di quel gruppo dal quale prima di tutti lui stesso si è emarginato dopo la sconfitta contro l’Uruguay nell’ultimo Mondiale brasiliano. Balotelli, con i suoi comportamenti dentro e fuori dal campo, ha creato uno strappo, a mio avviso profondo, e non solo con Buffon, De Rossi e Bonucci, che hanno chiaramente detto quello che pensavano di Mario. Io non voglio scendere nei dettagli delle scelte di vita privata di Balotelli, per me può passare tutte le notti il discoteca, può cambiare fidanzata ogni settimana o farsi arrestare per molestia della quiete pubblica ogni week end, quelli sono “affari suoi”, se quando scende in campo si mette a disposizione della squadra, sia il Liverpool o il Milan, il City o la Squadra della FIGC; il problema di Mario Balotelli calciatore è che, così come nella sua vita privata, anche in campo è un individualista egocentrico, a ventiquattro anni Balotelli è ancora un ragazzino viziato pieno di soldi guadagnati, onestamente, in maniera molto “comoda”, con l’aggravante, moralmente  disdicevole, di “giocare” con il colore della sua pelle, ogni volta che è in difficoltà, e lo è spesso, Mario si fa scudo del suo essere un uomo di colore, mancando di rispetto a chi veramente deve subire giornalmente i soprusi delle varie forma di razzismo che ci sono in Italia. Balotelli inoltre è ormai ai margini anche del Liverpool: grazie ai suoi comportamenti, alle sue deficienze tattiche e caratteriali sembra aver già esaurito i bonus e la pazienza di Brendan Rogers gli ha messo a disposizione.

L’errore di Conte è stato appunto quello di “privilegiare” il ritorno in azzurro di Balotelli snobbando altri ragazzi come, Gabbiadini, Destro o Quagliarella, solo per fare tre nomi, che stanno facendo delle ottime prestazioni nei loro Clubs, ma che soprattutto sono ragazzi che lavorano seriamente, si allenano e si mettono a disposizione della squadra; sono comunque giocatori che nel gruppo non creano nessuna spaccatura, anche in caso di una prestazione poco brillante con la Squadra della FIGC, mentre è facile immaginare cosa potrà succedere nel sancta sanctorum dello spogliatoio azzurro alla prima occasione in cui Balotelli ritornerà ad essere supponente, egoista e irritante.

Le ragioni che hanno indotto Conte a richiamare Balotelli a far parte della Squadra della FIGC possono essere molteplici, da quella ricusata da Conte e legata allo sponsor alla “ragion di stato” della FIGC che già indusse il “pretino” Prandelli a inserire Super Mario nel gruppo azzurro. Tutte sono ragioni plausibili, perché Balotelli a ventiquattro anni rischia di essere un “ex” calciatore; se la sua avventura in quel di Liverpool dovesse rivelarsi l’ennesimo fallimento della sua carriera è difficile ipotizzare che ci sia un’altra squadra disponibile a prenderselo in “casa” e, checché se ne possa pensare, le ragioni commerciali e la tutela dell’investimento dello sponsor non sono facilmente ignorabili da Conte, Conte che ha accettato il posto di CT anche grazie al cospicuo apporto economico messo nel piatto dalla Puma. Così pure non è da sottovalutare la ”ragion di stato” della federazione che da sempre, per ragioni di convenienza politica, non ha mai avuto né la voglia né tantomeno la forza di guardare in faccia a quella che è la realtà Balotelli, una Federazione che, se non ha difeso Balotelli, non l’ha mai censurato anche quando se ne sono presentati i motivi, non ultimo il suo comportamento ai Mondiali brasiliani. Non censuro né assolvo Conte per le ragioni che l’hanno portato a prendere questa decisione, perché credo che alla fine della fiera chi va al mulino, prima o poi, si infarina.

Aver accettato la guida della Squadra della FIGC a mio avviso è stato un errore da parte di Conte, in primo luogo perché come tecnico Antonio è un uomo di campo e riesce dare il meglio di sé quando può lavorare giornalmente con i suoi giocatori; allenare la squadra della FIGC è cosa differente e richiede comunque l’esperienza e l’umiltà di accettare che gli uomini che ha a disposizione abbiano impostazioni tattiche differenti, quelle che giornalmente provano e mandano a memoria nei loro Clubs di appartenenza; e  inoltre il “lavoro” del selezionatore richiede doti di esperienza e capacità che, secondo me, Conte non possiede ancora. Con questa squadra Antonio rischia di “bruciarsi”: il materiale umano a sua disposizione ha  limiti evidenti e la sua avventura in azzurro non credo che sarà  tutta in discesa anzi, già dal prossimo impegno con la Croazia, i rischi sono molti.

La FIGC è espressione del calcio italiano e del sistema che lo governa, Conte ha fatto la sua scelta e deve essere cosciente che si espone ad essere criticato, la “luna di miele” è terminata con queste convocazioni e Conte deve accettarne le conseguenze, a giudicarlo sarà sempre e comunque il campo, quel campo che gli ha dato ragione e ne ha fatto uno dei migliori tecnici italiani durante la sua avventura Bianconera. Ora le condizioni sono cambiate, così come è cambiato l’ambiente in cui si deve muovere: accettando l’incarico sapeva a cosa andava incontro, ora deve dimostrare di essere cresciuto, deve dimostrare, nei panni di CT, di aver acquisito quella dose necessaria di “diplomazia” che, sicuramente, non è parte dominante del suo carattere ma è necessaria per consacrarlo uno dei migliori allenatori europei.

Massimo Sottosanti

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sabato 8 novembre 2014

LETTERA APERTA A MASSIMO GRAMELLINI




Caro Massimo Gramellini,

Le scrivo questa lettera aperta innanzitutto per confermarle la stima e l’apprezzamento personale per le sue qualità di giornalista che La distinguono  dal resto della categoria che, ad onor del vero, in Italia non si distingue certo né per imparzialità né per professionalità. I suoi corsivi sono da sempre molto equilibrati, inoltre Lei ha la capacità e la bravura di sintetizzare in poche righe il fatto di cui si occupa, arrivando al cuore del problema  facendo un’analisi lucida e per lo più condivisibile.

Oggi leggendo il suo pezzo “Cene eleganti”, un’analisi lucida dell’Italia occupata dai “famosetti”, dove comparire è più importante che essere, mi sono imbattuto in questa sua frase:

“….mi sono fermato a Paparesta, l’arbitro che Moggi chiuse a chiave in uno sgabuzzino….

Mi rendo conto, Dr. Gramellini, che Lei non si occupa di sport in maniera diretta, ma so bene che lei è un tifoso del Toro, tifoso molto partecipe alle sorti dei granata; poi come giornalista credo che in qualche modo sia informato delle vicende di “Calciopoli”, inoltre come torinese e torinista sicuramente appartiene a quella schiera di “nostalgici” della Juventus *SMILE* di Cobolli e Blanc, così come certamente è schierato  al fianco di chi considera Luciano Moggi e la Triade come i demoni che hanno fatto tanto male al calcio. Tutto questo, Dr. Gramellini, non La esime dal commettere errori, perché sono convinto che di errore si tratta, l'aver citato l’arbitro Paparesta come quello che fu chiuso in uno stanzino da quel “demonio” di Luciano Moggi; Dr. Gramellini quellì’episodio è stato smentito dallo stesso Paparesta, oltre che dalle evidenze riscontrate dalla Procura di Reggio Calabria che archiviò il fatto senza darvi seguito alcuno.

L’episodio che Lei cita è diventato una leggenda metropolitana grazie all’interpretazione, pubblicata al tempo in cui era trend pubblicare tutte le telefonate di Moggi , della telefonata fatta da Moggi nella quale diceva “di aver chiuso Paparesta nello spogliatoio degli arbitri” dello stadio di Reggio Calabria. Frase rivelatasi, dal riscontro oggettivo dei fatti, semplicemente una “boutade” di Moggi ancora molto arrabbiato nei confronti della terna arbitrale, e non con l’arbitro Paparesta in particolare, per gli errori commessi a sfavore della Juventus.

Dr. Gramellini, questi sono i fatti reali e provati, la sua citazione è sicuramente fuorviata dalla Sua fede granata e probabilmente dalle frequentazioni di ambienti e personaggi anti Juventini, come Fabio Fazio o Marco Travaglio salendo fino al Premier Matteo Renzi. Certo questo errore è un peccato veniale, anche se  con questa svista Lei non fa altro che comprovare quanto sia fuorviante il “sentimento popolare” e quanto induca in errore anche un professionista serio come Lei; ed è anche la dimostrazione di come le leggende metropolitane con il tempo si sostituiscono alla realtà.

Dr. Gramellini, voi anti Juventini, che vi dite amanti di un calcio “pulito” e della giustizia, troppo spesso (anzi sempre) vi fermate alla prima tappa di quella sceneggiata che è  Farsopoli, vi fermate e vi riempite la bocca con le condanne comminate dalla giustizia sportiva che pure Lei, con la sua onestà intellettuale, concorderà che fu una giustizia che avrebbe fatto arrossire di vergogna anche la Santa Inquisizione spagnola. Voi vi fermate alle sentenze di condanna nei confronti di Luciano Moggi, emesse dal Tribunale di Napoli, dimenticando o omettendo quanto il Processo di primo grado fu travagliato, dimenticate i tentativi da parte dei PM di ricusare la Giudice Casoria, la stessa Casoria che non era assolutamente d’accordo a firmare la sentenza, una sentenza che era già stata scritta prima dell’inizio del Processo. Inoltre non andate mai a fondo nella lettura della sentenza d’Appello che è un esercizio di acrobazia giuridica per dimostrare quello che non è assolutamente dimostrato dai fatti. Però, Dr. Gramellini, quello che è più grave è che tutti voi dimenticate ed omettete la relazione del Dr. Stefano Palazzi, del 1° luglio 2011, nella quale, grazie alle intercettazioni occultate dai PM Napoletani e riesumate dal Collegio di Difesa di Moggi, si squarcia il velo su malefatte ben più gravi commesse dagli “onesti” di Milano, Moratti e complici.

Farsopoli non è finita e non finirà fino a quando Giustizia non sarà fatta, nessuno Juventino potrà mai dimenticare quello che è stato fatto nel 2006 alla Juventus, a Moggi e Giraudo. Dr Gramellini, io La reputo persona intelligente ed oggettiva, perciò credo che potrà comprendere qual è lo spirito che alberga nel Popolo Bianconero, uno spirito che va oltre gli Scudetti che ci sono stati rubati, va oltre l’ingiustizia subita, è lo spirito con cui dobbiamo difenderci da tutto e da tutti perché tutto quello che riguarda la Juventus è immerso in un clima di sospetto, tutti voi siete sempre pronti a trovare il male quando si parla di Juventus. Dr. Gramellini, Lei scrivendo questa frase, commettendo questo errore “involontario”, non fa altro che certificare una volta di più quello che andiamo dicendo da tempo, Farsopoli è una grande farsa, un cumulo di bugie confezionate ad arte per sostenere un “progetto” più ampio e subdolo che nulla ha a che fare con il Calcio.

Dr. Gramellini. vorrei concludere rammentandoLe che l’ultimo momento di gloria vissuto dal calcio italiano fu la vittoria nel Mondiale di Germania, una vittoria arrivata in quel nefasto, calcisticamente parlando, 2006: il 9 luglio 2006 ad alzare la Coppa fu Fabio Cannavaro, capitano della Nazionale e giocatore di quella Juventus tanto colpevole di meritare retrocessione e scippo di ben due scudetti; Le rammento che quella sera a Berlino tra campo e panchina c’erano undici giocatori Juventini o ex Juventini. Quella Coppa, Dr. Gramellini, è arrivata in Italia grazie al lavoro e alla professionalità non solo di Marcello Lippi, ex allenatore della Juventus, ma anche grazie alle capacità di Luciano Moggi, quel Luciano Moggi che dal 2006 ad oggi voi tentate di dimenticare, di azzerare e di demonizzare. Io rispetto le idee di tutti e perciò non Le chiederò di provare simpatia per Luciano Moggi e per la Juventus, però Le chiedo di essere obiettivo, dote che tutti Le riconosciamo, anche quando parla di Calcio.

Dr. Gramellini, il tempo è galantuomo e prima o poi la verità verrà a galla, nel frattempo però mi pare doveroso che almeno i fatti dovrebbero essere raccontati in maniera corretta, si lascino da parte le leggende metropolitane e ci si attenga ai fatti. Calciopoli sanguina ancora, Dr. Gramellini

Distinti saluti

Massimo Sottosanti


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venerdì 7 novembre 2014

CHI SI ACCONTENTA GODE....O QUASI




M A I U N A G I O I A fino all’altra sera,  quando il Bayern Monaco ospita in casa propria la grande Roma di Rudy Garcia, vincendo il match  sportivo per 2 -0.

Immaginiamo ora degli extraterrestri, affacciati su una balconata, che sporge su una strada romana; sotto di loro un gruppo di tifosi romanisti, che esultano festeggiando la loro squadra; i primi penseranno alla vittoria della Roma, nessuno di loro penserebbe mai ad una sconfitta, a meno che i festaioli non siano gli altri, i cugini, quelli con la casacca biancoceleste. Eppure gli extraterrestri  sanno  che  a Monaco di Baviera  all‘Allianz Arena  l’armata  di Rudy Garcia ha lasciato lo stadio, a testa bassa, circondata da migliaia di tifosi bavaresi,  esultanti  e soddisfatti per la quarta vittoria  consecutiva della loro squadra del cuore nel girone di qualificazione. 
Gli extraterrestri  potrebbero immaginare che la gioia dei romanisti nasca dalla sconfitta del Manchester  City, evento che lascia accesa una labile fiammella di speranza nei  loro cuori, illusione alimentata da sogni di gloria oramai atavici, e mai più sperati dopo quella finale giocata a Roma, l’unica nella storia e mai più disputata; persino i cugini hanno vinto in Europa, invece loro… mai una gioia.

Ma no, gli extraterrestri  hanno inteso bene il motivo dei festeggiamenti, inutili gli sguardi basiti:  festeggiano la sconfitta, cantano, saltellano, battono il cinque, si abbracciano, quasi piangono dalla gioia … hanno preso solo  due gol.

Proviamo a spiegare agli extraterrestri il motivo di tanta gioia, le eroiche gesta di Rudy Garcia  quando solo un anno fa prendeva in mano le redini di una squadra non brillante né competitiva, portandola ai vertici della classifica, con un record storico che pochissime club italiani avevano mai raggiunto: dieci vittorie consecutive, nel corso di un campionato straordinario, quando nessuna squadra classificatasi  seconda aveva mai raggiunto 85 punti; ma è risaputo… “andarci vicino conta solo a bocce” e, a prescindere dalle prestazioni della squadra, in bacheca non aggiunge nessun titolo, che tradotto in gergo calcistico vuol dire: Mai una Gioia.

La delusione per il fallimento di un campionato a loro dire bugiardo e le dimissioni di Antonio Conte fanno ben sperare i giallorossi,  forti  delle prestazioni dell’anno prima, che non solo  conferiva alla Maggica lo scudetto morale, ingiustamente assegnato sul campo all’odiata Juventus con un record europeo di 102 punti, ma anche la certezza assoluta  del titolo di campioni d’Italia nella stagione attuale, certezza che andava oltre i traguardi casalinghi e allargava i suoi orizzonti verso la tanto ambita Champions, destinata a portarli nel limbo delle grandi d’ Europa; c’era da cancellare dalla memoria l’umiliazione della sconfitta  patita dalla banda Spalletti per 7 -1 contro il Manchester United. 

Ma i sogni di gloria del popolo giallorosso cominciano a vacillare alla sesta giornata di campionato, quando la banda di Rudy si presenta a Torino convinta di vincere il match e di aggiudicarsi il primato in classifica; ma i padroni di casa lottano per lo stesso motivo e il match, dopo un primo tempo rocambolesco caratterizzato da una generosa distribuzione, da una parte e dall’altra, di episodi alquanto dubbi che penalizzavano o premiavano una formazione o l’altra, si conclude in perfetto equilibrio, sul 2- 2; nel secondo tempo,  invece, più che ricordare azioni, grandi giocate, episodi da gol e tiri in porta, si assiste ad inutili sceneggiate, proteste e comportamenti scorretti degli uomini di Garcia; al contrario dall’altra parte, fino alla fine, si  lotta per aggiudicarsi l’incontro: infatti a pochi minuti dalla fine un gol spettacolare di Bonucci beffa gli avversari e sancisce il 3-2 negando così ai lupacchiotti un’altra gioia.

La trasferta di Torino terrà banco nelle settimane successive, fino a scomodare i parlamentari, a far gridare al “gomblotto” “er sistema” , la cultura del sospetto e la malafede degli arbitri, un totale condizionamento filo-juventina, teoria condivisa non solo dalla tifoseria, ma che investe anche calciatori, allenatore, spogliatoio e società: sarà questa la sola e unica spiegazione per giustificare l’ennesima sconfitta “ingiusta” contro la Juventus … 

La Società torinese rimane in silenzio davanti alle tante accuse mosse da capitan Totti, dal portiere De Sanctis  e da mister Garcia,  che trovano spazio nei vari mass media; sarà solo il campo, qualche settimana dopo,  a dare il suo giusto responso, nell’incontro tra l’AS Roma e i campioni d’Europa nella capitale; perché se è vero che tra i sogni dei giallorossi e la realtà c’è un 7-1 da dimenticare, è altrettanto vero  che certi 7-1 possono sempre ritornare e quando succede, quando accade, non puoi più nasconderti dietro gli arbitri, il sospetto e i pregiudizi, quando ritornano puoi solo prenderne atto.
E Rudy Garcia lo sa bene,  per questo all’Allianz Arena ha inventato un  4-4-2 così stretto da stare tutti stretti in meno di 20 metri dalla sua porta!

Immaginiamo che al posto della Roma ci fosse stata la Juventus. Come avrebbe reagito il tifoso di Torino davanti a quella resa, nel vedere per  94 minuti  della partita gli avversari nella propria area di rigore, senza mai avanzare, mai tirare in porta, senza mai palleggiare, fraseggiare, creare, inventare, 94 minuti a trepidare, in preda ad aritmie e fibrillazioni  atrioventricolari … immaginare di vedere Tevez, Llorente o Morata costretti a difendere,  Pirlo, Marchisio, Pogba o Vidal inventarsi terzini o centrali, senza mai spostare i tedeschi , senza mai intimorirli, spaventarli … molti di loro avrebbero lasciato lo stadio tra i fischi a società e calciatori, umiliati da quella prestazione e da un atteggiamento che è ben lontano dalla squadra bianconera … 

Spieghiamo agli extraterrestri  la differenza, perché noi come loro siamo di un altro pianeta, o forse no, magari è solo il contrario... alla Juve vincere non è importante, è l’unica cosa che conta; ma se giochi per vincere, perdere ci può stare; se invece, al contrario, giochi per perdere conta solo perdere subendo pochi gol…

M A I U N A G I O I A … ops mi correggo : finalmente U N A G I O I A  la Roma ha preso solo due gol !!!

Contenti voi e noi per voi! 

Ros Aria

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giovedì 6 novembre 2014

LA VERITA’ (NON) OFFENDE




Ieri si è tenuta presso il Tribunale di Milano un’udienza del Processo relativa alla causa su querela intentata da Gianfelice Facchetti, e che vede come imputato Luciano Moggi; la ragione della querela avanzata da Gianfelice Facchetti  è riferita a quello che il Direttore disse, durante la trasmissione “Notti Magiche” andata in on il 25 ottobre 2010, rivolgendosi a Javier Zanetti:

“Quello che emerge dal processo di Napoli e che emergerà ancora: le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta ad un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari, e l'arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue, le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti, le  intercettazioni illegali e anche i passaporti falsi e quindi sta zitto Zanetti, è meglio per te ed è meglio per l'Inter”

Ho letto più volte questa dichiarazione, l’ho letta ed ho cercato di trovare qualche cosa che offendesse la memoria di Giacinto Facchetti, l’immenso Facchetti come dice sempre Mughini, qualche cosa che potesse offendere la Famiglia del compianto Capitano della Nazionale e uno dei simboli del Calcio degli anni '60 e '70; francamente non ho trovato nulla che potesse scalfire la memoria del Campione per le cui gesta in maglia Azzurra mi esaltavo quando ero un ragazzino. Non ho trovato nulla di offensivo perché Luciano Moggi non ha offeso Facchetti, Moggi ha semplicemente esposto fatti che sono sostenuti da prove che sono state portate alla luce grazie all’enorme ed egregio lavoro fatto da Nico Penta. Un esempio è questa intercettazione della telefonata, imbarazzante, intercorsa tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo, avvenuta il  16 maggio del 2005 alla vigilia della gara di Coppa Italia Cagliari-Inter:
 (Fonte ju29ro.com) 

Questa telefonata fa parte dell’imponente mole di documenti e intercettazioni che il Procuratore Federale Palazzi ha avuto a disposizione solo nel 2010 quando fece richiesta al Tribunale di Napoli di acquisire gli atti del Processo di Primo Grado ivi svoltosi.  Palazzi,  dopo aver esaminato gli atti, nella relazione finale depositata il 1° luglio 2011, riferendosi ai comportamenti di Facchetti emersi dai documenti Palazzi, scriveva testualmente:

Pertanto, alla luce delle valutazioni sopra sinteticamente riportate, questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all'art. 1, comma 1, CGS, anche dell'oggetto protetto dalla norma di cui all'art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società INTERNAZIONALE F.C., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale, in violazione del previgente art. 6, commi 1 e 2, CGS, in vigore all'epoca dei fatti ed oggi sostituito dall'art. 7, commi 1 e 2 del CGS.”   

Queste le evidenze che certificano che Moggi, nelle parole rivolte a Javier Zanetti durante la trasmissione “Notte Magiche”, ha semplicemente esposto dei fatti, fatti sostenute da prove: ma lasciamo questi aspetti meramente e freddamente legali perché vorrei entrare nel merito più etico della questione.

Gianfelice Facchetti si è sentito in dovere di difendere le memoria del padre, questo è comprensibile: è comprensibile che un figlio voglia questo, ma siamo sicuri che, citando Luciano Moggi, Gianfelice Facchetti si stia muovendo nella giusta direzione? Perché Gianfelice Facchetti non chiede che l’Inter e Moratti diano conto del perché suo Padre si comportò in un certo modo?

È vero che i morti non possono difendersi, è altrettanto vero che la morte non cancella le persone, le persone continuano a vivere nei ricordi e nelle azioni che hanno caratterizzato la loro vita. L’onorabilità dell’uomo Facchetti non è messa in dubbio da nessuno, nessuno dubita della sua onestà; però ci sono dei fatti che provano che il compianto Facchetti ha attuato dei comportamenti che sono andati al di fuori di quelle che sono le regole scritte del Calcio Italiano.

L’ arma che dovrebbe impugnare Gianfelice Facchetti per difendere suo padre dovrebbe essere quella della verità, m non è certo a Luciano Moggi che Gianfelice deve chiedere conto che la verità venga resa pubblica; l’attenzione del figlio di Faccetti si dovrebbe spostare su Massimo Moratti e sull’Inter, perché non fu Giacinto Facchetti a contattare la Security di Telecom perché mettesse sotto controllo i telefoni di Moggi, Giraudo e della Juventus, la Security di Telecom fu contattata da Massimo Moratti e lo stesso Moratti si è poi defilato mettendo il tutto nelle mani di Facchetti. Facchetti, dopo aver parlato con Nucini, riportò i contenuti del colloquio a Moratti che fu colui che indirizzò l’ex arbitro dalla PM Boccassini, nemmeno questa fu in iniziativa di Facchetti. Infine, senza l’assenso del Socio di riferimento Massimo Moratti, non sarebbero potute esistere le telefonate atte a mettere pressione sugli arbitri.

È giusto ed è sacrosanto che un figlio lotti per far si che la memoria dal padre non sia offuscata da ombre, ma non è querelando Luciano Moggi che si dissipano queste ombre; Gianfelice avrebbe dovuto pretendere che Massimo Moratti e l’Inter, dopo la relazione Palazzi del 1° luglio 2011, rinunciassero alla prescrizione e si difendessero pubblicamente dicendo la verità sui fatti che riguardano l’Inter; l’unica strada utile a far chiarezza sulla posizione dell’Inter e di Giacinto Facchetti  è che Moratti e le altre persone coinvolte rendano pubblica la verità perché, fino a che la verità non emerge, le ombre del sospetto e delle illazioni  continueranno ad offuscare la memoria di Giacinto Facchetti. L’Inter e Moratti, dopo che fu resa pubblica la relazione del Procuratore Palazzi, si sono fatti scudo della memoria di Giacinto Facchetti; io come figlio non avrei mai accettato una situazione del genere, io come figlio avrei preteso ben altro da chi mio padre ha servito con amore e dedizione per tutta la vita.

La verità non offende, la verità può far emergere degli errori commessi per troppo amore,  errori commessi per cercare di ottenere il massimo per la Società per la quale c’è un legame che va oltre il lavoro, la verità aiuta a capire e capire aiuta ad eliminare ogni ombra. Gianfelice Facchetti, querelare Luciano Moggi non serve a nulla, non serve alla memoria di tuo padre, non serve alla Giustizia, non serve alla tua Famiglia, querelare Moggi serve solo a riportare a galla quello che, credo, tu e la tua Famiglia vorreste solo che venisse dimenticato.

Calciopoli sanguina ancora per le troppe verità che si cerca di occultare perché, se Luciano Moggi lotta per la Giustizia c’è chi fa di tutto perché Giustizia non sia fatta, qualcuno che vuole che la verità seguiti ad essere taciuta.

Massimo Sottosanti

CALCIOPOLI SANGUINA ANCORA

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mercoledì 5 novembre 2014

NEI MOMENTI DIFFICILI………





Mi piace pensare che ieri Gianni Agnelli vedendo, da lassù, la partita di UCL abbia avuto un motto d’orgoglio per la “Sua Juventus”. È per quello che è successo dal minuto sessantuno quando N'Dinga ha portato in vantaggio l’Olimpiakos che mi immagino la faccia sorridente di Gianni Agnelli che avrà ripensato a quanto detto molto tempo fa a proposito della Juventus: 

"Nei momenti difficili di una partita, c'è sempre nel mio subconscio qualcosa a cui mi appello, a quella capacità di non arrendersi mai. E questo è il motivo per cui la Juventus vince anche quando ne te l'aspetti" ( cit. Gianni Agnelli)

Non arrendersi MAI, ecco il segreto, ecco quello che c’è e deve sempre esserci nella mente e nelle gambe di chi veste la casacca Bianconera, è nel DNA, nella Storia e nella Tradizione di questi Colori la “capacità di non arrendersi mai”.  Questa forza la conosce solo chi ha vestito questa maglia e solo chi ha lavorato per la Juventus; aveva ragione da vendere Pavel quando ha espresso questo concetto rispondendo a chi tanto parla di Juventus senza sapere minimamente cosa significhi appartenere alla Juventus, senza sapere cosa si provi a vestire questa maglia.

La vittoria di ieri è stata la vittoria della Squadra, la vittoria dell’orgoglio, per me è la vittoria dei Ragazzi che, dopo la sberla loro rifilata da N'Dinga,  si sono "guardati in faccia" e si sono ricordati che LORO SONO la Juventus, si sono ricordati cosa significhi indossare questa maglia, cosa significhi giocare in quello Stadio. Una scintilla ha innescato l’orgoglio della Squadra che, di fronte ad un avversario ostico, in una partita difficile, ha saputo tirare fuori quella determinazione che dovrebbe animare in ogni momento la Squadra; dal minuto sessantuno si è percepito che sono stati resettati tutti i timori; gli schemi, 3—5-2, -4-3-1-2, 4-3-3, sono diventati dei numeri freddi ed insignificanti, la tattica che si è vista in campo è stata una e una sola, semplice, immediata ed efficace ,ossia tutti sono tornati a fare quello che sanno fare meglio in base alle loro caratteristiche tecniche e caratteriali. Dal minuto sessantuno in avanti abbiamo visto la Juventus giocare come è capace con Tevez e Llorente due punte di ruolo e Pogba al centro e non a dannarsi l'anima sulle fasce, Pirlo ha fatto tesoro degli spazi che aveva a disposizione, ha lasciato perdere il gioco per linee laterali e ha iniziato a verticalizzare con lanci precisi in profondità ritornando ad essere il Pirlo ispirato che conosciamo.  

La Juventus ha limiti che è inutile nascondersi, questa Juventus è ancora lontana da Bayern, Real, Chelsea, ma è anche abbastanza lontana da squadre come Borussia Dortmund, Barcelona o Manchester United che, secondo i parametri dell’eccellenza Europea, sono considerate in “crisi”; la Juventus però può e deve sopperire, fin dove è possibile, a questo “gap” con le armi e le caratteristiche che ha a sua disposizione; la fame, quella fame di vittoria che dà la forza di lanciare il cuore oltre l’ostacolo senza timore dell’avversario che c’è di fronte, sia superiore o meno, la fame che dà la forza per giocarsela, giocarsela fino alla fine indipendentemente dal risultato perché nessun risultato è sicuro, un goal di scarto non serve ad assicurare la vittoria, lo zero a zero deve essere cancellato dai risultati possibili sia in Italia che in Europa. Tutto questo non basta, non è sufficiente ad annullare i rapporti di forza, il Campo è il giudice supremo e imparziale perché è il verdetto del Campo che stabilisce i valori e si deve in ogni caso accettarlo; ma il Campo è galantuomo e mette in evidenza, oltre ai valori, l’impegno e l’orgoglio delle Squadre, impegno ed orgoglio che non dovrebbero mai venire meno anche di fronte ad una sconfitta.

Prima della partita di ieri, e sicuramente anche dopo, si spenderanno fiumi di parole su quale schema sia meglio adottare, se giocare con la difesa a tre o a quattro, se l’albero di Natale è uno schema più europeo che la difesa a tre, tutte belle parole, tutte teorie affascinanti che ci fanno sentire tutti dei Tecnici, degli esperti di Calcio: tutti, a parole, abbiamo il patentino da allenatore; lasciamo le analisi da show mediatico a Bacconi e alle sue masturbazioni intellettuali che alla fine della fiera non fanno che confondere perché questo tipo di’analisi decontestualizzate resta solo aria fritta. Il Calcio, come tutti gli sport e non solo, è fatto da uomini, uomini che hanno caratteri e caratteristiche tecniche distinte, nessuno schema, nessuna tattica può e deve essere avulsa e non tenere conto delle caratteristiche dei singoli, una Squadra è come un meccanismo che deve funzionare in maniera sincronizzata, ogni singolo componente della Squadra deve dare il suo apporto per quelle che sono le sua caratteristiche e le sua capacità, basta cambiare un “ingranaggio” di questo meccanismo e tutto l’insieme si inceppa. Un esempio che mi viene alla mente, riferito alla Juventus, è Llorente, criticato da molti, dalla maggioranza; ieri a furor di popolo gli è stato preferito Morata, un ottimo giocatore, come Nando, ma con caratteristiche differenti; però Llorente nel meccanismo Bianconero è un “ingranaggio” importantissimo, si sacrifica, crea spazi e apre corridoi che consentono ai compagni di entrare nelle aree avversarie, spazi che non crea Morata perché ha caratteristiche differenti. Gli schemi devono essere funzionali agli uomini e non viceversa.

Ieri la Juventus ha dimostrato che quando l’orgoglio prevale sulla tattica, quando la voglia di vincere prevale sui calcoli, è una Squadra temibile. Sono mesi che lo ripeto, la Juventus ha gli stessi pregi e difetti della scorsa stagione, non ha senso fare paragoni tra Allegri e Conte, non ha senso illudersi che la Juventus  possa aspirare a vincere la Champions League, i limiti che ci sono possono solo essere colmati con gli investimenti, investimenti mirati; non serve spendere cifre iperboliche, serve però giocare d’anticipo sugli avversari come è stato fatto con Pogba investendo su giovani di talento e su stranieri che facciano la differenza veramente, serve vendere per poter reinvestire e crescere. Serve una mentalità vincente in ogni settore e in ogni singola persona che lavora con o per la Juventus, solo così si costruisce” quella capacità di non arrendersi mai”
Massimo Sottosanti
FINO ALLA FINE

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venerdì 31 ottobre 2014

CANIS CANEM NON EST



Oggi era il giorno in cui il Tribunale di Roma doveva decidere se archiviare o procedere in merito alla denuncia presentata da Luciano Moggi, e altri imputati, nei confronti del PM Narducci, relativamente alla sparizione di quella che sarebbe dovuta essere la prova principe, la pietra angolare dell’accusa nel processo di Napoli, prova nella quale si sarebbe inteso dimostrare che i sorteggi arbitrali furono “taroccati”; questa “prova” era un filmato che doveva  fugare ogni dubbio sul “Sistema Moggiano” atto a manipolare la regolarità dei campionati, filmato sparito misteriosamente nei meandri della  Procura Napoletana. Scomparso il filmato, l’accusa, guidata da Narducci, ha esibito in Aula una sere di fotografie che, sicuramente per la scarsa dimestichezza con le regole e la prassi dei sorteggi arbitrali, erano state ordinate in una sequenza così palesemente errata da mettere in imbarazzo chicchessia, ma non Narducci e la Procura: vien da pensare che ci fosse una qualche certezza della sentenza, favorevole all’accusa ancor prima che il Processo arrivasse al termine.

Non è però mia intenzione parlare di un argomento che è materia di Avvocati, scrivo perché mi sono chiesto, ci siamo chiesti, come mai oggi la stampa italiana non abbia ritenuto degno d’interesse parlare di questo appuntamento giudiziario? Quella stampa dalla quale Narducci e l’ex Colonnello Auricchio hanno attinto a piene mani, collaborando addirittura con giornalisti “amici”, bene quella stampa oggi tace. Per la stampa e i media sembra quasi che questa udienza romana non sia esistita. Indipendentemente dal fatto che il pronunciamento dei  colleghi di Narducci del Tribunale di Roma gli sia favorevole o contrario, io da comune cittadino mi sono stupito di questo silenzio, un silenzio che la dice lunga su da che parte sta l’informazione ufficiale, un silenzio che non fa che corroborare quale sia il legame del PM Narducci con i mezzi d’informazione. Non credo che Narducci abbia chiesto, esplicitamente, questo silenzio, non arrivo a pensare tanto male, però credo che si possa essere d’accordo che trattasi di un silenzio ben strano, un silenzio che ancora una volta dà la misura della poca imparzialità di quei “giornali” e “giornalisti” che nel 2006 sparavano titoli a quattro colonne attraverso i quali anticipavano le sentenze sancendo la colpevolezza “dell’imputato” Luciano Moggi, ancor prima dei pronunciamenti dei tribunali, sportivi o della Repubblica che fossero.

Nelle ultime settimane, il Roseo quotidiano sportivo preferito dal PM Narducci e altri media italiani hanno ospitato una serie di personaggi “famosetti”, che vanno da un certo Pif a Marco Travaglio, da Boniek all'ex giudice Antonio Di Pietro per arrivare a Evelina Christillin, “famosetti” che sono stati ben contenti di ritornare, in alcuni casi, sotto le luci della ribalta attaccando quel Moggi che non è mai uscito dal cono di luce della ribalta.

È molto probabile che si arrivi all’archiviazione e Narducci lo sa bene perché, come dicevano i Latini, “Canis canem non est”, cane non mangia cane, vero, PM Narducci? Anche se il rischio che Narducci venga chiamato a rispondere della sparizione del filmato è minimo, ancorché sussistente,  è bene dunque essere preparati anche a questa deprecabile evenienza; e i media e Narducci tengono basso il profilo mediatico. Poco importa se milioni di italiani si aspettano di essere informati, poco importa se quando si tratta di un personaggio piuttosto che un altro non si esita a sbatterlo in prima pagina, la legge dei media non è uguale per tutti, vero PM Narducci?

Canis canem non est, PM Narducci, questa è la ragione per la quale Narducci otterrà quello che chiede. Però qualche cosa sta scricchiolando in quello che era il team della Procura di Napoli, se il suo ex Capo il Dr. Lepore  ha dichiarato, pochi giorni fa, che l’inchiesta era vicina a vedere coinvolta un’altra squadra, “una squadra di Milano che non è il Milan”, Lepore ha detto che a causa di una fuga di notizie l’indagine fu bloccata. Le dichiarazioni rilasciate da Lepore non gli fanno certo onore, dal momento che sappiamo benissimo che anche lui era tra la schiera degli avversari del Giudice Casoria, non gli fanno onore perché non spiega come mai un’inchiesta strombazzata ai quattro venti dai media per quanto riguardava la Juventus e Luciano Moggi sia andata avanti, mentre  quando ci si stava avvicinando alla seconda squadra di Milano tutto si fermò. Lepore dovrebbe  essere più preciso sulla “gola profonda” che era all’interno della sua  Procura; soprattutto lasciano perplessi le parole di Lepore quando lo stesso PM Narducci e Auricchio hanno ammesso di avere utilizzato nel corso delle indagini su Moggi dei “giornalisti” amici della Rosea: usare i “giornalisti” è corretto quando si tratta diMoggi e della Juventus mentre invece gli stessi sono dannosi quando si tratta della seconda squadra di Milano?

Mi viene il sospetto che dalla collaborazione tra “giornalisti amici” ed inquirenti di Farsopoli, i “giornalisti” abbiano imparato a selezionare le  notizie che si possono pubblicare e quelle da omettere, naturalmente le notizie poco  piacevoli per “l’amico” Narducci", come le intercettazioni che riguardavano la seconda squadra di Milano, vadano rigorosamente omesse, così che poi non si dice che Narducci sia mai entrato in un Tribunale in veste di querelato  .

A noi di quello che fanno o faranno i “giornalisti ufficiali” non importa molto, noi continueremo nella nostra battaglia per la Giustizia, continueremo, per quel poco che  i nostri mezzi limitati ci permettono, a scrivere sulle storture e sulle amnesie che circondano Farsopoli, saremo sempre e comunque al fianco di chi è impegnato a fare Giustizia, una Giustizia GIUSTA senza inquinamenti di sorta e senza interessi lobbistici.

Massimo Sottosanti

FINO ALLA FINE…… AL FIANCO DI LUCIANO MOGGI!

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giovedì 30 ottobre 2014

VECCHI MALI CHE RITORNANO A GALLA



La mia posizione è ben chiara, noi siamo la Juventus e non la Roma, l’Inter o il Napoli, quindi i processi, gli errori arbitrali, il complotto per favore lasciamoli agli altri, questa è la prima sconfitta in campionato e la terza della stagione; la stagione è ancora all'inizio e c'è tempo per correre ai ripari (spero). Lo dico subito così chiariamo la cosa una volta per tutte: NON mi interessa il passato. Nell'incipit credo di essere stato chiaro.

Secondo me a Vinovo ci sono  problemi che vanno dai contratti in scadenza al cambio del "manico": sia i calciatori che Allegri hanno le loro responsabilità  ma riversare tutte le colpe sulla Squadra e su Allegri obbiettivamente mi sembra ingiusto; la Dirigenza ha delle responsabilità e non può non farsene carico: la gestione di alcuni giocatori con contratti in scadenza, il richiamo all’ordine verso la  presunta “indisciplina” di altri, la necessità dare supporto al nuovo tecnico che oggettivamente deve gestire persone che possono nutrire sensazioni di confusione generate dal cambio di allenatore, soprattutto se il precedente aveva la stima incondizionata dal gruppo, sono compiti che competono anche ai Dirigenti e non possono essere demandati solo all’area tecnica. Che  Allegri non sia un "sergente di ferro" questo lo sappiamo tutti, ma dovrebbe saperlo in primo luogo la Dirigenza ed essere più presente al suo fianco per esigere maggior disciplina, Marotta che  scende negli spogliatoi di Atene non è la strada giusta, anzi è ancora più dannoso; queste azioni si fanno nel sancta sanctorum di Vinovo, stando in fianco all’allenatore e richiamando la Squadra a fare il loro dovere.

I giocatori sono oggettivamente confusi, lo sono perché il modulo è un ibrido, Allegri non è abituato a giocare con il 3-5-2 e si vede, Tevez trequartista perde incisività, Llorente che fa la boa serve enormemente ma gli diventa sempre più difficile segnare segnare, con Morata in campo si guadagna in velocità ma ci sono meno spazi per gli inserimenti in area rispetto a quando c’è in campo la “boa” Llorente; la difesa è quella del 2010 e Chiellini è dal Mondiale che inanella prestazioni insufficienti, in attacco abbiamo solo 4 attaccanti di ruolo e al centrocampo Pogba fatica a rendere come dovrebbe giocando in una posizione che non è la sua, Vidal è fuori forma  così come Pirlo; e si aggiunga poi che, quando gioca, Pirlo finisce per rallentare il gioco perché le modifiche apportate da Allegri allo schema degli anni precedenti non gli consentono di lanciare di prima sapendo che il compagno è in quella posizione, come avveniva prima; il bresciano in queste condizioni diventa un giocatore normale.

Ma questi problemi c'erano già lo scorso anno, che la Juventus non giochi bene non è una novità, per di più il gioco è ormai prevedibile come lo era la scorsa stagione, non ci sono alternative perché non ci sono gli uomini per metterle in pratica. Questa situazione è figlia, secondo me, di errori che ha fatto la Società perché in estate non fatto si è fatto nulla di concreto per rinforzare la squadra o per inserire elementi che potessero dare maggior freschezza ad una rosa stanca mentalmente.

I pali o le parate dei portieri c'entrano poco o nulla, se si analizza la parata di Perin su Morata si vede molto bene che non è che Perin sia un superman, il genoano ha semplicemente fatto quello che deve fare un portiere della sua bravura: ha guardato i piedi di Morata al momento di calciare e quindi ha potuto intuire la traiettoria del pallone;  quando poi si tira addosso al portiere, questi sembra un fenomeno, in realtà è l'attaccante che sbaglia e questo ormai  succede regolarmente nelle ultime partite, per mancanza di lucidità, stanchezza o frustrazione di trovare un goal che non arriva.

Ci sono poche scuse da accampare, secondo me, c'è solo da lavorare molto a Vinovo per mettere in atto quelle azioni necessarie a ritornare a prestazioni come quelle viste fino alla partita con la Roma. Una considerazione che faccio: da dopo Juventus-Roma del 5 ottobre  pare che la Squadra, dopo quella vittoria, si senta appagata, quasi che nelle loro menti pensino che “se abbiamo battuto la Roma possiamo vincerle tutte” e questo atteggiamento, che non è e non può essere da Juventus, esaspera ed amplifica i difetti e i limiti oggettivi dei singoli e di conseguenza dell’intera Squadra.
Come dicevo sopra, anche la  Dirigenza faccia la sua parte: i limiti e quelle che erano le priorità per rafforzare la Squadra si conoscevano fin dalla scorsa stagione; la Juventus, tramite Marotta e il suo staff, hanno fatto un campagna acquisti encomiabile dal punto di vista finanziario, ma deficitaria dal punto di vista sportivo, la Squadra non è stata rinforzata, è rimasta l’ottima squadra che da tre anni lotta per lo Scudetto, con più anni, più tossine e più stress. È normale, è umano che dopo tre stagioni consecutive in cui si centra l’obiettivo fissato dalla Società subentri una sorta di appagamento, che ci si senta sazi, “con la pancia piena”, per questo l’assioma che “squadra che vince non si cambia” è una falsità assoluta.

Siamo ancora ad inizio stagione, nulla è compromesso e nulla è perduto, però non c’è neppure molto tempo per rimediare alla magagne che stanno affiorando; tutto questo, secondo me, era più che prevedibile già da Agosto, sarebbe sbagliato vedere la situazione attuale come un “fulmine a ciel sereno”, una casualità o un concausa di fattori negativi legati alla sfortuna; no, non è così, dalle pagine di questo Blog lo abbiamo ripetuto mille volte, non è prima che inizi la stagione che si possono dare dei giudizi, solo il campo è giudice imparziale, poco c'entra il cambio di allenatore perché certi limiti e certe ombre si vedevano chiaramente anche durante la gestione Conte.

La Juventus è altra cosa, non è nel nostro DNA accampare scuse, è parte della nostra Storia e della nostra Tradizione quella di analizzare i problemi e risolverli con il lavoro, il lavoro, il lavoro e la disciplina.

Massimo Sottosanti

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